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Con Cristo
misurate le cose
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Il Concentus leonardino sabato 5 ottobre ha dato il via alle celebrazioni liturgiche di San Giovanni Leonardi. La forma oratoriale ha previsto la lettura di alcuni brani scelti tra i sermoni del santo e mottetti a voce sola di C.Monteverdi, A.Banchieri, F.Sances, G.Frescobaldi, A. Stradella. Un percorso nel seicento romano Le musiche sono state eseguite dall’Ensemble La Cantoria e dalla Cappella Musicale di Campitelli e dirette dal Maestro Vincenzo Di Betta, mentra ha dato voce al Leonardi il Dott. Nicolas Paccialoni. Il santo lucchese fu attento a favorire un dialogo profondo tra culto e musica. Intuì che i grandi temi della fede dovevano essere trasmessi attraverso quel “recitar cantando” che ebbe nell’oratorio la sua fioritura, un autentico dialogo tra arte e fede. Nella prima Biografia a noi trasmessa, scritta da Giuseppe Bonafede, si riportano stralci di alcune lettere inviate al santo lucchese dal Vescovo Giovan Battista Castelli di Rimini, visitatore apostolico, già segretario di San Carlo Borromeo; così il Castelli: “Scrivetemi tal’hora per quella via che vorrete, e fra tanto vi prego a mandarmi alcune laudi con il suo tono et particolarmente una nella quale vi sono certe parole, che dicono. Guidami tu etc.” (Bonafede, Ms. 170v) Siamo nel 1578 ed il Leonardi è prete da sei anni. Si tratta di quelle “laudi” che la prima comunità dei chierici leonardini cantava perché la fede fosse annunziata soprattutto ai più piccoli, come tra l’altro testimonia un altro stralcio: “Ho havuto la lettera che mi scrisse a Roma, poiché son tornato, e l’altra con la dottrina Christiana in versi, et ebbi le laudi, e la ringratio di buon cuore”; ed ancora: “Godo sommamente del frutto che fa la Dottrina Christiana” (Bonafede, Ms. 171r). Che questi versi fossero recitati e cantati dai ragazzi nell’oratorio lucchese si fa riferimento ancora in un’altra richiesta del Vescovo Castelli: “Se non vi fosse grave, vorria l’aria del canto delle sue laudi, non quelle in musica, ma quelle che cantano i ragazzi. Godo anche sommamente, che hyems transierit; così fanno tutte l’opere di Dio: e poiché si vede che Dio si serve di quell’oratorio per mandare genti alle religioni, potete star in viva speranza che per mano vostra s’abbi a fare gran bene” (Bonafede, Ms. 171v). Hyems transierit il titolo di un inno? o l’invito a sperare in Dio perché l’inverno Hyems delle prove del Leonardi sta per passare ed il canto ritorna come fa riferimento il Cantico dei Cantici: “L’inverno è passato, il tempo delle piogge è finito, se n’è andato; i fiori appaiono sulla terra, il tempo del cantare è giunto, e la voce della tortora si fa udire nelle nostre contrade” Ct 2,11-12. Purtroppo nella nostra contemporaneità complessa e globalizzata, assistiamo al divorzio tra culto e musica, tra fede e musica sancito, per certi versi, dalla secolarizzazione e dall’allontanamento radicale della società da ogni visione religiosa. L’impegno è, dunque, necessario e grave proprio per impedire quello che già nel VI secolo minacciava un originale scrittore cristiano come Cassiodoro che nelle sue Institutiones ammoniva: «Se continueremo a commettere ingiustizia, Dio ci lascerà senza la musica».
6 ottobre 2013