Il 2 febbraio la Chiesa celebra la presentazione di Gesù al tempio. Tra le memorie romane questa festività liturgica si unisce al patrocinio che la città di Roma riserva a Santa Maria in Portico. Infatti, le antiche cronache, ricordano che un terribile sciame sismico sconvolse l’Urbe nel Gennaio del 1703. Questo grave pericolo vide il popolo romano supplicante davanti all’icona della Madre di Dio, invocata da secoli quale particolare protettrice della Città con il titolo di Romanae Portus Securitatis. La memoria di antichi benefici già concessi per intercessione di Maria, come la liberazione dalla peste nel 1656, durante la quale Roma rimase miracolosamente illesa, favorirono il nuovo ricorso alla Vergine. Già nel 1662 era stato edificato per volere del Popolo e del papa Alessandro VII, l’attuale santuario opera di C. Rainaldi, dove vi è conservata la preziosa icona venerata nell’antico rione di Campitelli fin dal VI secolo. Ma veniamo ai fatti di trecento anni fa. La mattina del 2 febbraio1703, il Senato Romano volle ringraziare la Vergine per lo scampato pericolo dal violentissimo terremoto che coinvolse Roma e gran parte degli stati pontifici. Si stabilì con voto solenne che la Città avrebbe digiunato per cento anni ogni 1 febbraio vigilia della festa della Presentazione al tempio e della Purificazione di Maria. Il voto venne immediatamente ratificato dal Papa Clemente XI che, recatosi nel santuario di Campitelli intonò il Te Deum di ringraziamento. L’impegno fu rinnovato e confermato in modo perpetuo dal papa Pio VII nel 1802. Una lapide posta al Campidoglio ricorda tutt’ora il singolare evento. Lo stesso Senato Romano stabilì che ogni sabato per un anno intero, sarebbe intervenuto nel santuario al canto solenne delle litanie. La Comunità di Campitelli erede di queste antiche memorie, rinnova ogni anno durante la luminosa liturgia della Presentazione al Tempio il grazie al Signore, unendosi alla voce e alla devozione di tanti fedeli che hanno in questo luogo onorato la Madre di Dio.
La prima Narratione scritta da San Giovanni Leonardi
I lineamenti storici dell’antico culto riservato alla Madre di Dio nel cuore della città di Roma, arricchiti nei secoli dal genere letterario della Legenda furono raccolte nella prima Narratione pubblicata dal Leonardi nel 1605 (Giovanni Leonardi, Narrazione della miracolosa immagine di Santa Maria in Portico, a cura del Centro Studi OMD, Emmegrafica, Velletri 2005).
La Narrazione si apre con il preambolo storico e i personaggi protagonisti del racconto: Il pontefice Giovanni I, l’imperatore Giustino, nel tempo in cui Teodorico Re dei Goti di fede Ariana opprimeva l’Italia. Si fa subito riferimento al luogo degli eventi: Roma e alla nobile «Signora per nome Galla», figlia del princeps senatus Aurelio Memmio Simmaco, consigliere di re Teodorico, che lo fece assassinare nel 525 per infondati sospetti di tradimento. Galla, ricca, giovane e molto religiosa, dopo la morte del marito decise di esprimere la carità di Cristo con azioni concrete e quotidiane, trasformando il suo palazzo in ospizio per i poveri e i pellegrini: «Ora per molte che fossero le opere pie, in che ella con santo zelo si esercitava, fu però singolarissima nel sovvenire con le proprie facoltà ai poveri bisognosi: onde per la gran riverenza e affezione che al Signore e alla Beatissima Vergine aveva, pigliò per uso di dar pranzo ogni giorno nel suo Palazzo a dodici poveri. E perché oltre al frequentare con gran diligenza questa santa opera, attese anche a servire con purità d’anima al Signore. Custodendo senza macchia di peccato nell’anima sua quell’immagine che la divina Maestà le aveva impressa, meritò aver per mano degli Angeli l’immagine dell’istesso Signore e della Beatissima Madre sua. Sopra la credenza apparve con grande splendore nell’aria la veneranda Immagine della Beatissima Vergine con il suo diletto Figliolo nelle braccia […]». Il Coppiere, una sorta di maggiordomo, avvertì immediatamente Galla che si levò da tavola e si recò al detto luogo nel quale vide la luce, ma non scorse nessuna immagine. Il segno doveva essere interpretato dall’autorità della Chiesa. Galla si recò nel Palazzo del Laterano e supplicò il Pontefice Giovanni I che in processione con il clero e il popolo romano, si recò presso il luogo del prodigio. Il Pontefice vi entrò pieno di stupore e vista la luce vi rimase in profonda orazione : «O Santissima Madre di Dio, degnatemi di concedermi tanta grazia, ch’io possa nelle mie mani ricevere la vostra immagine, e ciò detto i Serafini ponendola a basso, nelle sue mani riverentemente la collocarono, ed egli con molte lagrime di devozione e allegrezza ricevendola, voltatosi al Popolo l’alzò a vista di tutti» (Cf. Narrazione 19ss). Due prodigi confermarono l’apparizione quasi ha dare l’approvazione dell’evento: le campane delle Chiese di Roma suonarono a festa toccate da mani angeliche e la Città venne immediatamente liberata dal morbo della peste: è il 17 luglio del 524. Galla edifica una Chiesa sul luogo dell’apparizione dedicandola al Salvatore e alla Santissima Madre: «la quale fino al giorno presente si chiama volgarmente Santa Maria in Portico».
Il Leonardi prosegue il racconto segnalando il legame che i pontefici romani hanno avuto con l’immagine e il luogo nel quale esse è custodita. Papa Gregorio Magno (590-604) invocò il suo patrocinio nella peste del 599. Alessandro II (1061-1073) eresse una Confraternita grazie ai tanti prodigi avvenuti, Gregorio VII (1073-1085) risollevò le sorti del fatiscente santuario, riconsacrando la chiesa e collocando l'icona mariana in un tempietto-ciborio posto sopra l'altare maggiore, ponendovi in mosaico una serie di iscrizioni che facevano riferimento alla nobile Galla, ai poveri e alla prodigiosa apparizione. Celestino III (1191-1198) fondò l’ospedale di Santa Maria in Portico. Callisto III (1455-1458) invocò la Vergine per la peste. Paolo II (1464-1471) che per devozione personale asportò di notte l’immagine la vide ritornare miracolosamente nello stesso luogo. Leone X (1513-1521) indisse una processione per scongiurare l’invasione turca. Adriano VI (1522-1523) ricorse alla Vergine per salvare Roma dalla Peste. Paolo III (1534-1539) la invocò per proteggere Roma e l’Italia dalle invasioni turche. Il Leonardi prosegue la Narrazione descrivendo «il sacro luogo ove al presente si riposa» e le tracce delle memorie antiche che «scuoprono tutto il successo dell’apparizione della S. Immagine». Il racconto si conclude con una nota liturgica che cioè il 17 luglio si celebra la festa dell’apparizione, della Dedicazione della Chiesa di Santa Maria in Portico e l’orazione per l’ostensione dell’icona. Infine il ringraziamento a Clemente VIII (1592-1605) per aver unito la Chiesa alla Congregazione del Leonardi (1601) e in appendice alcune note riguardanti la vita di Santa Galla tratte dal Libro IV dei dialoghi di San Gregorio Magno.
Le fonti a cui si ispirò il Leonardi
Possiamo dire che le fonti ispiratrici della Narrazione scritta dal Leonardi sono da individuare in quella documentale, archeologica e iconografica. Innanzitutto, il Leonardi, fa riferimento alla «Historia e gli antichi manoscritti esposti in pubblico». Queste pergamene sono state da lui consultate in quanto affisse alle porte dell’antico santuario mariano. Sulla loro importanza il Leonardi annota: «Più volte sono stati pregati i nostri Padri […] di far stampare l’ ‘Historia della miracolosa immagine della Beatissima Vergine la quale nella stessa Chiesa di S. Maria in Portico onorevolmente si conserva […] se bene doveria bastare l’antica e pubblica tradizione di quella […] e degli antichi manoscritti di detta Chiesa esposti in pubblico in essa […] (Narrazione, 17)
L’altra fonte possiamo individuarla nelle testimonianze archeologiche che portano impressi i caratteri dell’antico culto a Santa Maria in Portico celebrata con il titolo di Madre di Dio. Si tratta dell’altare consacrato dal papa Gregorio VII (1073-1085) nel quale si fa riferimento al dogma efesino: «Ad honorem D(omi)ni n(ost)ri IHV (Iesu) XPI (Christi) | et beate Marie semper Vir|ginis genitricis ei(us) d(omi)ne n(ost)re | […]». Infine il ciborio che custodiva l’altare e l’icona di santa Maria in Portico era fregiato dal distico: «Hic est illa piae genitricis imago Mariae |Quae discumbenti Gallae patuit metuenti». Del Ciborio, testimoniato dal Leonardi e dai primi Padri non rimane traccia, se non nelle fonti scritte. È ipotizzabile che i distici gregoriani scorressero alla base del fastigio. A lato erano poste le sigle greche MP-ΘY e sulla sommità angolare in un sacello era custodita la veneranda icona di Santa Maria in Portico. Il titolo dogmatica Theotokos-Dei Genetrix definito durante il Concilio di Efeso (431), divenne formula ispiratrice della eucologia liturgica e della stessa devozione popolare. Esso era nota prima dell’assise conciliare, come testimonia l’antifona Sub tuum paesidium datata al III secolo. A partire da Efeso in tutte le liturgie di oriente e d’occidente si ebbe una vera e propria esplosione del culto mariano. Basti pensare al popolare inno Akatistos V-VI secolo e alle festività mariane. La formulazione dogmatica efesina diventò normativa per lo sviluppo della venerazione alla Madre di Dio. In primo luogo, il suo ricordo è legato al memoriale di Cristo e al mistero della sua incarnazione. In secondo luogo, il culto mariano trova spazio nei momenti centrali della liturgia quali la preghiera eucaristica e la professione di fede battesimale. Su questa linea tradizionale il luogo dove si custodisce l’icona di Santa Maria in Portico, è lo stesso spazio dove si celebra l’Eucaristia il memoriale del Signore, quasi a voler consegnare in questa immagine quanto espresso nelle anafore eucaristiche che riservano un posto privilegiato alla «Tutta santa Madre di Dio».
Infine la terza fonte che ispirò il Leonardi è senz’altro quella iconografica. Non si può certo attribuire all’icona attualmente venerata nel santuario mariano di Piazza Campitelli la datazione del VI secolo, tuttavia la rielaborazione tardo medievale applicherebbe ad essa alcuni canoni che rimanderebbero a copie precedenti. Nel XII secolo i racconti di visioni e miracoli si fanno sempre più frequenti e vengono raccolti, ordinati e diffusi come opere edificanti. La credenza nelle apparizioni di Maria si diffonde, nel periodo compreso fra la fine dell’antichità cristiana e l’inizio dell’Alto Medioevo, tanto nel mondo greco che in quello latino. Vedere Maria per vedere Dio «come in uno specchio» (1Cor 13,12) questa è l’immagine biblica che sta alla base delle apparizioni della Vergine. Tale credenza si propaga sotto forma di testimonianze letterarie, tanto che, fra il V e l’IX secolo, sono sempre più numerosi i racconti di visioni che circolano all’interno di una letteratura concepita per l’edificazione. Tali Legende vengono raccontate con un linguaggio accessibile a tutti, traducendo in forme semplici la concezione che gli uomini del Medioevo hanno delle corrispondenze fra il mondo celeste e quello terreno. Ora, l’iconografia di Santa Maria in Portico conferma quanto è riferito dall’antica Historia: «[...]Admiranda propterea est nobis hec Sacrosancta Imago, quam nec signavit, nec coloravit manus pictoris, nec sculptoris errantis, sed formavit et benedixit omnipotentia Conditoris, qui sicut ad ilicem Mambre cum tribus personis, ut Abraham adoraretur apparuit; et in cammino ignis ardentis cum tribus pueris similis filio hominis quartus assistens declaravit in gloriose et sanctissime Galle palatio se orandum quando voluit, et quomodo voluit imaginem demonstravit. Digitus quoque Dei, qui in tabulis lapideis, Moyse intra nubem orante, ad recte vivendum Israelitis legem sculpsit […]» (Cf. D. Carbonaro L’antica Oratio per l’ostensione dell’immagine di Santa Maria in Portico, Edizioni Monfortane, Roma 2001, 76-77). Gli studiosi sostengono che l’immagine attualmente venerata nel santuario di Campitelli, fu conservata nell’antica chiesa di S. Maria in Portico fin dal secolo XII. Tuttavia, i canoni iconografici tramandati, ci consegnano una rappresentazione molto più antica. Le lontane forme protoromaniche: colonnine in stile ionico, le teste degli Apostoli Pietro e Paolo - secondo il tipo dei vetri cimiteriali - le forme greco-siriache come l’inquadratura a rose e gli alberi ornamentali, fanno supporre due momenti compositivi. Nel VI secolo, si stabilisce la tipologia iconografica legata agli eventi della miracolosa visione di santa Galla, mentre l’icona attuale per la gamma cromatica degli smalti e la naturalezza dell’esecuzione, fu realizzata tra l’XI e il XIII secolo. La sua sacralità e il concetto di «immagine acheropita» (non dipinta da mani d’uomo) portarono a giustificare attraverso la legenda popolare la sua origine divina e la sua incorruttibilità. Il testo che il Leonardi aveva potuto consultare affisso alla porta del santuario e l’antica oratio pronunciata durante l’ostensione dell’icona attualizzavano sul luogo dell’apparizione, il simbolo di quella luce manifestatasi secoli prima come afferma l’antica Historia:«[…] ut ibi santissima veneraretur Imago, ubi signo lucis per manus sanctorum angelorum allata, Christus sedem elegerat […]. L’icona di Santa Maria in Portico fu considerata un vero e proprio «palladio» dell’Urbe, invocata come «protettrice e liberatrice» della Città di Roma. L’ immagine di Santa Maria in Portico fu portata diverse volte in processione dai Pontefici nella letania con altre insigni icone romane nei momenti di maggiore calamità: l’Acheropita della Scala Santa e la Salus Populi Romani. Come ebbe ad affermare il Leonardi nella Narrazione l’icona di Santa Maria in Portico celebra «l’immagine dell’istesso Signore e della Beatissima Madre sua» ed il titolo con il quale è ricordata sul luogo dell’apparizione: Madre di Dio «MP ΘY», richiama il mistero dell’ Incarnazione e della divina maternità di Maria. Ella è prima testimone di Dio fatto uomo che la chiesa professa, la liturgia celebra e l’iconografia annuncia nella trama simbolica. Venerando Santa Maria in Portico la tradizione popolare romana ha sempre mantenuto questi elementi spirituali come motivanti la comprensione della sua fede e del mistero celebrato.