Si è aperta il 21 novembre, al Salesianum di Via della Pisana, a Roma, la 80ª assemblea semestrale dell’Unione dei superiori generali alla quale partecipe il nostro P. Francesco Petrillo.
All’ordine del giorno: 1) un confronto sul recente Sinodo episcopale sulla nuova evangelizzazione, 2) una riflessione sulla crisi economica e le sue implicanze sulla vita consacrata, 3) il rinnovo al completo del direttivo USG: presidente, vicepresidente, consiglio esecutivo, consiglio dei 16 e quello dei 18.
Nel suo saluto iniziale, il presidente USG, don Pascual Chávez, ha ricordato come la vita consacrata si è sempre distinta per il suo impegno a favore della prima evangelizzazione. Nella "missio ad gentes» il suo apporto è stato ed è tuttora determinante. Oggi è chiamata a spendersi anche per la nuova evangelizzazione, riproponendo il vangelo a quanti, dopo essere stati evangelizzati, vivono la lontananza e l'indifferenza della fede. Il contributo fondamentale dei consacrati è quello di una testimonianza gioiosa, appassionata e profetica della vita trasformata dal vangelo. Il loro compito non può non essere che quello «di assumere fino in fondo lo spirito e le grandi scelte di questo Sinodo» con tutta la ricchezza dei propri carismi per il bene della Chiesa e di tutta la società.
Subito dopo ha preso la parola Frédéric Mounier, inviato permanente de La Croix a Roma, offrendo una lettura “giornalistica, soggettiva, francese”. Con realismo, umiltà e lucidità i padri sinodali, ha detto, hanno affrontato i problemi della Chiesa e della società di oggi non come “flagelli ostili”, ma come “sfide da affrontare”. Nelle prime due settimane di lavori il Sinodo è andato prendendo quota, più di quanto, forse, non fosse previsto in partenza.
Con una certa evidenza sono emerse due posizioni alquanto diverse l’una dall’altra. Alcuni sembravano accontentarsi di una “rifondazione”, di una specie di “riconquista” delle posizioni perdute. Altri sembravano spingere invece nella direzione di «richieste sacramentali e pastorali sempre più inedite» riguardanti divorziati risposati, copie di omosessuali che vorrebbero iscrivere il loro figlio al catechismo, partecipando agli incontri parrocchiali sulla vita di coppia. E’ apparsa lampante, inoltre, l’assenza al Sinodo della metà del mondo, cioè le donne, appena appena colmata «da alcune voci femminili, religiose e laiche». Paradossalmente la Chiesa mentre da una parte sembra l’ultima istituzione del mondo contraria alla parità tra uomini e donne, dall’altra «è una delle rare istituzioni che rivendicano l’importanza della differenza sessuale». Certamente il messaggio finale contiene uno slancio e un soffio significativo che vanno meditati, diffusi e capaci di dare buoni frutti. «E’ stato un Sinodo polifonico e polisemico. Ho sentito battervi il cuore della Chiesa. Vorrei sperare, ha concluso Mounier, che questo Sinodo sappia anche risvegliare il nostro desiderio di Chiesa».
A nome dei superiori generali che avevano partecipato ai lavori sinodali, ha quindi preso la parola don Mario Aldegani, superiore generale dei Giuseppini del Murialdo. E’ stata un’esperienza “arricchente, di vera cattolicità”, nonostante una certa rigidità della struttura sinodale celebrativa. Nelle fasi preparatorie del Sinodo non erano mancati segnali preoccupanti. Sembrava che si stesse lanciando una specie di “chiamata alle armi” di tutte le forze della Chiesa per verificarne la loro efficienza, privilegiando l’attenzione ai movimenti e alle nuove aggregazioni ecclesiali quasi in alternativa alla spinta che da sempre la vita consacrata aveva dato e continua a dare anche nel campo della evangelizzazione. Di fatto, poi, «le cose non sono andate così e lo Spirito Santo ha compiuto la sua parte».
Nei lavori del Sinodo, ha detto don Aldegani, è possibile incrociare i percorsi di riflessione e i cammini di rinnovamento che da lungo tempo stanno percorrendo anche i superiori generali nelle loro assemblee. Non c’è nuova evangelizzazione senza la disponibilità a lasciarsi evangelizzare, diventando trasparenza evangelica, vivendo in profondità il primato di Dio, valorizzando la fraternità. In un certo senso, il Sinodo «non ha detto nulla di nuovo dal punto di vista teologico o dottrinale». Però, ha concluso don Aldegani, anche da questo evento, la Chiesa ha imparato una volta in più che prima di parlare, dovrebbe saper «ascoltare la voce degli uomini e delle donne del nostro tempo», non dimenticando quanto è stato ricordato da un padre sinodale, e cioè che «non si tratta di costringere il mondo ad entrare nella Chiesa, così come essa è, ma di fare una Chiesa capace di accogliere il mondo come esso è».
23 novembre 2012