Quaranta giorni vissuti nel deserto sono stati una evangelizzazione? Certo, per noi. Gesù continua a parlarci e ci dice che ha voluto assumere il lungo tempo che il popolo è rimasto nel deserto. Le tentazioni sofferte dal popolo di Israele sono quelle che vive Gesù e sono quelle che viviamo oggi. Ma il deserto è un luogo speciale, dove tutto può accadere. La condizione è quella di affidarsi allo Spirito. Come ha fatto Israele che nel deserto ha ricevuto la legge e ha ricominciato a camminare.
Come avrà fatto la comunità cristiana a recuperare le notizie riguardo a Gesù che sconfigge il tentatore? La comunità ha bisogno di un annuncio affidabile, perché tutti coloro che ripeteranno l’annuncio siano credibili. Così la comunità primitiva ha inserito nella storia di Israele la storia di Gesù di Nazaret, che non si sottrae alla tentazione, dall’inizio alla fine. Con in bocca le parole del salmo, come ultimo grido di fede.
In Gerico, Gesù incontra prima il cieco e lo guarisce, poi incontra Zaccheo e gli offre la guarigione dell’anima, liberandolo dalla solitudine e dalla cupidigia. La città è il luogo dell’incontro, del cercarsi reciprocamente. Gesù si muove verso chi ha bisogno, chi grida aiuto, chi si mostra arrampicandosi sul sicomoro.
La città è Gerusalemme sulla quale egli versa lacrime di amarezza. Infatti la percepisce nella sua contraddizione. Ispirata e mercantile, religiosa e farisea. Gesù vi entra da signore perché entra a cavallo di un puledro. Animale innocuo, che non incute timore. Intanto Gesù viene riconosciuto a motivo della sua debolezza. Ma è signore se ha bisogno? Sì, e avrà sempre bisogno di noi per continuare l’annuncio, disarmato e invincibile.
Signore Gesù, che ci hai chiamati a seguirti sulla via
della povertà, castità e obbedienza,
fa' che corrispondiamo con fedeltà e gioia
alla grazia della nostra vocazione.