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Sabato, 18 Maggio 2013 07:37

Il respiro di Dio

249Viene lo Spirito, se­condo il vangelo di Giovanni, leggero e quieto come un respiro: «A­litò su di loro e disse: rice­vete lo Spirito santo» (Gv 20,22).
Viene lo Spirito, nel rac­conto di Luca, come ener­gia, coraggio, vento che spalanca le porte, e parole di fuoco (Atti 2,2ss).
Viene lo Spirito, nell'espe­rienza di Paolo, come do­no, bellezza, genio diverso per ciascuno (Gal 5,22). Tre modi diversi, per dire che lo Spirito conosce e fecon­da tutte le strade della vita, rompe gli schemi, è ener­gia imprudente, non di­pende dalla storia ma la fa dipendere dal suo vento li­bero e creativo.
La liturgia ambrosiana pre­ga così: «O Dio, che hai mandato lo Spirito, effusio­ne ardente della tua vita d'amore». Lo Spirito è il de­bordare di un amore che preme, dilaga, si apre la strada verso il cuore del­l'uomo.
Effusione di vita: Dio effon­de vita. Non ha creato l'uo­mo per reclamarne la vita, ma per risvegliare la sor­gente sommersa di tutte le sue energie.
Effusione ardente: lo Spiri­to porta in dono il brucio­re del cuore dei discepoli di Emmaus, l'alta temperatu­ra dell'anima che si oppo­ne all'apatia del cuore.
Meraviglia del primo gior­no: «com'è che li sentiamo ciascuno parlare la nostra lingua nativa?» Lo Spirito di Dio si rivolge a quella parte profonda, nativa, originaria che è in ciascuno e che viene prima di tutte le divisioni di razza, nazione, ricchezza, cultura, età. La lingua nativa di ogni uomo è l'amore. Lo Spirito non solo ricompone la frattura di Babele, fa di più: parla la lingua comune, di festa e di dolore, di stanchezza e di forza, di pace e sogno d'a­more. La Parola di Dio di­venta mia lingua, mia pas­sione, mia vita, mio fuoco. Ci fa tutti vento nel Vento.
Nella Messa di Pentecoste, ripeteremo parole tra le più forti della Bibbia: del tuo Spirito Signore è piena la terra (salmo 103). È piena. Tutta la terra. Ogni creatu­ra. È piena anche se non è evidente, anche se ci appa­re piena invece di ingiusti­zia, di sangue, di follia. È un atto di fede che porta gioia e fiducia in tutti gli in­contri.
Il mondo è un im­menso santuario. Egli è qui, sugli abissi del mondo e in quelli del cuore. Anche se ci pare impossibile. Entra per porte chiuse, per fes­sure quasi invisibili, mette in moto, suscita energie. Guardati attorno, ascolta gli abissi del cosmo e il re­spiro del cuore: la terra è piena di Dio.
Cerca la bellezza salvatri­ce, l'amore in ogni amore. Piena è la terra. E instan­cabile il respiro di Dio por­ta pollini di primavera e disperde le ceneri della morte.
TommasoLo scorso Sabato Santo si sono compiuti cinquanta anni di sacerdozio per p. Tommaso Petrongelli che ha celebrato il giubileo sacerdotale nella chiesa parrocchiale di Santa Maria in Amaseno suo paese natale.  Durante la liturgia dominicale della solennità dell’Ascensione del Signore P. Tommaso, accolto dal parroco don Italo dai parenti e dai numerosi parrocchiani ha rinnovato il suo grazie al Signore nella solenne liturgia eucaristica e  nel ricordo commosso di ciò che ha ricevuto dal Signore e  che a sua volta ridona per il bene di tutti.

13 maggio 2013
 
Pubblicato in 2013
Sabato, 11 Maggio 2013 08:02

Siede alla nostra destra

248«E, alzate le mani, li benediceva». L'ultima imma­gine di Gesù sono le sue ma­ni alzate a benedire. «E, mentre li benediceva, veni­va portato su, in cielo». Quella benedizione è la sua parola definitiva, raggiunge ciascuno di noi, non è più terminata, non è mai finita. Una in-finita benedizione che rimane tra cielo e terra, si stende come una nube di primavera sulla storia inte­ra, su ogni persona, è trac­ciata sul nostro male di vivere, sull'uomo caduto e sulla vittima, ad assicurare che la vita è più forte delle sue ferite.

Nella Bibbia la benedizione indica sempre una forza vi­tale, una energia che scende dall'alto, entra in te e pro­duce vita. Come la prima di tutte le benedizioni: Dio li benedisse dicendo «cresce­te e moltiplicatevi». Vita che cresce, in noi e attorno a noi. La benedizione è questa for­za più grande di noi che ci avvolge, ci incalza; un flus­so che non viene mai meno, a cui possiamo sempre at­tingere, anche nel tempo delle malattie e delle delu­sioni.

Una benedizione ha lascia­to il Signore, non un giudi­zio; non una condanna o un lamento, ma una parola bel­la sul mondo, di stima, di e­norme speranza in me, in te, di fiducia nel mondo: c'è del bene in te; c'è molto bene in ogni uomo, su tutta la terra. Di questo voi sarete testi­moni: il Cristo doveva pati­re e risuscitare; nel suo no­me annunciate a tutti la conversione e il perdono. Sono le ultime parole di Gesù, con le tre cose es­senziali: - ricordare la croce e la Pa­squa. L'abbraccio del croci­fisso che non può più an­nullarsi, ci raggiunge tutti e ci trascina in alto con lui. E la Pasqua: i massi rotolati via dall'imboccatura del cuore, come da quella del sepol­cro. E nel giardino è prima­vera.
- la conversione. Non è un comando, ma una offerta; non un dovere ma una opportunità: nascere di nuo­vo. Seguendo Gesù, vedrai, la vita è più bella, il sole più luminoso, le persone più buone e felici.
- il perdono. Non quello di uno smemorato, che di­mentica il male, ma quello di un creatore: che ti fa ri­partire ad ogni alba verso terre intatte; che apre futu­ro, fa salpare la tua vita co­me una nave prima arena­ta.

Nella sua ascensione, Gesù non è salito verso l'alto, è andato oltre e nel profondo. Non al di là delle nubi, ma al di là delle forme. Siede al­la destra di ciascuno di noi, è nel profondo del creato, nel rigore della pietra, nella musica delle costellazioni, nella luce dell'alba, «nel­l'abbraccio degli amanti, in ogni rinuncia per un più grande amore».
 
Venerdì, 03 Maggio 2013 20:07

Ama e comprendi

246Se uno mi ama. Gesù rivendica per sé, per la prima volta, il sentimento più importante e dirompente del mondo umano: l'amore. Entra nella nostra parte più intima e profonda, ma con estrema delicatezza. Tutto poggia sulla prima parola «se», «se tu ami». Un fondamento così umile, così libero, così fragile, così puro, così paziente. «Se mi ami osserverai la mia parola» e non esprime un ordine, non formula un comando, ma apre una possibilità; non un verbo all'imperativo, ma al futuro e che esprime il rispetto emozionante di Dio, che bussa alla porta del cuore e attende: se ami, farai. E subito rovescia il nostro modo di pensare. Noi avremmo detto: se osservi la mia parola arriverai ad amarmi, senza avvertire che questa logica capovolge il Vangelo, perché vede Dio come uno specchio su cui far rimbalzare i propri meriti, Dio della legge e non della grazia. Un detto medioevale afferma: «I giusti camminano, i sapienti corrono, gli innamorati volano». L'amore mette una energia, una luce, un calore, una gioia in tutto ciò che fai, e ti pare di volare. Volare a osservare la sua Parola, così è scritto, e noi invece abbiamo subito capito male come se Gesù avesse detto: a osservare i miei comandamenti. E invece no, la Parola non coincide con i comandamenti, è molto di più. La Parola salva, illumina, traccia strade, consola. La Parola fa vivere, semina i campi della vita, ti incalza, porta Dio in te.

Solo se la ami, la Parola si accende, porta pane, soffia nelle vele. Solo se hai scoperto la bellezza di Cristo partirà la spinta a vivere il suo Vangelo. Perché la nostra vita non avanza per colpi di volontà ma per una passione. E la passione nasce da una bellezza. In me l'amore per Gesù sgorga dalla bellezza che ho intuito in lui, dalla sua vita buona, bella e beata. Poi una seconda serie di espressioni: verremo a lui, prenderemo dimora presso di lui, tornerò a voi. Un Dio che ama la vicinanza, che abbrevia instancabilmente le distanze. E prenderemo di­mora: in me il Misericordioso senza casa cerca casa. Forse non troverà mai una vera dimora, solo un povero riparo. Ma una cosa Lui mi domanda: essere un frammento di cosmo ospitale. Dio non si merita, si ospita.

Ma se non pensi a lui, se non gli parli dentro, se non lo ascolti nel segreto, forse non sei ancora casa di Dio. Se non c'è rito nel cuore, una liturgia segreta e intima, tutte le altre liturgie sono maschere del nulla. Custodiamo allora i riti del cuore.
 
Suore-iFondatrice insieme a P. Cosimo Berlinsani dell’Istituto delle Oblate del Bambino Gesù fondato nel XVII secolo. Lo scorso 27-28 aprile, a quattrocento anni dalla nascita di Anna Moroni la Rev.ma Sr. Raffaella Funari Superiora Generale insieme alle Suore  Oblate, ha voluto ricordare l’evento con il 4° colloquio di studi: “Per un cammino storico alla luce della fede”. Un ventaglio di interventi che attualizzano la storia e la spiritualità e mettono in luce la ricchezza carismatica della fondazione voluta da questi due maestri di vita spirituale e di servizio alla carità. Nella due giorni di colloquio sono intervenuti A. Montan: “Patrimonio spirituale ieri e oggi”; S. Mantelli: “Quietismo: M. de Molinos e p. Cosimo Berlinsani”; E. Atzori e R. Ronzoni: “Lettura storico-spirituale delle Regole del 1693, 1711, 1725”. Altri interventi hanno seguito percorsi attualizzanti di vita consacrata  e spiritualità. F. Ferrari: “La vita consacrata a 50 anni dal Concilio Ecumenico Vaticano II”; G. Bianco: “La Chiesa del post-concilio e le nuove sfide pastorali: il linguaggio”. Nel pomeriggio di sabato 27 dopo i vespri presieduti dal Rev.mo P. Generale P: Francesco Petrillo presso la Cripta della Chiesa delle Oblate, la benedizione delle urne e l’inaugurazione della lapide commemorativa.  In serata nella Chiesa di Campitelli il concerto commemorativo con la partecipazione della Cappella musicale di Campitelli e l’Ensemble la Cantoria diretti dal M° Vincenzo di Betta con musiche di Vivaldi, Pergolesi e Durante. La giornata di domenica 28 ha visto la conclusione del colloquio con l’intervento di F. Lovison “Cosimo Berlinsani e Ludovico Marracci parlano di Anna Moroni”. Nella solenne concelebrazione eucaristica presieduta da S.E. il Cardinale Angelo Amato prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, è stata fatta la commemorazione dei due fondatori, la cui esistenza ha affermato il Cardinale: “Fu inestricabilmente e provvidenzialmente intrecciata”.

2 aprile 2013

  pdf  Omelia Card. Amato 28-05-13
pdf  Relazione sulle regole di P. Cosimo Berlinsani

Pubblicato in 2013
2This year, the closing of the academic year in our St. Leonardi English school had double of its grandeur and celebrations due to co incidence of the 75th year of canonization of the patron of the school. Both the events were joined together and the day became unforgettable for our children, their parents and our religious in the delegation. The sainthood of St. Loeonardi, who became holy to make others holy, and a man to be copied on the way of sanctity and to be imitated in his missionary zeal, was introduced to the gathering, which numbered around 1200 in that evening. Our children's dances, speeches, songs and the presentation of other arts learnt during this academic year, earned appreciation from everybody. So, as Fr.General always insists to give a qualified education to students who come to our schools, we are satisfied to have given such an education. So, the religious in India and our students can boldly say that we are proud in being Leonardians, as it was the caption for the celebration. To recruit aspirants for the coming academic year, three days of camp was organised. 4 boys attended this year and all three days were planned well with various programmes like discourses, self analysis, personal talks, prayer experience, games, cultural programmes and going for a walk to nearby temple and so on. Fathers gave classes on topics like vocation to religious life, call narratives in the Bible, An introduction to OMD and helps for decision making. The delegate council along with the commission for vocations took care of the programmes. 

29 aprile 2013

Pubblicato in 2013
brunini-1Nei giorni del Pellegrinaggio leonardino, Mons. Marcello Brunini ha tenuto un momento di riflessione e meditazione a Lucca nella Chiesa della Rosa luogo che vide il 1 settembre del 1574 la fondazione dell’Ordine della Madre di Dio. Pubblichiamo di seguito la relazione.

28 aprile 2013

pdf  Relazione Mons. Marcello Brunini aprile 2013  
 
Pubblicato in 2013
Sabato, 27 Aprile 2013 08:22

Amare è capire la verità

247Amatevi, come io vi ho amato. Lo specifico del cristiano non è amare (lo fanno molti, dovunque, sempre, e alcuni in un modo che dà luce al mondo) ma amare come Cristo. Con il suo modo unico di iniziare dagli ultimi, di lasciare le novantanove pecore al sicuro, di arrivare fino ai nemici.

La prima caratteristica dell'amore evangelico: amare come Cristo. Non: quanto Cristo, impresa impossibile all'uomo, il confronto ci schiaccerebbe. Nessuno mai amerà quanto Lui. Ma come Lui: con quel sapore, in quella forma, con quello stile.

Con quel suo amore creativo, che non chiude mai in un verdetto, che non guarda mai al passato, ma apre strade. Amore che indica passi, almeno un passo in avanti, sempre possibile, in qualsiasi situazione. Amore che ti fa debole eppure fortissimo: debole verso colui che ami, ma in guerra contro tutto ciò che fa male.

La seconda caratteristica: «Come io ho amato voi». L'amore cristiano è anzitutto un amore ricevuto, accolto. Come un'anfora che si riempie fino all'orlo e poi tracima, che diventa sorgente. L'amore non nasce da uno sforzo di volontà, riservato ai più bravi; l'amore viene da Dio, non dalla mia bravura: amare comincia con il lasciarsi amare. Non siamo più bravi degli altri, siamo più ricchi. Ricchi di Dio.

È un amore che perdona ma non giustifica ogni sbaglio. Giustifica la fragilità, lo stoppino smorto, la canna incrinata, ma non l'ipocrisia dei pii e dei potenti. Ama il giovane ricco ma attacca l'idolo del denaro.

Se il male aggredisce un piccolo, Gesù evoca immagini potenti e dure come una macina al collo.

Amore guerriero e lottatore.

Ma se il male è contro di Lui allora è agnello mite che non apre bocca.

Terza caratteristica «Amatevi gli uni gli altri»: tutti, nessuno escluso; guai se ci fosse un aggettivo a qualificare chi merita il mio amore e chi no. È l'uomo. Ogni uomo, perfino l'inamabile. Gli uni gli altri significa inoltre reciprocità. Non siamo chiamati solo a spenderci per gli altri, ma anche a lasciarci amare: è nel dare e nel ricevere amore che si pesa la beatitudine della vita.

Amore è intelligenza e rivelazione; amare è capire più a fondo: Dio, se stessi e il cuore dell'essere. Come Gesù quando fa emergere la verità profonda di Pietro: «Mi ami tu, adesso?». E non gli importa di quando nel cortile di Caifa, Cefa, la Roccia, ha avuto paura di una serva. Amore che legge l'oggi, ma intuisce già il domani del cuore. E ripete a Pietro e a me: il tuo desiderio di amore è già amore.
 
Sabato, 20 Aprile 2013 16:30

Il servizio dell’Ascolto

245Le mie pecore ascoltano la mia voce. Ascoltare: il primo di tutti i servizi da rendere a Dio e all'uomo è l'ascolto. Il primo strumento per tessere un rapporto. Ascoltare qualcuno è già dirgli: tu sei importante, tu mi interessi. Amare è ascoltare. Pregare è ascoltare Dio. Ma perché la Sua voce merita di essere ascoltata? Gesù risponde: perché io do loro la vita eterna. Ed è importante, per una volta almeno, fermare tutta l'attenzione proprio su quanto Gesù si impegna a fare per noi. Lo si fa così raramente. Tutti sono lì a ricordarci i nostri doveri, a richiamarci all'impegno, allo sforzo per far fruttare i talenti, per mettere in pratica i comandamenti. Molti cristiani rischiano di scoraggiarsi perché non ce la fanno. Ed io con loro. E allora è bene, è salute dell'anima, respirare la forza che nasce da queste parole di Gesù: io do loro la vita eterna. Vita per sempre, senza condizioni, prima di tutte le mie risposte; vita di Dio che è donata, riversata dentro, come un seme che inizia a muoversi, se appena mi avvicino un po' al Signore. «Nessuno le strapperà dalla mia mano». Notiamo la forza di questa parola assoluta: nessuno. Subito raddoppiata: nessuno le strapperà mai dalla mano del Padre. Nessuno ci porterà via dalle mani di Dio. Il nostro destino è inseparabile da quello di Dio. La vita eterna è un posto fra le mani di Dio. Come passeri abbiamo il nido nelle sue mani, come bambini ci aggrappiamo forte a quella mano che non ci lascerà cadere, come innamorati cerchiamo quella mano che scalda la solitudine, come crocefissi ripetiamo: nelle tue mani affido la mia vita. Le mani di Dio. Mani di pastore contro i lupi, mani impigliate nel folto della vita, mani che proteggono la mia fiamma smorta, mani che scrivono nella polvere e non lanciano sassi a nessuno, mani che sollevano la donna adultera, mani inchiodate in un abbraccio che non può terminare, e poi offerte perché io ci riposi e riprenda il fiato del coraggio. Dalla certezza che a Dio l'uomo importa inizia l'avventura di coloro che vogliono, sulla terra, custodire e lottare, camminare e liberare. Anche a noi l'uomo importa. Ciascuno pastore di un minimo gregge: hanno nomi e cognomi i miei agnelli, a partire dalla mia famiglia... Ciascuno può essere mano da cui non si rapisce. Poterlo dire a coloro che amo: nessuno vi strapperà via. Ogni discepolo, anche se non è ancora e mai il Cristo, è però un Cristo iniziale, con la sua stessa missione: essere nella vita datore di vita. (E. Ronchi)
 
75-SGLLa parola “servizio” è risuonata sulle  labbra di Papa Francesco mentre ha salutato un nutrito gruppo di pellegrini dell’Ordine della Madre di Dio  presenti durante l’udienza generale del 17 aprile in occasione del 75° anniversario della canonizzazione di San Giovanni Leonardi, avvenuta nella Pasqua del 1938. Papa Francesco nel suo saluto esteso al P. Generale ai padri dell’Ordine e ai pellegrini presenti, ha augurato che: “Questo tempo pasquale sia un profondo invito a rinnovare la propria esistenza ponendola al servizio del Vangelo”. Di questo servizio evangelico Giovanni Leonardi fu instancabile promotore, seminò nei solchi dell’umanità il seme della santità germogliata dalla Pasqua di Cristo Signore. Al termine dell’udienza il P. Generale ha presentato al santo Padre un reliquiario del Fondatore davanti al quale il Papa si è soffermato in profonda preghiera ed ha ringraziato per il dono del Santo alla Chiesa. Il singolare reliquiario, un intreccio di rami di ulivo eseguito dalla Ditta Nuova Ecclesiart s.n.c  di Michele e Maddalena Todisco, ha voluto sigillare la caratteristica spirituale del Santo farmacista che fu uomo di pace nella Chiesa del suo tempo. Egli infatti, manifestò attraverso la sua testimonianza evangelica la fortezza e la stabilità dell’ulivo e versò tra le ferite della Chiesa, bisognosa di radicale riforma, l’olio della consolazione.  I numerosi pellegrini accolti nella Chiesa di santa Maria in Portico in Campitelli hanno potuto venerare la tomba del Santo ivi custodita. La celebrazione eucaristica è stata presieduta da S. E. Rev.ma Mons. Lorenzo Baldisseri segretario della Congregazione per i vescovi e concelebrata dall’Arcivescovo di Lucca Mons. Benvenuto Italo Castellani e dal P. Generale P. Francesco Petrillo. Durante l’omelia l’Arcivescovo Baldisseri nativo di Barga nella lucchesia, ha presentato ai fedeli intensi ricordi personali legati alla congregazione del Leonardi da lui frequentata in diverse occasioni. Durante l’intervento omiletico ha definito il Leonardi: “Faro luminoso che varcò i limiti dello spazio e del tempo attraverso un carisma attuale e intrigante”. Il Santo ci invita oggi con Papa Francesco a pronunziare nei confronti del popolo di Dio: “parole vere e di conforto”. Egli fu nel suo tempo: “Entusiasta di Dio e della Chiesa e attraverso la catechesi, la formazione dei chierici la preghiera e la fiducia nella divina provvidenza diede spazio alla nostalgia di Dio liberando la Chiesa avvolta in panni ingombranti”. I pellegrini provenienti dalle comunità dell’Ordine in  Italia, si sono aggregate per vivere l’evento al Movimento laicale leonardino che da qualche tempo, celebra in questo giorno, ha ricordato il segretario P. Ignazio Miccolis, la giornata dell’Affiliato OMD; istituzione che unisce in modo speciale all’Ordine fedeli laici che ne condividono l’affetto, il carisma e la spiritualità.

18 aprile 2013
pdf  Saluto P. Francesco nel 75° Anniversario di SGL
  pdf  Omelia di S.E. Mons. L. Baldisseri in 75° anniversario di SGL


Pubblicato in 2013
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