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Sabato, 09 Giugno 2012 17:08

Segno dell’Alleanza

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198Nella faticosa alleanza fra Dio e gli umani Gesù ha messo in mezzo il suo corpo. Per corpo si deve intendere l'intero di una vita. Identità, carne, libertà, affezioni. Tutto quanto un uomo può essere. Gesù ha sacrificato tutto se stesso per rimettere in piedi l'amicizia dell’uomo con Dio. Ha così restituito splendore inequivocabile all’esperienza del sacrificio mostrandola come la legge nascosta di ogni affezione destinata a durare. Gli umani stessi hanno imparato a specchiarsi nella sua logica. L’esistenza di tutti, difatti, trabocca di esperienze nelle quali qualcosa ha dovuto morire in qualcuno perché qualcun altro potesse vivere. La luce di questo principio irradiata nella sublimità del gesto di Gesù ha illuminato anche quei segmenti di vita in cui agli uomini e alle donne di questa terra capita di riuscire a corrispondervi. Facciamo la volontà di Dio molto più spesso di quanto noi stessi non crediamo.

La Scrittura ci aiuta a capire l’estremo abisso verso cui Gesù trascina questo sacrosanto prin­cipio di una dedizione pronta a giocarsi in tutto. Lo fa anzitutto portandoci al passato. Ri­cordandoci come l’alleanza mosaica sigilla la propria fedeltà all’Altissimo. Essa proietta sull’offerta sacrificale tutta la violenza connessa ad un’alleanza il cui vincolo non può essere infranto senza serie conseguenze. Succeda come a quei giovenchi a chiunque spezzi il patto sti­pulato di fronte a Dio. L'ombra del dio arcaico lambisce ancora questo solenne rituale di al­leanza in cui la presenza della violenza è un monito contro la trasgressione, in cui qualcosa deve andare perduto, in cui l’amicizia col divino si manifesta richiedendo la controparte delle cose migliori. In questa alleanza esiste ancora qualcosa di inquietante, un sentimento di profonda soggezione, una violenza a cui l’uomo non resta che sottomettersi.

La lettera scritta per gli ebrei ci spiega che con Gesù la violenza contenuta nell’alleanza viene disinnescata completamente. Il Figlio la prende tutta su di sé. Niente più sangue di vitelli. Semmai solo il proprio. Ha preso in carico la responsabilità di un’amicizia da ricostruire da capo mostrando che, se ci sono dei sacrifici da fare per mantenere fede all’alleanza, Dio non chiede di sacrificare qualcosa di prezioso per l’uomo, ma mette a repentaglio la vita del suo Figlio. Dio sacrifica tutto pur di averci per amici. Per questo il corpo di Gesù è segno della nuova alleanza. Con il gesto con cui prima di morire Gesù spezza il pane, cerca di spiegare il criterio della sua esistenza. Quel pane che si rompe è la sua vita dedicata completamente a riportarci in amicizia con Dio. Essa ci appare quanto mai a portata di mano perché resa ai nostri occhi affidabile dalla natura del Dio di cui il Figlio si rende manifestazione. Non abbiamo più davanti la figura torva dell’idolo che chiede per se stesso. Ma l’icona di una paternità che si lascia mangiare viva se questo serve alle possibilità di vita dei figli. Di questo è segno il corpo di Cristo. Di quell'amore che non genera se non si lascia consumare. (Giuliano Zanchi)

 
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