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Venerdì, 25 Novembre 2011 17:09

Il miracolo dell’incontro

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Editoriale-1La forma del desiderio è per sua natura connessa all’inconoscenza. Sappiamo di volere ma non sappiamo cosa. Persino quando pensiamo di sì. Restiamo in fondo molto simili a quei bambini che aspettano un giocattolo con un’intensità definitiva e, un attimo dopo averlo ricevuto, lo abbandonano come morto sul pavimento. L’oggetto si è fatto piccolissimo. Il desiderio però è rimasto vivo e gigantesco. Pronto per il prossimo obiettivo. Il tempo poi ci insegna che il metabolismo  desiderio procede del tutto ai margini della pretesa di programmazione con cui mettiamo in fila gli splendenti oggetti delle nostre voglie. La vita dei nostri legami ha perfetta esperienza della natura di rivelazione da cui il desiderio trova le sue risposte. Le più intense storie affettive si sono presentate precisamente così. Dopo vent’anni d’amore due persone, guardando all’indietro la propria vicenda, la scoprono improvvisamente come la fortuita conclusione di una catena di circostanze senza la cui fatalità non si sarebbe prodotto nessun incontro: sarebbe bastato un ritardo di qualche minuto , girare un angolo piuttosto che un altro, volgere lo sguardo in un’altra direzione, e quella storia non avrebbe avuto la sua scintilla. L’incontro ha sempre la forma del miracolo. Non si, di cui può sapere quando l’altro passerà nello spazio della nostra vita. Lo si viene a sapere solo quando succede. Ma è in quel preciso istante che bisogna avere occhi per vedere. Non si deve perdere l’occasione. Se se ne è capaci, si genera una storia, un darsi del tempo, che è il vero oggetto del desiderio. La rivelazione del divino di cui la storia anticotestamentaria e la testimonianza evangelica continuano a custodire il fulgore inatteso, ha infiltrato la sua logica nel meccanismo già molto umano di questa vigilanza richiesta dal desiderio umano. Nemmeno di quell’Altro che è il Dio di Gesù si possono programmare le apparizioni e prevedere i segni. Quando la storia li ospiterà, saranno lì da vedere. Certo bisognerà avere lo sguardo ben addestrato al rovesciamento. Soprattutto in quel tempo in cui la storia terrena  del Signore Gesù avrà lasciato il campo all’attesa paziente del suo ritorno nel compimento di tutte le cose. Bisognerà stare attenti, nel tempo dell’assenza, a non equivocare. Segni della sua presenza saranno diffusi ovunque. Ma bisognerà avere occhio per vederli. Saranno sempre quelli di un tempo. Dove la giustizia fiorisce, dove l’integrità dell’uomo è preservata, dove la fraternità è difesa con le unghie e con i denti, dove la libertà è ripristinata per tutti , proprio lì in quel momento, sarà la mano del Signore ad agire. Inequivocabilmente. “saldamente” come dice Paolo. Farsi l’occhio su come il Signore Gesù ci ha insegnato a intravedere segni della sua presenza ci consente il discernimento del nostro presente a cui non far mancare “più alcun carisma”. Ma terrà vivo anche il nostro desiderio per tutto quello che deve ancora compiersi. Qualcosa che nessuno di noi può costruire nemmeno con l’immaginazione. Ma che, quando apparirà, sarà chiaro come il sole. (Giuliano Zanchi).
Letto 9908 volte Ultima modifica il Lunedì, 28 Novembre 2011 09:55
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