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Domenica, 11 Marzo 2012 06:39

Il mercato del sacro

185Esiste anche una fede di cui Gesù non si fida. Si tratta di quell'avida attrazione per il segno paranormale con cui gli umani amano identificare la dimostrazione di forza del divino. Quando pare loro di intravederne delle manifestazioni, subito si precipitano nel suo perimetro convinti di avere in qualche modo parte dei suoi effetti. La chiave di volta di questa disinvolta febbre per il prodigio è l'equazione di principio fra il divino e il potere. Dio deve essere potente. L'equazione del resto è transitiva. Il potere è divino. Umano o trascendente che sia. L'uomo di potere difatti sa emanare un'aura di attrazione entro i confini della quale molti si precipitano a rifugiarsi. Scambiato per un dio, l'uomo di potere può gettare alla folla spiccioli della propria sovrana autosufficienza potendo contare sull'adorante e riconoscente compiacimento dei deboli. Dove scarseggia la dignità hanno più successo i padrini dei padri. Il cerchio sacro della loro influenza genera una forma di fede che ha l'oscura intensità della magia.


Di questa fede Gesù diffida profondamente. Soprattutto quando sono i suoi segni a generarla. Non solo nel caso dei semplici che lo ammirano, ma anche sotto la pressione di dotti giudei, protettori della tradizione e custodi della Scrittura, che lo mettono alla prova chiedendogli un segno a legittimazione di un gesto di lesa maestà alle devozioni del tempio. Quale soprannaturale prova di autorevolezza aggiungere a soccorso di una ribellione dello spirito che dovrebbe apparire sacrosanta anche se compiuta dall’ultimo credente nascosto in mezzo alla folla, poiché fondato dai secoli dei secoli nel cuore dell'alleanza e sigillato senza pentimenti nella lettera della Scrittura? Quale prova di autorità invocare per un atto di autentica e necessaria indignazione che dovrebbe essere precisamente compito di questi dotti teologi trasformati in inquisitori da santuario? Nessuna. Perché qualsiasi segno di autolegittimazione confermerebbe alla distorsione spirituale dei dotti come dei semplici l’idea che appunto al divino si deve dare credito ogni volta che sciorina gli incantesimi del suo potere.

 
Sicché Gesù lancia l'enigmatica sfida di un segno destinato a passare per il crogiolo dell’impotenza. Distruggete questo tempio e lo tiro su nuovo in tre giorni. Rebus gettato tra le gambe degli interlocutori. Occhio strizzato al lettore che, alla luce della pasqua, sa perfettamente risolvere l'enigma. Si vedrà bene l'origine dell'iraconda allergia del rabbino Gesù per questa irreligiosa parata di devozione cash. Ma lo si potrà vedere solo scoprendo che la vera casa di Dio nella storia è la carne umana del Figlio.


Non esiste nessun sacro potere presso il cui alone sottrarsi alle prove della vita. Solo fedeltà sempiterna di un Dio che sta per primo, punto per punto, sotto la legge della responsabilità, della cura, del discernimento. Legge che fonda l'amicizia con Dio e salva il patto fra gli uomini, il cui primo comandamento chiede di non sbagliarsi mai: non scambiare Dio per un qualsiasi padreterno di questa terra. Il Dio di Gesù ha più eleganza. (Giuliano Zanchi)


 
Sabato, 03 Marzo 2012 17:04

Fede nell’alleanza

184Il fascino irrequieto esercitato dal racconto del mancato sacrificio del figlio di Abramo, su cui giustamente sono stati versati fiumi di inchiostro, ha la consistenza delle emozioni catartiche indotte dalle tragedie greche. Il tema di fondo, del resto, staziona attorno a orbite del tutto simili. L'incommensurabile fragilità della libertà umana contro l'indecifrabile strapotere del divino. La libertà non è che un perimetro illusorio? Il divino è puro arbitrio a dimensione trascendente? L'vventura umana è forse il periglioso camminare in punta di piedi sul filo di rasoio della dipendenza? Esiste qual­cosa di sacro che non sia perciò stesso dispotico? Nelle antiche tragedie - come si sa - il peso del divino è schiacciante. La libertà, più che umana, è eroica. La testimonianza biblica - come testimonia questo controverso racconto - conserva la questione. Mantiene persino il copione di una tragedia standard in cui il divino mette alle corde l'uomo imponendogli il sacrificio più disumano che si possa immaginare. Ma la strategia del racconto è precisamente quella di disinnescare il cortocircuito di fondo. Si esprime in forma narrativa quello che nella realtà è una fondamentale conquista teologica. Il Dio dell'alleanza non ha certamente bisogno di prove del sangue per tenere viva la sua alleanza con gli umani. Ci vorranno la Legge e i Profeti, lungo secoli di un duro e continuo esercizio di riscrittura, per radicare il popolo dell'alleanza nelle impegnative conseguenze legate a questa convinzione. Ma questa nuova sapienza, che consente all'uomo di rivolgersi a Dio secondo il registro della confidenza e non dell'asservimento discende direttamente dal monte su cui si è impedito alla fede di Abramo di esprimersi in forma disumana. L'umanità di Dio ha cominciato lì a risplendere. Nell'incarnazione del Figlio essa avrebbe dovuto riaccendersi in modo del tutto definitivo. Sempre sopra una montagna - dove nella Scrittura accade ogni evento di rivelazione essa dà a vedere l'abisso teologale di cui è na­scosta e quotidiana manifestazione il corpo umano di Gesù. Marco, mentre imbastisce questo racconto di sapore del tutto escatologico non è altro che una variante delle apparizioni postpasquali del Risorto - è cosciente di presentare una sorta di itinerario iniziatico a beneficio del discepolo. Come tanti Isacco, ignari discepoli vengono condotti in cima al monte per comprendere la vera natura del divino che si rivela nella vita del maestro di Nazareth. Intanto essa resta incomprensibile se non compresa alla luce della Legge e della Profezia Mosè ed Elia - esattamente come per i frastornati discepoli di Emmaus. Guardate Gesù alla luce della Legge e dei Profeti e diventa più bianco della neve.

Tuttavia questa rivelazione gloriosa del Figlio sarà vera gloria soprattutto nell'atto della donazione suprema. Allora lì si capirà fino in fondo la profonda umanità del Dio dell'alleanza. Se, per tenerla viva, qualche figlio si deve sacrificare, Dio sacrifica il suo, non quello degli altri. Chi più del Padre di Gesù ha fede nell'alleanza? (Giuliano Zanchi)


 
Sabato, 03 Marzo 2012 16:53

Delegazione cilena in ritiro

SDC10121Dal 27 al 2 marzo i sacerdoti e i fratelli della delegazione cilena si sono  ritrovata in ritiro all’inizio dell’anno pastorale presso la casa di esercizi “Zenta Mayer” a Valdivia. Le riflessioni sono state tenute da P. Edoardo Winser OMD sul tema: “Conversione e Riconciliazione: un camino di guarigione integra del nostro essere".

 

2 marzo 2012

 
Domenica, 26 Febbraio 2012 13:24

Verso l’estate giovani OMD 2012

Giovani-OMDIl Centro di Pastorale Giovanile e Vocazionale OMD ha reso note le date dell’estate giovani OMD 2012. I campi si terranno dal 19 al 22 luglio per giovanissimi: 14-16 anni; Laboratorio della fede e della vita per Giovani adulti: 20-35 anni; Taizé un cammino di Riconciliazione sulla terra: giovani 17-25 anni. Per le iscrizioni rivolgersi ai parroci delle parrocchie OMD o contattare il sito www.giovanileonardini.org

26 febbraio 2012

Domenica, 26 Febbraio 2012 13:12

Professione e diaconato in Nigeria


1Ha emesso i voti solenni nelle mani del Delegato P. J. Methos  ed è stato ordinato diacono dal Vescovo Obinna di Owerri  il chierico Onuoha Jude della Delegazione nigeriana.

26 febbraio 2012

Domenica, 26 Febbraio 2012 11:44

A Roma Convegno su Papa Odescalchi

Innocenzo-XIDa giovedì 23 a sabato 25 febbraio a Roma si terrà un convegno internazionale dedicato a Innocenzo XI Odescalchi (1611 – 1689) in occasione del quarto centenario della nascita. La manifestazione è organizzata dall’Istituto della Enciclopedia Italiana Treccani, dal Centro Studi sulla Cultura e l’Immagine di Roma, dall’Istituto Storico Austriaco a Roma, dall’Istituto Storico “Fraknòi” presso l’Accademia d’Ungheria a Roma, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, dal Dipartimento di Filologia e Storia dell’Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale, dal Dipartimento di Scienze Tecniche e Applicate dell’Università degli Studi dell’Insubria, dal Dipartimento di Storia Moderna e Contemporanea della “Sapienza” Università degli Studi di Roma e con il sostegno di Sorgente – Group Roma. Benedetto Odescalchi (Como 1611 – Roma 1689), cardinale dal 1645, legato di Ferrara (1645–50), vescovo di Novara (1654), fu eletto papa, benché riluttante, alla morte di Clemente X (1676) e assunse il nome di Innocenzo XI. Il suo pontificato fu caratterizzato da un rigoroso impegno religioso, dalla condanna del nepotismo e dagli sforzi di moralizzazione dei costumi ecclesiastici e laici. In campo dogmatico, avversò il “probabilismo” teologico-morale e il lassismo dei gesuiti; prima tollerante con il quietismo, lo condannò nel 1687. Energico difensore dell’autorità del pontificato, ebbe quasi perpetua contesa con Luigi XIV, in particolare per la pretesa del sovrano di imporre i quattro articoli delle libertà gallicane che prefiguravano una Chiesa nazionale francese svincolata dall'obbedienza romana (1682); la decisione di Innocenzo XI di scomunicare Ch. De Beaumanoir (1687–88), ambasciatore di Francia presso la Santa Sede, provocò per rappresaglia l’occupazione di Avignone e del Contado Venassino da parte di Luigi XIV. Ma la sua principale mira fu una grande crociata cristiana contro i Turchi: tale disegno non poté essere realizzato per i contrasti tra i vari stati europei, ma la diplomazia del papa non fu per questo inattiva e favorì l’alleanza tra l’imperatore e Giovanni Sobieski di Polonia e l’adesione di Venezia alla Lega Santa nel 1684. Venerato come santo alla sua morte, il processo di beatificazione, iniziato nel 1714, si è concluso con la beatificazione il 7 ottobre 1956.   Il convegno sarà articolato in quattro sessioni, di cui la prima, giovedì 23 febbraio alle ore 14.30, dedicata al tema La corte romana fra politica e spiritualità, si terrà presso la Sala Igea di Palazzo Mattei di Paganica (piazza della Enciclopedia Italiana 4), storica sede della Treccani, con gli interventi di Gianvittorio Signorotto, Maria Antonietta Visceglia, Antonio Menniti Ippolito, Massimo Giannini, Stefania Nanni, Silvano Giordano e Renata Ago. La seconda e la terza sessione (Il respiro europeo dell’azione papale e L’arte innocenziana) si terranno presso la sede dell’Istituto Storico Austriaco (viale Bruno Buozzi 113) rispettivamente alle ore 9.00 e alle ore 14.30 di venerdì 24 febbraio. La quarta e ultima sessione, La città innocenziana, si svolgerà sabato 25 alle ore 9.00 presso la sede dell’Istituto Storico “Fraknòi” (Palazzo Falconieri, via Giulia 1).

Roma 26 febbraio 2012


pdf  Programma del Convegno (1.04 MB)


Sabato, 25 Febbraio 2012 14:21

I primi passi

183Questa specie di evangelo in nuce che Pietro, o chi scrive per lui, depone tra le righe di una lettura indirizzata alla sua comunità, ha tutta la consistenza di una Summa teologica ridotta ai minimi termini, ma in grado di avvitare in un unico punto di considerazione  tutte le tappe essenziali della costruzione salvifica amorevolmente edificata attorno alla vita umana. L’autore di questa lettera ricongiunge, con una sola manciata di parole, le arcate temporali di un’architettura della grazia che  nel Cristo risorto la sua chiave di volta. Si parte difatti dalla sua morte. Atto sacrificale dalla portata definitiva dal cui spiraglio il fendente della grazia divina  riesce a penetrare nei recessi dove stazionano in attesa le generazioni di un’alleanza ormai antica. Finalmente raccoglie i suoi frutti la pazienza divina. La salvezza di Noè si può guardare adesso come profezia di un miracolo incalcolabilmente più efficace. Stesso segno dell’acqua. Ma, grazie alla pasqua del Figlio, veicolo di una riconciliazione universale, capace ormai di vincolare i confini dello spazio e di penetrare, da cima a fondo i depositi del tempo. A partire da qui l’architettura teologica rimbalza direttamente oltre la storia e al di là del tempo. Solo dall’alto di questa vertiginosa visione si può inquadrare  nell’ampio reticolato viario della vocazione cristiana l’elementare segmento di conversione verso cui s’imbocca il discepolo di oggi, chiamato ancora alle elementari distanze della sequenza quaresimale, come i primi tentennanti passi di un bambino che impara ancora a muovere le gambe. La liturgia con le sue selezioni bibliche, ricollega simbolicamente il cammino al tempo delle origini, a quel discernimento originario degli spiriti che costituisce la sostanza del mito genesiaco, evocato in questo caso attraverso la grande prova del diluvio. Nell’economia dei primi undici capitoli di Genesi, che sono una sorta di unitario romanzo delle origini, la vicenda del diluvio rappresenta come l’esito di un dilagare inarrestabile del male che coincide con una ferma e irremovibile conferma dell’alleanza. Questo non è un Dio portato a pentirsi. Se necessario, rimodella all’infinito la sua creazione, ripartendo da quel poco di fango buono che rimane. Il resto è semplice congettura umana. L’accento è infatti posto sulla grande scena in cui il Dio degli eserciti viene descritto come un guerriero che appende in cielo il proprio arco, deciso ad attaccarlo per sempre al chiodo, per liquidare una volta per tutte la logica dispotica del sacro arcaico. Ma la prova non è originaria perché avviene in un presunto inizio cronologico. Essa è originaria perché rappresenta il motore enigmatico di ogni desiderio. Sempre e ovunque esista un essere che voglia considerarsi umano. Nemmeno il Figlio può realmente immettersi in una reale avventura umana senza attraversare il crogiolo del desiderio messo alla prova. Marco la racconta con laconica levità. A Marco basta assicurarci dal fatto che nulla è stato risparmiato al Figlio (Giuliano Zanchi)


 
generaleIl P. Generale P. Francesco Petrillo, ha celebrato il rito delle ceneri nella Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli a Roma. Durante l’omelia ha ricordato ai confratelli e fedeli radunati che: “la ‘fedeltà del Signore resta in eterno’; che Egli è Grazia che si comunica immutabilmente in eterno. Ma dal punto di vista nostro, di noi abitanti del tempo, c’è un cammino per entrare nel mistero di Cristo: non tutti i giorni sono uguali. Ora uno dei tempi più ricchi di grazia, anzi il tempo più ricco di grazia, è quello che inizia questa sera e terminerà la sera di Pentecoste. Come allora dobbiamo entrarvi?

La santa Liturgia che stiamo celebrando ce lo insegna. La Quaresima inizia con un rito severo: l’imposizione delle ceneri. Esse al contempo ci ricordano la verità ultima della nostra condizione creaturale e, come significa presso ogni religione il gesto di cospargersi il capo di cenere, sono segno di grave pentimento. Le due cose sono strettamente connesse. La prima e fondamentale conversione è la conversione alla verità di se stessi; è il voler vivere non nelle illusioni di ciò che pensiamo di essere ma non siamo, ma nella luce della nostra reale condizione.”.  Inoltre,  ha proseguito il Padre: “Oggi la Chiesa annuncia pubblicamente il ‘mistero di iniquità’ ed il ‘mistero della pietà’ nella loro indissolubile connessione. Connessione che è stata costituita nel sacrificio di Cristo: trattato da peccato [ecco il ‘mistero di iniquità’], in nostro favore [ecco il ‘mistero della pietà’]. ‘Perché noi potessimo diventare per mezzo di lui giustizia di Dio’. Nel sacrificio di Cristo è posta la possibilità di una nuova umanità, della rigenerazione della nostra persona. Nel vocabolario cristiano si chiama ‘conversione’. Oggi noi iniziamo ‘un cammino di vera conversione’.

Durante queste settimane di quaresima, dobbiamo uscire da noi stessi, dalla falsità cioè del nostro modo di essere, per entrare nel mistero redentivo di Cristo, che la Chiesa rende attuale nella sua Liturgia: entrarvi con tutto se stessi, appropriarsi della giustizia di Dio in Cristo Gesù.”.

23 febbraio 2012

 
Benedetto ceneriIl senso liturgico della cenere, che oggi i fedeli ricevono, è stato al centro dell’omelia del Papa che questo pomeriggio, nella Basilica di Santa Sabina, ha presieduto la Santa Messa con il Rito di benedizione e imposizione delle ceneri. Prima, la processione dalla Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino. Con il Mercoledì delle Ceneri inizia dunque la Quaresima, cammino verso la Pasqua.

Il Papa riceve le ceneri sul suo capo dal cardinale r2t6qef Tomko, titolare della Basilica. Quindi le impone ai cardinali, ad alcuni monaci, religiosi e fedeli. “Ricordati che sei polvere e in polvere tornerai”. Queste parole, tratte dal Libro della Genesi, vengono pronunciate dopo il peccato originale quando Dio punisce l’uomo e la donna e maledice il suolo. Per ripercorrere il senso liturgico della cenere, Benedetto XVI si richiama a questo passo della Scrittura e a quello della creazione dell’uomo che avviene appunto “con polvere del suolo”:

“Ecco dunque che il segno della cenere ci riporta al grande affresco della creazione”.

 La polvere del suolo con cui è plasmato l’uomo, che prima della caduta è capace di germinare ogni sorta di alberi, subisce “una trasformazione negativa a causa del peccato”: concederà i suoi frutti solo in cambio di dolore e sudore. La terra dunque partecipa della sorte dell’uomo e non richiama più solo il gesto di Dio creatore, tutto aperto alla vita, ma diventa un segno di un inesorabile destino di morte. Ma “la maledizione del suolo ha anche una funzione medicinale” nel senso che l’intenzione di Dio è sempre benefica, “è più profonda della sua stessa maledizione” che “è dovuta non a Dio ma al peccato”. Dio però “non può non infliggerla, perché rispetta la libertà dell’uomo e le sue conseguenze, anche negative”. Anche nella punizione permane dunque un’intenzione buona che viene da Dio:

o: «Polvere tu sei e in polvere tornerai!», insieme con la giusta punizione intende anche annunciare una via di salvezza, che passerà proprio attraverso la terra, attraverso quella «polvere», quella «carne» che sarà assunta dal Verbo”.

Ed è in questa prospettiva salvifica che il passo della Genesi viene ripreso nel Mercoledì delle Ceneri:

“come invito alla penitenza, all’umiltà, ad avere presente la propria condizione mortale, ma non per finire nella disperazione, bensì per accogliere, proprio in questa nostra mortalità, l’impensabile vicinanza di Dio, che, oltre la morte, apre il passaggio alla risurrezione, al paradiso finalmente ritrovato”.

 Quindi il Papa si sofferma sulla “possibilità per noi del perdono divino” che dipende essenzialmente dal fatto che Dio stesso, nella persona del suo Figlio, ha voluto condividere la condizione umana eccetto la corruzione del peccato. E dunque l‘amore di Dio si rende visibile:
“Quel Dio che scacciò i progenitori dall’Eden, ha mandato il proprio Figlio nella nostra terra devastata dal peccato, non lo ha risparmiato, affinché noi, figli prodighi, possiamo ritornare, pentiti e redenti dalla sua misericordia, nella nostra vera patria”

 Nella Basilica di Santa Sabina dove ha celebrato l’Eucaristia con il rito delle Ceneri, Benedetto XVI è arrivato in processione dalla Chiesa di Sant’Anselmo all’Aventino a bordo di un piccolo automezzo. E dunque con il Rito delle ceneri inizia la Quaresima. (Radio Vaticana)


 
Sabato, 18 Febbraio 2012 22:10

Benedetto XVI crea 22 nuovi cardinali

CardinaliServite la Chiesa “con amore e vigore”, uniti in modo indissolubile al Papa. Benedetto XVI ha chiesto questo impegno ai 22 nuovi cardinali, creati e pubblicati nel Concistoro ordinario pubblico presieduto stamattina nella Basilica di San Pietro. Al termine, il Papa e il rinnovato Collegio cardinalizio hanno proceduto al voto sulle Cause di canonizzazione di sette Beati. Al servizio del Servo dei servi di Dio. È questo l’onore della porpora cardinalizia. In alto, accanto a Pietro, perché costituiti pietre, assieme a lui, sulle quali la Chiesa di oggi si appoggia trovando stabilità, traendo forza, direzione e luce come la prima Chiesa al tempo degli Apostoli. Ai nuovi ammessi nel Collegio cardinalizio, Benedetto XVI ha riproposto la sostanza di un ruolo che, ha detto, vi unisce “con nuovi e più forti legami non solo al Romano Pontefice ma anche all’intera comunità dei fedeli sparsa in tutto il mondo”. L’allocuzione del Papa ha preceduto la cerimonia di consegna della berretta rossa, dell’anello e del titolo di una chiesa di Roma o di una diocesi suburbicaria. E prima di presiedere un rito dalle cadenze antiche, il Papa ha voluto indicare il senso di quel “rosso”, emblema di una “dedizione assoluta e incondizionata”, fino – “se necessario” – all’effusione del sangue: “A loro, inoltre, è chiesto di servire la Chiesa con amore e vigore, con la limpidezza e la sapienza dei maestri, con l’energia e la fortezza dei pastori, con la fedeltà e il coraggio dei martiri. Si tratta di essere eminenti servitori della Chiesa che trova in Pietro il visibile fondamento dell’unità”.

19 febbraio 2012

 
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