Dentro la luce del giorno cerchiamo tutti un'altra luce, come il cieco dalla nascita che scopre progressivamente la verità di Gesù: è un profeta, è il figlio dell'Uomo, è il Signore. Come lui, abbiamo bisogno di fede visibile e vigorosa, di fede che sia pane, che sia visione nuova delle cose. Gesù, dopo un gesto iniziale carico di simboli e di tenerezza, scompare, lasciando la scena alla dialettica degli altri, tutti a difendersi, ad attaccare, a parlare senza sosta e senza gioia. E nessuno che provi pena per gli occhi vuoti del cieco; nessuno che si entusiasmi per i nuovi occhi illuminati. Gesù non ci sta, non ha nulla da spartire con un mondo fatto di parole e di teorie. Egli è la «compassione», non la spiegazione. Esattamente ciò che cerca la muta speranza del cieco: mani che lo tocchino, e qualcuno che sugli occhi spenti metta qualcosa di proprio, come quella piccola liturgia di mani, di fango, di saliva, di cura, che Gesù celebra. Cerca partecipazione, non spiegazione. Invece i farisei hanno edificato un mondo di parole e di sofismi, che non sa più ascoltare la vita. Come loro anch'io talvolta chiudo l'uomo vivente e dolente dentro la griglia della teoria religiosa o della norma etica. È un mondo cieco, dove coloro che si dicono sapienti non sanno più parlare alla speranza. Burocrati delle regole e analfabeti del cuore. Infatti nelle parole dei farisei il termine più ricorrente è peccato: «noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore»; «sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». Prima ancora i discepoli avevano chiesto: «chi ha peccato? Lui o i suoi genitori?». La loro è una religione immiserita a questioni di peccato. E il peccato è innalzato a teoria che spiega il mondo e interpreta la realtà. E perfino l'agire di Dio. Ma il peccato non è rivelatore, rende ciechi, davanti all'uomo e davanti a Dio. E Gesù capovolge immediatamente questa mentalità: l'uomo non coincide con il suo peccato, ma il bene possibile. E non parlerà di peccato se non per dire che è perdonato; e per assicurare che Dio non spreca la sua eternità in castighi, che non può essere appiattito sul nostro moralismo. Egli è compassione, futuro, approccio ardente, mano viva che tocca il cuore e lo apre, porta luce e fa nascere. Egli vive per me e dalle sue mani la vita fluisce per me, come fiume e come sole, gioiosa, inarrestabile, eterna.