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stemma e nome

P.-Gianfranco-Marchi-50“Questo impegno non si può compiere senza l’opera di due mani: quella di Dio e quella dell’uomo”. Con queste parole P. Marchi ha voluto condividere con noi la sua storia e la sua consacrazione, facendo ricordo del suo 50° anno di Professione Solenne nell’Ordine della Madre di Dio. Infatti, vivere la propria consacrazione richiede prima di tutto il lasciarsi prendere per mano, per essere guidati verso la piena conformazione a Cristo, nostro modello. E, per farlo, bisogna imparare giorno dopo giorno a lasciarsi guidare, come fin ora a fatto P. Gianfranco, da Dio e dai fratelli. E’ per questo motivo, che ci siamo riuniti il lunedì 2 luglio, insieme P. Marchi per celebrare e Rendere Grazie al Signore per il suo dono. Per l’occasione erano presenti il Rev. mo P. Generale Francesco Petrillo, i suoi confratelli di comunità, P. Felix, alcuni suoi parenti e tanti amici e fedeli della parrocchia san Giovanni Leonardi.  La testimonianza che ci regala P. Marchi con questa, memoria della sua consacrazione, non solo è un evento silenzioso e gioioso per tutti noi. E’ anche la possibilità di riscoprire una vita piena di speranza e di incoraggiamento per quanti sperimentano in P. Gianfranco un sostegno e un amico sempre presente. Ad Multus annos P. Marchi!!!

 

7 luglio 2012
 
Lunedì, 09 Luglio 2012 10:26

Quotidiana profezia

202A Nazaret va in scena il conflitto perenne tra quotidiano e profezia. All'inizio parole e prodigi di Gesù stupiscono, immettono un «di più» dentro la normalità della vita. Poi l'ordinario instaura di nuovo la sua dittatura. Che un profeta sia un uomo straordinario, carismatico, ce lo aspettiamo. Ma che la profezia sia nel quotidiano, in uno che non ha cultura e titoli, le mani segnate dalla fatica, nel profeta della porta accanto, questo ci pare impossibile. A Nazaret pensano: «Il figlio di Dio non può venire in questo modo, con mani da carpentiere, con i problemi di tutti, non c'è nulla di sublime, nulla di divino. Se sceglie questi mezzi poveri non è Dio». Ma lo Spirito scende proprio nel quotidiano, fa delle case un tempio, entra dove la vita celebra la sua mite e solenne liturgia. Noi cerchiamo Dio, il pastore di costellazioni, nell'infinito dei cieli, quando invece è inginocchiato a ter­ra con le mani nel catino per lavarci i piedi. Ed era per loro motivo di scandalo. Che cosa li scan­dalizza? Scandalizza l'umanità, la prossimità. Eppure è proprio questa la buona notizia del Vangelo: che Dio si incarna dentro l'ordinarietà della vita. Gesù cresce nella bottega di un artigiano, le sue mani diventano forti a forza di stringere manici, il suo naso fiuta le colle, la resina, il sudore di chi lavora, sa riconoscere il legno al profumo e al tatto. Una intuizione luminosa di Heidewick di Anversa: «Ho capito che questa è la compiuta fierezza dell'amore: non si può amare la divinità di Cristo senza amare prima la sua umanità». Riscoprire ogni frammento, ogni fremito di umanità nel Vangelo, cercare tutte le molecole di umanità di Gesù: il suo rapporto con i bambini, con gli amici, con le donne, con il sole, con il vento, con gli uccelli, con i fiori, con il pane e con il vino. Il suo modo di avere paura, il suo modo di avere coraggio e come piangeva e come gridava, e la sua carne bambina e poi la sua carne piagata, e poi il suo amore per il profumo di nardo a Betania, la casa de­gli amici. Amare l'umanità di Gesù, perché il Vangelo rivela pro­prio questo: che il divino è rivelato dall'umano, che Dio ha il volto di un uomo. Gesù al rifiuto dei compaesani mostra il suo candore, il suo bellissimo cuore fanciullo: «Non vi poté operare nessun prodigio» scrive Marco, ma subito si corregge: «Solo impose le mani a pochi malati e li guarì». Il Dio rifiutato si fa ancora guarigione, anche di pochi, anche di uno solo. L'amante respinto continua ad amare anche pochi, anche uno solo. L'amore non è stanco: è solo stupito. Il nostro Dio non nutre rancori o stanchezze, ma la gioia impenitente di inviare sempre e solo segnali di vita attorno a sé. (E. Ronchi)

 
Lunedì, 09 Luglio 2012 10:07

Oblate del Bambino Gesù in festa

Oblate-del-Bambino-Ges-in-festa-1La Congregazione delle suore oblate del Bambino Gesù fondate dai servi di Dio P. Cosimo Berlinsani OMD e Anna Moroni, hanno festeggiato sabato 30 giugno e domenica 1 luglio i 340 anni di fondazione (1672).Un ricco programma formativo e spirituale è stato presentato dalle Oblate in queste giornate, dalle conferenze pomeridiane al momento di spiritualità con gli inni e i salmi concertati dal Vespro della Beata Vergine nella Roma dei Papi tra rinascimento e barocco con brani di de Victoria e C. Monteverdi, eseguiti dalla Cappella Musicale di Santa Maria in Campitelli. Domenica 1 luglio la conferenza commemorativa tenuta dal P. Generale P. Francesco Petrillo, ha rinnovato l’urgenza della santità per il nostro tempo: “abbiamo bisogno dei santi!”. In effetti, ha proseguito il Padre: “Celebrare significa per un verso conoscere secondo verità, ma anche rinnovare in “fedeltà creativa” e dunque interpretare alla luce del ‘nostro tempo’.Ci si dovrà chiedere, con fedeltà e creatività, quali sono gli aspetti della loro illuminazione carismatica  di Anna Morioni e Cosimo Berlinsani, che permangono immutabili. Ci si chiede se la loro vita è una vita da santi per santificare anche noi. Per capire la loro vita che Cristo è risorto  e vive in  mezzo a noi”. In mattinata la solenne concelebrazione presieduta dall’Arcivescovo r2t6qeph Tobin William  Segretario della Congregazione degli Istituti di Vita Consacrata e le Società di Vita Apostolica.

 
2 luglio 2012

 
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Relazione del Rev.mo P. Generale
Venerdì, 06 Luglio 2012 16:45

Lariano Esercizi Spirituali OMD

eserciziCelebrati a Lariano dal 25 al 30 giugno gli esercizi spirituali dell’ordine a guidarli don Giuseppe Sovernigo sacerdote della diocesi di Treviso sul tema “Riconciliati per riconciliare”. Tale esperienza richiede l’incontro con Dio con se stessi e con gli altri ed avviare un autentico cambiamento. “Stiamo vivendo in un periodo di forte conflittualità a tutti i livelli,- ha affermato- e credo che vivere riconciliati sia una delle aspirazioni più profonde delle persone, perché va a beneficio della gioia e della pienezza di vita che ciascuno cerca, soprattutto dopo aver sperimentato l’ostilità, la lotta, il risentimento, la rottura di una relazione. Non è un’operazione facile, perché incontriamo numerosi ostacoli dentro e fuori di noi o del nostro gruppo. Bisogna allora mettersi nella strada della formazione permanente, umana e spirituale, ed esercitarsi continuamente per scoprire quali siano le fratture che bloccano la riconciliazione, che cosa la faciliti o la ostacoli, quali passi bisogna muovere per favorirla concretamente”. Il corso degli esercizi conclude l’itinerario voluto dal 110 Capitolo Generale che ha chiesto di puntare in questi anni sui temi della Riconciliazione come terapia umana e spirituale.
 
Venerdì, 06 Luglio 2012 16:21

Commemorazione di P. Migliaccio

in-memoria-di-PAlla presenza di numerose personalità ed amici è stato commemorato lunedì 25 giugno P. Lucio Migliaccio già XXIX Rettore Generale dell’Ordine. Nelle parole di accoglienza ai convenuti il Rettore Generale ha messo in evidenza i tratti di umanità e della spiritualità vissute da P. Migliaccio e la sua capacità a mettere in comune il desiderio fattivo di molti nell’esercizio della carità. Per non lasciare cadere tanta storia di bene, il P. Generale ha proposto la costituzione di una fondazione dal titolo “Amen” proprio perché la carità nasce dalla fede ed è da questa supportata. Il solenne amen che conclude lo “Stabat del Pergolesi”, eseguito, insieme ad altri Brani di Durante e Gardella, dalla Cappella Musicale di S. Maria in Campitelli, diretta dal M° Vincenzo Di Betta, ha evocato questo contatto con l’animo romantico napoletano che P. Migliaccio incarnò e che ancora oggi è vivo nella memoria di tutti. Sono intervenuti S. Ecc.za Rev.ma Mons. Matteo Zuppi Vescovo Ausiliare del Settore Centro di Roma, ed il Signor Vincenzo Morelli che ha proposto in memoria di P. Lucio il restauro dell’Organo monumentale di Santa Maria in Campitelli costruito dall’austrica famiglia Riger e inaugurato nel 1909.

27 giugno 2012
 
Domenica, 01 Luglio 2012 05:11

Alzati

201Gesù cammina verso la casa dove una bambina è morta. Cammina ed è Giairo, il padre, a dettare il ritmo; Gesù gli cammina vicino, offre un cuore perché possa appoggiarvi il suo dolore: «Non temere, soltanto continua ad aver fede». Ma come è possibile non temere quando la morte è entrata in casa mia, e si è portata via il mio sole? Secondo Gesù il contrario della paura non è il coraggio, da scovare a fatica nel fondo dell'animo, ma la fede: Tu continua ad aver fede. Anche se dubiti, anche se la tua fede non ha nulla di eroico, lascia che la sua Parola riprenda a mormorare in cuore, che il suo Nome salga alle labbra con un'ostinazione da innamorati. Aver fede: che cosa significa? La fede è un atto umanissimo, vitale, che tende alla vita e si oppone all'abbandono e alla morte. È aderire: come un bambino aderisce al petto della madre, così io aderisco al Signore, ho fiducia nella madre mia, un bambino appena svezzato è il mio cuore. Giunsero alla casa e vide trambusto e gente che piangeva. Entrato, disse loro: «Perché piangete? Non è morta questa bambina, ma dorme». Dorme, come tutti i nostri che ci hanno preceduto e che sono in attesa del risveglio. Dormono, come una parentesi tra questo sole e il sole di domani, e per Dio l'ultimo risveglio è sulla vita.  Lo deridono, allora, con quella stessa derisione con cui dicono anche a noi: tu credi nella vita dopo la morte? Ti inganni, ti sbagli, sei un illuso, non c'è niente dopo la morte. Ma la fede biblica è che Dio è Dio dei vivi e non dei morti, che le «creature del mondo sono portatrici di salvezza e in esse non c'è veleno di morte. Dio non ha creato la morte» (Sap 1,13-14). Gesù cacciati fuori tutti, prende con sé il padre e la madre, ricompone il cerchio vitale degli affetti, il cerchio dell'amore che fa vivere. Poi prende per mano la bambina. Non era lecito per la legge toccare un morto, ma Gesù profuma di libertà. E ci insegna che bisogna toccare la disperazione delle persone per poterle rialzare. La prende per mano. Chi è Gesù ? Una mano che ti prende per mano. La sua mano nella mia mano. E le disse: «Talità kum. Bambina alzati». Lui può aiutarla, sostenerla, ma è lei, è solo lei che può risollevarsi: alzati. E lei si alza e si mette a camminare. A ciascuno di noi, qualunque sia la porzione di dolore che portiamo dentro, qualunque sia la porzione di morte, il Signore ripete: Talità kum. In ognuno di noi c'è una vita che è giovane sempre: allora, risorgi, riprendi la fede, la lotta, il sogno. Su ogni creatura, su ogni fiore, su ogni uomo, su ogni donna ripete la benedizione di quelle antiche parole: Talità kum, giovane vita, dico a te, alzati, rivivi, risplendi. Tu porti salvezza. (E. Ronchi)

 
sinodoOccorre reagire con coraggio e dinamismo al problema del “distacco della fede”, che attanaglia il mondo contemporaneo, e immaginare "nuovi strumenti e nuove parole" per rendere comprensibile “nei deserti del mondo” la Parola di Dio. Su questo binario corrono le pagine dell'Instrumentum Laboris del prossimo Sinodo dei Vescovi, dal 7 al 28 ottobre prossimi, sul tema: "La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana". Il documento, presentato oggi in Sala Stampa Vaticana, aiuterà a tracciare un itinerario concreto per diffondere il Vangelo, passando per una  “fede professata, celebrata, vissuta e pregata”.

24 giugno 2012



 
Speziale-XII-secUna storia della medicina attraverso i santi. “L’arte del guarire” di Paolo Giulisano edito da Ancora 2012.  La storia della medicina non è soltanto la storia di invenzioni, di scoperte, di progressi scientifici. È anche la storia di uomini che hanno dedicato la propria vita a prendersi cura di chi soffre. Medici, ma anche infermieri, o altre figure che fin dall'antichità praticarono in modo eroico, fino alla santità, l'arte del guarire. Da Gesù Cristo, che era anche medico, al Medioevo che inventa gli ospedali, fino al Rinascimento e infine alla modernità ipertecnologica, dove chi soffre ha bisogno anzitutto di una presenza umana accanto a sé. Alle pagine 120-124 Giulisano ricorda i tratti de “Il santo farmacista” per il Leonardi infatti: “prudenza e ponderata fermezza” – due qualità da buon medico e buon farmacista – devono guidare la Chiesa nell’applicazione dei rimedi”. Provocazioni che trovano ampio consenso per la Chiesa del nostro tempo.

23 giugno 2012

Sabato, 23 Giugno 2012 07:00

Protagonisti dei tempi nuovi

200L’accorato annuncio che Isaia mette sulla bocca di questo anonimo servo dell’Altissimo chiama in causa un futuro di pienezza nel quale Giovanni il Battezzatore e Gesù il Nazareno si trovano a condividere la luminosa realizzazione. La liturgia, proponendolo in questa posizione di ascolto, costruisce abilmente i termini di una ambivalenza. Sono parole che dovrebbero valere per l’annuncio del Cristo. Ma risuonano in questo caso a definire gli sfumati contorni del ritratto del Precursore. Il sentiero su cui scorre la speranza con cui la fede dell’alleanza va incontro all’imminente avvento del servo del Signore, mette sulla stessa linea di continuità figure umane capaci di stare sotto la stessa luce profetica. Questo servo senza nome, chiamato fin dal grembo della madre, dalla lingua affilata come una spada, efficace come una freccia appuntita, ha tutte le caratteristiche richieste dall’attesa del Messia, ma possiede anche tutta l’energia e tutta l’autorevolezza che, a posteriori, si possono attribuire a questo nuovo Elia di nome Giovanni, chiamato dalla storia a introdurre la manifestazione del Figlio.

La sua dignità di cerniera che collega e, nello stesso tempo, separa l’economia dell’Antico Testamento da quella del Nuovo, lo assimila il più possibile alla vicenda umana del suo straordinario e definitivo successore. Anche la nascita di Giovanni precorre in qualche maniera quella di Gesù. Intanto, come nel caso del figlio di Maria rinnova la meravigliosa attitudine di un Dio abituato a confermare i segni tangibili delle sue migliori promesse attraverso la grazia di nascite impossibili, mediante il soccorso premuroso alla fragilità umana, alla sua impotenza a creare. Giovanni è uno dei tanti figli entrati in case senza speranza. In questi casi quello che conta non è l’idea di una sterilità biologica vinta dal prodigio soprannaturale. Quello che conta sta nell’invito a vedere ogni nascita come il prolungarsi del primordiale impulso della creazione. Nella catena delle generazioni il Dio dell’alleanza plasma la storia. Non gli servono fulmini, pestilenze, catastrofi. Ma solo la fede elementare nella quale ogni madre e ogni padre mettano al mondo un figlio sapendo che la vita nuova viene comunque da Dio.

Ma le storie dei due protagonisti dei tempi  nuovi sono parallele nel loro insieme. Luca gioca con abilità a preparare anche per Giovanni un’annunciazione, una gestazione consumata fra i misteri, una nascita costellata di prodigi, un’infanzia assistita dallo Spirito, insomma una biografia spirituale necessaria a portarlo più da vicino possibile al cospetto della dignità del Figlio. Davvero simili in tutto. Eppure differenti nell’essenziale. Giovanni è come Mosè. Vede la terra promessa ma non entra. Giovanni precorre il Nuovo Testamento ma rimane una figura dell’antica Legge. Ma la sua nascita è già il punto di non ritorno di un disegno della salvezza per il quale Dio non mostra pentimenti. L’Agnello è già da qualche parte. Ma anche  lo sguardo capace di riconoscerlo. (Giulio Zanchi)

 
Amalagam-India-6Durante lai visita del P.Generale in India, il 7 giugno mattina con la santa Messa dello Spirito Santo è stato  inagurato il nuovo Anno Accademico presso la casa di formazione in Amalagam a Madurai. Dodici aspiranti  andranno in università e due  inizieranno la filosofia. Durante l’Eucarisitia il Padre Generale ha insisto molto di unirsi  a Cristo Crucifisso centro della nostra vita. Dopo la celebrazione il Padre Generale, alla presenza del  Delegato P. Tommaso  e del P. Rettore P. Beno,  ha accolto la richiesta di cinque  nuovi aspiranti ad entrare nell'Ordine per un anno di discernimento.

21 giugno 2012

 
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