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Con Cristo
misurate le cose
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L’edizione di Osservatore Romano di Domenica 1 maggio ha presentato in un articolo di Davide Carbonaro, gli Atti che raccolgono i contributi dei centenari della morte di San Giovanni Leonardi (1609) e della nascita di Ludovico Marracci (1612). Di seguido proponiamo l’articolo titolato:“Secoli specchio del presente”. Nel secolo XVI e nel XVII: “Si delinearono le premesse della futura cultura contemporanea, caratterizzata da una indebita scissione tra fede e ragione, che ha prodotto tra i suoi effetti negativi la marginalizzazione di Dio, con l'illusione di una possibile e totale autonomia dell'uomo il quale sceglie di vivere come se Dio non ci fosse”. Con queste parole Papa Benedetto XVI contestualizzava in una catechesi del 2009 la figura, l’opera e l’intuizione profetica di San Giovanni Leonardi (1541-1609), di cui in questi giorni escono per i tipi della Libreria Editrice Vaticana gli atti del Convegno internazionale che nel 2009 commemorava il IV centenario della sua nascita al cielo: San Giovanni Leonardi amico dei Santi. Personaggi, movimenti e modelli nell’esperienza spirituale e pastorale del Santo lucchese. In effetti, la vita del Leonardi fu segnata fin dall'inizio da una intima relazione con Cristo, ne riconobbe la signoria, non distolse lo sguardo dal suo volto, lo propose come una sorgente di verità a quanti vollero seguirlo nell'avventura dell'istituzione che lo Spirito fece sorgere dalla sua intelligenza e dal suo cuore. Amò e difese la Chiesa in un tempo di profonde lacerazione e contraddizioni, ebbe modo di subire numerose tribolazioni soprattutto da coloro che erano a lui più vicini. Servì i più piccoli investendo tempi ed energie per educare alla fede, rimodellò secondo le esigenze del Vangelo la vita consacrata chiedendo a tutti di fare gli interessi di Cristo. Gli Atti con i contributi di Benedetto XVI; Davide Carbonaro; Gian Luca D’Errico; Francesco Danieli; Adolfo Gacia Duran; Vittorio Pascucci e Gianfranco Ravasi, propongono una rilettura sincronica e diacronica di quelle “istanze di riforma ecclesiale” che accompagnarono il Fondatore dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio durante il servizio di Visitatore apostolico. E questo senza nulla togliere al bagaglio di esemplarità che traspariva dalla sua vita e dalle sue parole. Fu il connotato dell’amicizia spirituale con San Filippo Neri, San Giuseppe Calasanzio e tanti altri protagonisti della riforma della Chiesa che lo spinse a proporre, lui che in giovane età aveva esercitato l’arte dello speziale, la vigorosa medicina del Vangelo che instillò nei due memoriali rivolti a Papa Paolo V. Il primo per la Riforma universale della Chiesa e l’altro per l’istituzione del Collegio di Propaganda Fide, le cui prime fondamenta vennero gettate con due amici, Juan Baptista Vives e Martin de Funes. Di questa opera il Leonardi non ne vide la realizzazione, ma con lungimiranza la affidò al Papa: “Il Capo che ha da governare questa Congregazione et che sarà incominciata da lui”. Ed è proprio nel solco di questa intuizione che nella metà del XVII secolo una dei figli del Leonardi per incarico di Papa Innocenzo XI e del Propaganda Fide, compirà l’ardua opera di mediazione culturale che fu la traduzione del Corano in latino (Alcorani textus universus) e della Bibbia vulgata in arabo (Biblia Sacra Arabica). Si tratta del lucchese P. Ludovico Marracci (1612-1700) di cui l’Ordine della Madre di Dio ha voluto in occasione del IV centenario dalla nascita riscattare la figura e l’opera, con due convegni celebrati a Roma e a Lucca nel 2012 e 2013. Le riflessioni sono confluite negli atti: Il Corano e il pontefice. Ludovico Marracci fra cultura islamica e Curia papale, a cura di Gian Luca D’Errico, Carocci editore, Roma 2015. I contributi affidati a Ignazio Del punta; Luca Santini; Gian Luca D’Errico; Francesco Bustaffa; Luca Andreoni; Giovanni Pizzorusso; Roberto Tottoli; Giovanni Rizzi; Paolo Branca; mettono in evidenza le implicanze, scientifiche, ermeneutiche e culturali che sottostanno al metodo di P. Marracci, senza escludere le prospettive odierne per quanto riguarda il dialogo e l’incontro tra cultura cristiana ed islamica. Le competenze di Marracci in campo linguistico sono attestate dall’assegnazione della cattedra di lingua araba alla Sapienza di Roma, affidatagli dal Pontefice Alessandro VII nel 1656 e che tenne per quarant’anni. Il testo degli atti oltre una presentazione prosopografica e del contesto storico in cui visse Marracci analizza il ruolo che egli ebbe presso la Congregazione romana del Sant’Uffizio e in quella dell’Indice. I diversi consulti rilasciati alle congregazioni ed in particolare ai pontefici, evidenziano la rottura di cui si fece interprete nei confronti dell’intransigenza del partito curiale dominante. La sua levatura e confidenza con il Papa Innocenzo XI , di cui fu confessore, incisero in quella che è passata alla storia come “svolta innocenziana”. Gli atti infine, approfondiscono le componenti culturali e le competenze scientifiche del Marracci orientalista e traduttore; l’uso delle fonti con le quali lavorò, facendo confluire criteri ermeneutici; teologici e missionari. Tutto ciò, ci permette di affermare con M. A. Ayuso Guixot, che: “Con il Marracci l’orientalismo scientifico fa i suoi primi passi”.