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Sabato, 05 Luglio 2014 15:56

Il discepolato del cuore

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298Ti benedico, Padre, perché queste cose le hai rivelate ai piccoli. I piccoli: di essi è pieno il Regno dei cieli, pieno il vangelo. Dio ha delle preferenze, non è neutrale: i poveri, come passeri, hanno il nido nella sua mano. Davanti a Dio non c'è nulla di meglio che essere nulla, come l'aria davanti al sole, polline nel vento di primavera (Simone Weil). L'unico merito dell'annunciatore è di essere infinitamente piccolo, solo così l'annuncio sarà infinitamente grande gioia. Venite a me, voi tutti, che siete stanchi e oppressi, imparate da me e troverete ristoro. Gesù non viene portando una nuova etica, viene recando una coppa colma di pace. Non porta precetti nuovi, ma una promessa: il Regno di Dio è pace e gioia nello Spirito (Rm 14,17). È legittimato a proporsi ancora agli uomini perché conforta la vita, perché parla il linguaggio della gioia. Imparate dal mio cuore... Cristo si impara imparandone il cuore, cioè il modo di amare. Il cuore non è un maestro fra gli altri, è «il» maestro della vita. Inizia, allora, il discepolato del cuore, per noi, discepoli sapienti e dotti, che corriamo il rischio di restare degli analfabeti del cuore. Burocrati delle regole e analfabeti del cuore. Perché Dio non è un concetto, non è una regola o una disciplina, è il cuore dolce e forte della vita. E troverete ristoro. Ristoro dell'esistenza è un cuore mite, senza violenza e senza inganno, una creatura in pace e senza presunzione, che diffonde un senso di ristoro nell'arsura del vivere. Il mio giogo è dolce e il mio peso leggero. Come può il giogo essere un ideale per l'uomo moderno, geloso di ogni più piccola porzione di libertà, per l'uomo che nell'ultimo secolo ha lottato proprio per scrollarsi di dosso tutti i gioghi? Nel linguaggio della Bibbia «giogo» indica la legge di Mosè (cf. Ne 9, 29) che Gesù ha riassunto nel comandamento nuovo dell'amore, l'antica novità. Ma amare Dio con tutto il cuore non è cristiano; anche ebrei e musulmani hanno da amare Dio con tutto il cuore. Amare il prossimo come se stessi non è ancora cristiano, vale anche per scribi e dottori della legge. Io non amerò Dio, amerò il Padre di Gesù Cristo, l'Abbà, lo amerò come figlio. Non amerò il prossimo come me stesso, lo amerò come Gesù lo ama (non quanto, ma come, o ne resteremmo schiacciati) col cuore mite e umile dell'unico che è Figlio e fratello. Anch'io figlio nel Figlio, fratello nel Fratello.
 
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