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Mercoledì, 20 Marzo 2019 08:52

25 Anni in India

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25° della Missione indiana
Se cerchiamo una ragione per cui è stata aperta la missione OMD in India ne troviamo diverse: sono le amicizie, le conoscenze, il desiderio di sfidare se stessi, la curiosità di conoscere cose nuove…ma la vera ragione è l’ispirazione profonda che noi portiamo dentro da più di quattro secoli. E’ il grido, il sogno del nostro Fondatore, Giovanni Leonardi, di varcare i mari verso le Indie: Mari, Indie, parole e immagini che erano familiari al nostro Santo per la sua quotidiana frequentazione con i missionari gesuiti di ritorno dal Sud America dove avevano fatto le le prime tristi esperienze di una evangelizzazione asservita alla politica e spesso alla forza militare degli stati coloniali.

Al momento giusto circa 30 anni fa, la conoscenza di mons. Volante, la sua amicizia con Mons. Remigius, la sua amicizia con i nostri Padri in Cile, la curiosità di P. Bruno, sono state le scintille che hanno fatto accendere questa fiamma che ormai arde da 25 anni e ha già suscitato tante speranze di luce e di calore in tante parti del mondo. Nello scorso gennaio, 8 giovani vite si sono consacrate al servizio del Vangelo e alla santificazione delle anime col sacerdozio, in questa famiglia religiosa, cresciuti nella prima comunità della terra indiana. Non poteva esserci migliore inizio alle celebrazioni giubilari!

Facciamo memoria, intanto, e consegnamola al futuro.

Dopo le traversie della unità di Italia, con il rischio della dispersione, l’Ordine finalmente si ritrova unito, piccolo ma compatto. Siamo verso la fine del 1800. Così nel secolo scorso matura una vitalità notevole sia nel numero dei confratelli, sia nelle opere. Il nuvo seminario di Fosciandora ne è il segno, la canonizzazione del Fondatore, nel 1938, ancora di più evidenzia la consistenza e la solidità della famiglia religiosa. Infatti pochi anni dopo si realizza la prima vera missione in America Latina. E’ l’anno 1946. Da allora l’Ordine vivrà la modernità con il Concilio Vaticano II e con il rinnovamento che lo stesso Concilio chiede negli anni successivi. Sono anni di turbolenza ma anche di apertura, quando il mondo si fa più piccolo, i popoli si avvicinano. Ed ecco le nuove Costituzioni, 1988, e contemporaneamente i primi fratelli indiani che passando per Roma raggiungono il Cile per la prima formazione.

Da qui, dopo sei anni, si giunge al 1994, quando Mons. Peter Remigius crea la parrocchia intitolata a Maria Madre di Dio e la affida all’Ordine e nomina il primo parroco. La casa parrocchiale è stata ingrandita, con una sopraelevazione per permettere l’alloggio della comunità.

Il giorno della inaugurazione, il 19 marzo 1994,
la casa non era ancora abitabile, la cucina era piccola, non c’era sala da pranzo. Andavamo alla KMSS, tre volte al giorno per i pasti e poi tornavamo qui, di sera con le pile per evitare che le macchine ci investissero…

Cosa ci attraeva verso l’India, verso questo luogo fino ad allora sconosciuto? Da una parte, quella nostra, c’era qualcosa di speciale in quegli anni, un fuoco si era acceso nella nostra mente e nel nostro cuore. Era la consapevolezza di dare corpo, visibilità al sogno del nostro Fondatore, le Indie, gli spazi grandi, la fame di vangelo da soddisfare, i bambini che ci circondano e non ci lasciano pace…Il desiderio di aprirsi alla sfida della evangelizzazione che la chiesa del post concilio sta sviluppando con il dialogo con tutte le religioni e con tutte le nazioni. L’Oriente si è aperto ad accogliere non più singoli pionieri, uomini straordinari, campioni isolati…si è aperto alla comunione totale, a iniziare da quella culturale, commerciale e quindi religiosa. L’annuncio che il nostro Fondatore ha avviato nelle chiese di Lucca e che poi, tramite il progetto di Propaganda Fide, ha esteso a tutte le nazioni, ora è nelle nostre mani a favore di questa provincia interna dell’India. Ora attraverso la predicazione, attraverso un servizio di promozione umana incessante che prende forma non solo in chiesa ma nei vari plessi scolastici, viene proposta una visione dell’uomo nuovo che supera le barriere delle divisioni nazionali e religiose e guarda a quel domani che è la promessa di Cristo di rinnovare in lui tutta la creazione. Tutti i nostri benefattori, i laici delle nostre comunità, la nostra NGO, EsseGiElle, danno il meglio di sé in un’opera che durerà circa 10 anni e che consegnerà alla comunità diocesana un Campus, la Saint Mary School di Pallividai, totalmente rinnovato. L’attenzione è andata alla classe più debole, alle donne, e proprio per le ragazze venne costruito il grande edificio destinato alla Girl’s high school. Se mi è consentito un ricordo, il giorno della inaugurazione, era presente il responsabile della Pubblica istruzione di Trichy, una signora. Ebbene, quando furono rappresentati i miti indù dalla compagnia teatrale cristiana, invitata per la circostanza, la signora mi disse: “Ora ho visto tutto quello che di bello c’è nel mondo. I cristiani che rappresentano la mitologia indù in una scuola della diocesi…”A questo si deve aggiungere l’impegno rinnovato e ripetuto per un servizio sanitario a disposizione dei più poveri. Ma questa non ebbe fortuna, appena la St. Mary Clinic fu costruita e inaugurata, cominciarono i progetti dell’autostrada che perteranno alla sua distruzione. Voglio ripetere che quello che si realizzava qui, aveva una pronta risonanza nelle nostre comunità d’Italia, specialmente. Non erano solo le foto dei bambini che venivano richieste, era anche grande l’interesse suscitato per l’adozione a distanza che noi strutturammo come adozione scolastica, sempre nella convinzione che la cultura sia il veicolo più certo per giungere alla comprensione degli esseri umani. Quando venivo a Pallividai mi pareva di entrare a casa e l’affetto dei bambini e dei ragazzi e la stima degli insegnanti mi ricompensavano della fatica e del caldo…

Dall’altra parte, quella del Vescovo Remigius,
c’era il disegno di creare un polo solido anche dal punto di vista culturale che fosse il segno della presenza e dei valori dei cristiani nella zona a forte valenza indù. La presenza di una comunità religiosa permette l’esperienza di quella novità di vita che viene da Cristo. Uomini di diversa estrazione sociale, cultura, età che in Gesù Cristo si scoprono fratelli e instaurano relazioni di amore vicendevole e di dialogo interreligioso nell’ambiente. È questo il segno grande della Comunità religiosa, uomini che professano e vivono la castità, la povertà e l’obbedienza come Gesù. E’ anche il sogno di Giovanni Leonardi, santificarsi con Gesù per condividre questa santità con tutti coloro che la cercano, magari senza saperlo. Fare in modo che Gesù diventi la misura di tutte le cose. Il sogno di Giovanni Leonardi continua nell’opera dei suoi figli impegnati oggi come ieri a intercettare i bisogni e le infermità degli uomini per portarvi Cristo, medico delle anime e dei corpi.

Qui è giusto fare memoria di P. Amaladas, lui sì un pioniere, uno studioso, un professore che ha dedicato gli ultimi suoi anni al dialogo intereligioso e che ha consegnato alla diocesi, con i suoi libri, tutti i suoi sforzi perché non finissero con lui. P. Amaladas e P. Bruno che dialogano, P. Bruno che si impenga a imparare il tamil, che celebra in tamil, è il segno della serietà della nostra dedizione. Così accanto alla parrocchia sorge la prima nostra vera casa di formazione. Ma si rivela piccola e quindi dopo l’acquisto del terreno inizia la costruzione del grande seminario, Arulagam. Ne seguirà un secondo a Madurai, per i filosofi. Qui però a Samaypuram, il progetto non si esaurisce, al contrario si espande con la venuta delle Suore Carmelitane…e nelle vicinanze le Suore della Carità di santa Maria, che con la loro presenza assicurano un servizio prezioso specialmente per le ragazze.

Queste sono le opere visibili, intanto il progetto sorpassa i confini ed entra nell’immaginario. Giovani indiani vengono a studiare nelle università ecclesiastiche romane, vengono tradotti libri in inglese e in tamil. Viene avviata la grande opera della St. Leonardi matriculation School, opportunità per centinaia di ragazzi di formarsi e crescere secondo valori cristiani e diventare lievito che fermenta la pasta. Un modo di consegnare alla Delegazione il futuro della propria attività, il sostentamento e lo sviluppo dell’apostolato.

In questi 25 anni si sono succeduti tanti avvenimenti,
troppi per ricordarli tutti. Mi limito a dare grazie al Signore per l’opera di P. Bruno Dessì che con spirito di pioniere e di uomo povero e libero, si avventurò affidando solo al Signore la sua vita. Poi P. Innocenzo Santangelo, P. Tommaso Petrongelli, il P. Francesco Petrillo, ex Generale. Quindi i confratelli indiani che hanno servito, come P. Maschio, e continuano a servire come P. Lourdu, oggi P. Manohar. Mi piace ricordare anche i confratelli che danno onore alla Delegazione con i loro studi e titoli culturali. Così P. James Rosario, P. Sekar, P. Ceril, P.Francis, P. Seelan, P. Esron….E quelli che servono nella chiesa di Dio con mansioni di parroco..., Poi è necessario fare riferimento ai Capitoli Generali e alla progressiva presenza in essi dei confratelli indiani, segno della crescita e della qualità del loro serrvizio. E’ cresciuto il numero delle parrocchie affidate alle nostre cure pastorali. Siamo in un momento straordinario di grazia e di espansione.

La domanda che oggi circola nelle nostre menti è la più semplice di tutte. Il grido del Fondatore, l’ispirazione che ha portato i primi missionari qui a Samayapuram 25 anni fa, è ancora vibrante? Nelle vene, corre la spinta per andare là dove urge il bisogno?

E’ il momento giusto per farsi le domande, queste sollecitano la ricerca e stimolano la vista per individuare quello che gli occhi a volte non vedono. Intanto qualcosa cui guardare c’è: si tratta della missione in Indonesia, alla quale la Delegazione indiana dedica fin dall’inizio i suoi sforzi. Ma non basta.

Oggi stiamo vivendo un momento speciale, un momento di attesa, di riflessione, per prendere lo slancio, come quando si prepara una festa, o si fanno le scorte, si fa il conto mentalmente di tutto quello che serve: la grande forza sono i giovani pieni di entusiasmo che stanno per partire, essi aspettano il momento proprizio, il via: ecco i loro nomi: Abishek Rosario, Allwin, Jayaprakash, r2t6qeph Shaju, Lucas, Maria Antony Sagayaraj, Martin Innalyah, Stanley Jefferson. A questi mi piace aggiungere Alexis, confratello cileno ordinato l’11 dicembre 20189 e Emmanuel Ihelme e Cristogonus Manu nigeriani ordinati il 9 febbraio 2019.

Quando ho saputo che otto fratelli sarebbero diventai sacerdoti tutti insieme, mi sono commosso profondamente. Credo mai nella nostra storia sia accaduto un fatto simile. Ovviamente ricordo la mia ordinazione, eravamo cinque, per 50 anni è stato il record. Oggi è superato. Quando fummo ordinati noi, due furono inviati alle parrocchie, uno in missione, due in un piccolo seminario che apriva allora i battenti. Mi chiedo: dove manderemo questi otto fratelli, giovani, entusiasti, che non aspettano altro che andare a fare l’annuncio?

Questa riflessione ci introduce al domani, quando passato l’anno del giubileo, diremo: e ora che fare? Come profittare di questo tempo che abbiamo passato? La domanda significa individuare dove è diretta la nostra missionarietà. E’ questa la domanda che ci fa anche il Capitolo Generale, invitandoci a preparare un Instrumentum laboris sulla missionarietà per la prossima assise capitolare.

Per ora, in particolare per il prossimo anno, su di noi si stenderà l’ala protettrice di Maria Madre di Dio, venerata nel mistero della sua Assunzione in Cielo. Questo mistero ci è molto caro perché è stato caro al Nostro Fondatore. Egli è nato in un paesino dove l’Assunta è una festa spettacolare. Certamente ha illuminato la sua fantasia da bambino come fanno i fuochi artificiali. Per lui però non fu soltanto un fuoco di poco splendore o di breve durata. Ma una luce per la vita. Da Maria Assunta, il passaggio a Gesù asceso al cielo, il passo è breve. E’ anche breve il nesso tra Maria Assunta e il cristiano che vive nella sua umiltà e fedeltà la parola del Vangelo e attende l’incontro misterioso con il Dio della vita in anima e corpo. Come Maria. Questa vogliamo celebrare e questa vogliamo vivere. Sono passaati 70 anni da quando il mistero di Maria Assunta in cielo in anima e corpo è stato proclamato dogma di fede. Intuizione già presente nella storia della chiesa e nella fede del popolo di Dio come testimoniato dal nostro Santo Fondatore. Così le due ricorrenze, il 25° della Delegazione e il 70° anno della proclamazione del dogma dell’Assunta, si incrociano e si fondono. Diventano non solo un unico programma, ma una unica ispirazione. E’ la Vergine Assunta in cielo a segnare la strada per il nostro futuro. E’ lei quella che per prima percorre questo cammino. Dalla terra al cielo. La segue il nostro Santo Fondatore. La seguiremo anche noi, cercando e trovando non tanto il percorso più facile, ma quello più eloquente, quello più attraente. Cercheremo il cammino per il cielo nella terra dei poveri, dei diseredati, degli ultimi. Così saremo sicuri di stare sulla strada giusta, quella aperta dalla incarnazione di Gesù e seguita con generosità dal nostro Santo Fondatore. Per fare tutto questo torniamo alle radici, alla ispirazione profonda che guidò il Fondatore e i suoi primi compagni, la Parola di Dio, l’Eucaristia, la preghiera comune, la devozione alla Vergine Maria. Questo è la pista su cui camminare. In fraternità e nello spirito della Riforma permanente.

Samayapuram, 19 marzo 2019 nel 25° anniversario della missione indiana
                                                      

                                                                                                                   P. Vincenzo Molinaro

                                                                                                                   

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