Curia Generale dell'Ordine
Rev.mo Padre Generale P. Luigi Antonio Piccolo OMD
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P. Rafael Andres Pereira Barbato OMD
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Il giorno 22 marzo 2018, cinque chierici dell'Ordine appartenenti alla Delegazione Indiana hanno ricevuto l'ordinazione diaconale in India. Il vescovo ordinante era il Mons. Thomas Paulsamy, il Vescovo della diocesi di Dindigul. L'Ordine invita questi nostri fratelli, i neo-diaconi; Stanley Jefferson, Lucas, Allwin, r2t6qeph Shaju e Maria Antony Sagayaraj al servizio dei fratelli attraverso la cura della Parola di Dio nella liturgia e carità fraterna. Continuamo a pregare il Signore per loro perché rimangano fedeli alla loro chiamata, perché per l'intercessione di Maria Madre di Dio, trovino la forza e la grazia per continuare il loro cammino di vocazione alla vita sacerdotale.
GALLERIA-DIACONATO IN INDIA.2018
Il giorno 6 gennaio 2018, durante la Solennità dell’Epifania, hanno donato se stessi al Bambino Gesù cinque chierici della Delegazione Indiana: Stanley, Lucas, Allwin, Saju e Sagayaraj. Essi, attraverso la loro professione solenne, si sono consacrati all’amore di Dio. Il Rettore Generale, il Rev.mo P. Vincenzo Molinaro ha ricevuto i loro voti durante una celebrazione partecipata. La Delegazione indiana ha invitato tutti i fedli e i confratelli presenti a ricordare nelle loro preghiere i cinque neo-professi.
Omilia del P. Generale nell’occasione della Professione Solenne in India
Celebriamo questa eucaristia con la stessa meraviglia dei pastori che si vedono sostituiti accanto al presepe da personaggi così importanti di stirpe regale. Celebriamo con la meraviglia dei bambini che in tanta parte del mondo, in questo giorno ricevono i doni, come accade per la prima volta a Gesù Bambino nel racconto di Matteo. Pur nella semplicità della narrazione, inserisce buona parte dell’annuncio evangelico. Celebriamo questa eucaristia come sigillo di un percorso compiuto da cinque dei nostri fratelli, i quali oggi vogliono depositare davanti all’altare un dono molto speciale al Bambino Gesù. Con questo mi piace di salutare i candidati alla professione solenne nell’Ordine della Madre di Dio, mi piace salutare tutta l’assemblea, e in essa i genitori e i parenti dei candidati, il P. Delegato dell’Ordine, il suo Consiglio, i confratelli tutti, i sacerdoti concelebranti, i professi, i postulanti, aspiranti.
Mi piace leggere questa pagina meravigliosa della storia dell’Ordine alla luce del mistero grande che celebriamo. Il Verbo Incarnato, il Figlio di Dio venuto tra gli uomini che si manifesta a tutta l’umanità. E’ questo un grido di gioia, ma è anche un grido di attesa per la grande moltitudine dell’umanità ancora priva di questo annuncio mentre nel medesimo tempo si diffonde tra i credenti uno spirito di secolarizzazione che contagia molti e li allontana dalla fede, se non da quella professata da quella vissuta. Questa nostra celebrazione risponde a una situazione di necessità, non tanto personale, familiare o di Istituzione, quanto a una necessità spirituale, di base, che non si può definire se non evangelica. Tante persone, tanta popolazione hanno fame di Dio, aspettano come diceva san Francesco Saverio qualcuno che parli di Cristo e non si trovano pastori, evangelizzatori, ministri della parola e dei sacramenti
Ebbene, fratelli e sorelle, ecco qui cinque candidati che stanno per compiere un passaggio decisivo. Questo non solo aprirà loro la porta al ministero sacerdotale, prima ancora li costituirà come Gesù consacrati al Vangelo, consacrati alla chiesa, all’Ordine della Madre di Dio. La professione religiosa dei voti di castità povertà e obbedienza significa propriamente mettere la propria esistenza nelle mani del Signore. Offrirla, come un dono, come una offerta, come un sacrificio puro e senza macchia portato davanti all’altare. La preziosità di questi doni è tale che non si può paragonare al più costoso dei regali. Veramente oggi abbiamo davanti a noi l’oro, l’incenso e la mirra del Vangelo. Senza fare allusioni troppo ardite di cui non abbiamo bisogno, possiamo dire che il dono dell’oro, dell’incenso e della mirra rappresentano i voti religiosi. Infatti Gesù riceve questi doni dai Magi, ma è lui che li trasforma rendendoli preziosi. E’ lui il vero re dell’universo, il redentore dell’umanità caduta nella colpa e assetata di Dio, è lui che si fa dono con gesto regale, è lui che dall’alto della Croce, innalzato, attrae a sé ogni creatura. Il dono dell’obbedienza che possiamo leggere dentro il gesto di Gesù di consegnarsi al Padre con totale fiducia, è quella obbedienza indefettibile che oggi i nostri fratelli prometteranno davanti a tutti. Non si tratta di una ispirazione del momento, venuta all’istante della lettura del vangelo che ha fatto sorgere nei loro cuori questo desiderio e questo slancio. Quanti anni, fratelli carissimi, avete covato questo sogno dentro di voi, forse con varie tentazioni e incertezze, ma oggi state per deporre sull’altare non tanto l’atto formale di una promessa, quanto l’aspirazione profonda che portate in cuore. Vivere da re, come Gesù, non facendosi governare e guidare dalle proprie esigenze o dai propri gusti, ma solo dalla parola del Signore che si manifesta a volta a volta nella parola del vangelo e in quella della chiesa.
Nel nostro Re, che oggi veneriamo bambino insieme ai Magi, splende anche il voto della povertà. Lo stiamo contemplando nella sua nascita in una condizione di povertà che oggi fa gridare allo scandalo. Poche sono le nazioni dove una madre che sta per partorire non trova accoglienza. Se questo accade noi gridiamo allo scandalo. Gesù invece, sceglie questa povertà. Anche voi, fratelli, oggi scegliete questa povertà. Fra un anno o fra dieci anni, non gridate allo scandalo se vi mancheranno le cose necessarie. Quello che oggi promettete è proprio questo, rinunciare a tutto. Rinunciare a una casa, a una famiglia, a una professione redditizia, a una discendenza, a dei figli, al denaro, al potere…rinunciate a tutto per diventare re come Gesù Cristo che non ha dove posare il capo. A quale scopo rinunciare a tutto? Per somigliare a Gesù, per servire come lui, per pensare solo al prossimo. Una sfida, fratelli, un andare contro corrente e qualcuno dice contro natura. Voi avete riflettuto bene su tutto questo e siete giunti alla decisione, donare, donare tutto, la vita e la morte. Nulla sia tra voi e il Cristo. La mirra, questo forte unguento allontana da voi l’odore e il timore della morte e vi conservi intatti fino alla venuta di Cristo Signore. Anche il vostro corpo partecipi di questa purezza, con il dono della castità che alla fine significa solamente amare Dio e amare il prossimo più di se stessi. Questo non vuol dire fare lo straordinario, vuol dire fare come Gesù. E’ lui che ha amato più di se stesso, si è consegnato alla morte, ma il Padre ha gradito il suo gesto e lo ha liberato dai lacci della morte. Questa è la nostra fede, fratelli, quello che muove i nostri passi e nostri sentimenti, le nostre decisioni, i nostri affetti.
Anche l’incenso ha la sua parte nella messa ed è un simbolo bellissimo della consacrazione del nostro cuore prima ancora del nostro corpo.
Mi pare di lasciare indietro una cosa importante se non dedicassi una riflessione al nostro Fondatore, san Giovanni Leonardi. Voglio cominciare dalla sua giovinezza, quando studiava come farmacista e secondo l’usanza conciliava lo studio con il lavoro. Alla fine, terminato il suo percorso, era pronto a installare una farmacia nel suo paese natio, per far felice sua madre e la sua famiglia. Ma il progetto di Dio su di lui era un altro. Egli si lasciò guidare, non considerò quanto era stato sprecato negli studi farmaceutici, ma semplicemente che tutto era grazia. Avvicinare tanti ammalati, tante persone dipendenti dalla medicina, tante persone bisognose di aiuto, di una parola, di un gesto. Ecco, quello che aveva imparato non sarebbe stato buttato via, ma valorizzato nell’ambito spirituale. Dalla malattia del corpo sarebbe passato a un trattamento spirituale. Giovanni Leonardi diventa sacerdote e si innamora dell’annuncio. Dell’accompagnamento spirituale, della riforma e della missione della chiesa. Il suo desiderio espresso nelle parole della tradizione di andare alle Indie, significava la sua volontà di andare dove c’era necessità dell’annuncio, non importa il paese quanto importa il bisogno. Con questa stella come guida, l’Ordine giunge in India e con la medesima stella giungerà a ogni luogo dove si manifesterà l’esigenza dell’annuncio.
Cari Fratelli, davanti a voi un percorso impegnativo, pieno di tentazioni. A volte vi sentirete soli: vi mancherà la vostra famiglia, vi mancherà una moglie, vi mancherà la tenerezza dei figli. A volte sarete tentai dalla ricchezza. Potere comprare quello che si desidera, le cose belle. Sentirsi importanti. Più spesso ancora sarete tentati dall’orgoglio, dalle vedute personali. Come vivere l’obbedienza? Come accettare che un altro ci dica quello che dovrete fare? La stella, la guida, la luce che non vi mancherà mai e che dovrete seguire per trovare la pace del cuore, la cometa che vi porterà a Betlemme, sarà solo l’Eucaristia. Il Pane, il Corpo donato, il sangue versato, ricevuto come pane di vita dal nostro Fondatore, è quello traccia il cammino. Non c’è consacrazione, non ci sono voti, non c’è fede senza il dono di sé. E non diventiamo anche noi Eucaristia, pane donato, sangue versato. Non si capisce l’obbedienza, la povertà, la castità senza la Pasqua del Signore. Oggi è la vostra Pasqua, il sacramento della vostra vita offerta, donata, gioiosamente. Offerta, donata, gioiosamente. Senza rimpianti, senza guardarsi indietro, al contrario pronti, vigilanti per rispondere a ogni chiamata dei fratelli che hanno bisogno di voi. La Vergine Maria che consegnò il Bambino Gesù ai Magi come lo consegnò al nostro Fondatore, oggi lo consegni a voi e voi fatene dono al mondo.
De Nativitate Domini
Exit Edictum [Lc. 2, 1]
Oh Dio mio! Oh creator e factor mio! Dove ti ritrovi. Dove alberghi, dove vuoi nascere! Qual cor’ non si liquefà, non vien meno, non si risolve in lacrime in questa consideratione?
Et factum est, dum essent ibi […]. Dove sono, o Gesù mio, I gran palazzi, I superbi edificij, l’alte torri quali all’altezza della maestà tua si convengono? E’ questo il tuo regal palazzo?
Oh altezza, oh superbia del mondo ché non ti confondi poiché il tuo Dio vol nascer in un loco così vile? E tu polvere e cenere, homicciolo vile non ti satij mai, mai ti contenti di edificar case sopra case, camere sopra camere, con che altro non mostri che di haver posto il tuoparadiso in questo mondo…
(Rielaborazione del testo di un’omilia di S. Giovanni Leonardi già registrata nelle carte 455-456)
Cari fratelli e sorelle, accogliamo questo Bambino con pace, amore e gioia,
questo è il vero Natale, amare gli uni e gli altri perché
quando si ama è sempre Natale. Festeggiamo con Maria Madre
di Dio, Carissimi in Cristo, la Speranza non delude mai, Cristo
è fedele alle sue promesse.
Vi auguriamo un santo Natale e felice Anno Nuovo.
Auguri Auguri Auguri!!!!!!!
Diaconato di Alexis Ortiz OMD
La Domenica 10 dicembre, il chierico Alexis Ortiz è stato ordinato diacono nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe a Quinta Normal (Santiago). Il Sacramento dell’Ordine gli è stato conferito da Mons. Oscar Blanco OMD, Vescovo di San Juan Bautista de Calama. L'Eucaristia era partecipata, tutti i fedeli della parrocchia, il neo-ordinato e la famiglia insieme ai parenti e gli amici erano contenti, tutti erano pieni di gioia ed emozione per la celebrazione e per il dono che Dio sta facendo alla Delegazione cilena, all’Ordine della Madre di Dio e alla Chiesa Universale. La presenza del nostro Superiore Generale, Rev.mo P. Vincenzo Molinaro è stata una gioia e un regalo notevole al neo-ordinato. Siamo tutti invitati a pregare per il diacono Alexis perché il Signore che ha iniziato quest’opera buona in lui possa portarla al compimento, anche perché il neo-ordinato possa servire il popolo di Dio con tutta la sua energia, e lo affidiamo all’intercessione della Madre di Dio.
Delegazione Nigeriana in Doppia Festa
Il 9 ottobre 2017 è stata una giornata memorabile per il nostro Ordine, poiché, oltre ad aver celebrato la festa del nostro padre fondatore, hanno fatto la loro professione solenne due dei nostri fratelli: Iheme Emmanuel Chibuike e Manu Christogonus Nnaemeka.
Per commemorare la celebrazione, il giorno precedente la professione solenne, duranti vespri, è stato organizzato un incontro in cui i candidati hanno dato testimonianza del loro cammino vocazionale.
Il giorno 9 ottobre 2017 la messa della professione solenne è iniziata alle 11.00 del mattino ed è stata presieduta dal Reverendo padre Stephen Oduh (Omd), Delegato Superiore, e concelebrata con il Vicario Generale dell’ordine, il Reverendo padre Domenico Aiuto (Omd) che ha rappresentato il nostro Rettore Generale Rev.mo P. Vincenzo Molinaro, Revererndo padre Enyi Francis (Omd), rettore e prefetto della formazione, Reverendo padre Michael Anofuechi (Omd), Reverendo padre Eneji Emmanuel (Omd), Reverendo padre Jude Onuoha (Omd), Reverendo padre Ajogo Michael (Omd) e altri sacerdoti provenienti dalle congregazioni del Sacro Cuori e dei Passionisti. Erano presenti alla celebrazione molti religiosi e religiose, molti fedeli e membri di diversi movimenti laicali, come ad esempio il Movimento Laicale Leonardino (LLM).
[..] I neo professi hanno mostrato gioia e gratitudine a Dio, all’Ordine e a tutti i presenti per la fedeltà del Signori che li ha chiamati e guidati fino alla loro professione solenne.
Il Reverendo padre Domenico Aiuto ha ricevuto i loro voti solenni a nome del nostro padre Generale, mentre i padri Stephen Oduh e Francis Enyi hanno fatto da testimoni. Il Delegato superiore si è congratulato e ha ringraziato i neo professi per aver detto “Sì” al Signore. Inoltre ha ringraziato le loro famiglie per averli supportati e avvicinati alla Chiesa e a Dio.
La santa messa si è conclusa intorno alle 13:30. Successivamente sono state organizzate diverse manifestazioni popolari da parte della comunità locale, tramite canti e balli, accompagnate da un banchetto conviviali.
S. Giovanni Leonardi
Giovanni Leonardi, Fondatore dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio e Cofondatore del Collegio Urbano di Propaganda Fide, nacque a Diecimo (Lu) nel 1541, morì a Roma il 9 ottobre 1609 e fu canonizzato il 17 aprile 1938. Dalla sua prima giovinezza fino alla piana maturità, contemporaneamente alla professione di speziale, frequentò la compagnia dei Colombini, uno dei centri laicali nei quali si coagulava la reazione cattolica al diffondersi sempre più capillare nello stato luchese delle sollecitazione cattolica luterane. Questa prima esperienza di impegno ecclesiale lo indusse ad una scelta più radicale e totalizzante, attraverso il sacerdozio, realizzata nel 1571. Tre anni dopo fondò l’Ordine della Madre di Dio. Gli inizi del suo sacerdozio sono contrassegnati dalla premura verso i fanciulli per i quali istituì la Compagnia della Dottrina Cristiana e pubblicò un manuale di catechesi. Il suo radicalismo evangelico lo pone in conflitto con il diffuso dissenso religioso. Giovanni Leonardi dovette pagare con la velata diffidenza o l’aperto contrasto, fino all’esilio, le sue scelte di ortodossia e di fedeltà al pontificato romano. Nel 1592 è Amministratore Apostolico nel Santuario della Madonna dell’Arco (Napoli). Dal 1596 al 1601 visita e riforma, per incarico di Clemente VIII , le Congregazioni benedettine di Montevergine e di Vallombrosa e poi quella dei Servi di Maria di Firenze. Infine intorno al 1607 – 1608 dà vita a quello che in seguito sarebbe divenuto il Collegio di Propaganda Fide, in realtà ufficialmente eretto da Urbano VIII, ma il cui primo progetto fu espresso dalla creatività del Leonardi. Nell’estate del 1609, nel corso di un’epidemia di tipo influenzale, colpito da una febbre violenta, all’alba del nove ottobre rendeva a Dio la sua anima. La figura del Leonardi si colloca in tutto quel moto di revisione ecclesiale più noto col nome di riforma cattolica. Egli ebbe il dono di una singolare lettura dei segni di un tempo che andava trasformandosi radicalmente. Come suo personale carisma seppe proporre le nuove tensioni e gli antichi interrogativi dell’uomo in termini di continua verifica interiore e di coerente testimonianza evangelica.
La Famiglia dell’Ordine delle Madre di Dio in Festa
I 25 anni fa, il 3 ottobre 1992 l’Ordine della Madre di Dio festeggiò con il suo figlio che quel giorno fece un passo avanti dicendo sì alla chiamata del Signore rivolse a lui per abitare nel suo santuario tutti i giorni della sua vita nel servizio dei fratelli e della Chiesa. Padre Davide Carbonaro quel giorno, davanti alla Chiesa di Dio accettò questo impegno di essere potatore di pace, donatore di amore, e di essere la bocca dei perseguitati e l’agnello espiatore per il bene dei fedeli di Dio attraverso le celebrazioni penitenziali, eucaristica, ed altri Sacramenti.
Oggi il 3 ottobre 2017 è il 25 venticinquesimo anniversario della sua ordinazione presbiterale. Padre Davide insieme con le sue famiglie naturale e religiosa festeggiano questa fedeltà di Dio nel suo confronto, e la sua perseveranza nel servizio di carità e di spezzare del pane della comunione sull’altare del Signore.
La Chiesa parrocchiale di Santa Maria in Portico in Campitelli nella sua grandezza non poteva contenere i fedeli, gli amici e i conoscenti che erano presenti durante la messa di questo ringraziamento presieduta dal padre Davide in occasione del suo venticinquesimo anniversario presbiterale. In presenza erano tre vescovi e più di 60 sacerdoti, tanti religiosi e religiose, anche i fedeli laici hanno partecipato in gran numero.
continuiamo a pregare per padre Davide perché questo suo servizio nell’Odine e nella Chiesa di Dio possa continuare a potare luce e sollievo alle anime che ne hanno bisogno, e perché il Signore gli doni la forza, la grazie e la sapienza per poter essere sempre fedele alla sua chiamata
La tua famiglia religiosa ti augura ogni bene in questo cammino di speranza, Auguri ancora.
LA SPERANZA SI APRE
Il Delegato della Delegazione Indiana Rev.do padre Manohar ci racconta la sua esperienza durante la cerimonia dell’apertura e della benedizione della casa di formazione dell’Ordine in Indonesia. È stato un grande privilegio per me partecipare all' inaugurazione del primo Seminario dell’Ordine in Indonesia in occasione della 443° Giornata della Fondazione del nostro Ordine. Durante questa celebrazione c’erano p. Bastin e i 19 fratelli dell’Ordine, tra i quali 8 aspiranti e 11 studenti di filosofia. Sono arrivato in Indonesia il 27 agosto mentre il completamento della costruzione era in corso. Il 7 settembre alle ore 16.00, Sua Eccellenza Petrus Turang, l'Arcivescovo di Kupang, è arrivato e subito ha dato inizio alla cerimonia dell’inaugurazione con la benedizione della casa. La celebrazione della 443ª Giornata della Fondazione del nostro Ordine è stata speciale per il dono di questo nuovo Seminario. Siamo veramente lieti per queste meraviglie di Dio per noi.
La celebrazione della Santa Messa è stata solenne, dopo la Messa c'è stato un momento di ringraziamento con la lettura della lettera del Padre Generale inviata per la celebrazione. Abbiamo visto la speranza dei nuovi orizzonti della nostra missione.
Non possiamo ringraziare Dio abbastanza per quest’evento. Ringraziamo Rev.do p. Salvatore Izzo, allora Rettore Generale dei Santi Sacri Cuori, insieme con il Rev.mo p. Francesco Petrillo, ex Rettore Generale dell’Ordine, per queste iniziative per l’apertura della missione Indonesiana. Non possiamo dimenticare l’aiuto che ci arriva dalle famiglie religiose, soprattutto l'aiuto dei Padri e dei Fratelli della Congregazione dei Sacri Cuori.
Matteo 20, 1-16 – La Malattia dell’Invidia
Il mondo è una famiglia dei figli e figlie di Dio, abbiamo unica origine in Dio Padre dove siamo chiamati a riconoscere la nostra fratellanza.
Allora perché trattiamo i nostri fratelli e i nostri vicini come "sconosciuti"? Nella famiglia chiamiamo un fratello Giuseppe un sognatore, sulla strada lo vediamo come uno straniero, nel posto di lavoro egli è un intruso, quindi deve essere sempre lasciato dietro, egli è rozzi e dovrebbe sempre sottomettersi perché egli appartiene al livello basso. Lo spirito di non-fratellanza è la radice di ogni guerra, gli occhi che vedono solo gli stranieri e li chiamano altri "non-me", sono la sorgente delle invidie e gelosie.
La fraternità è lo spirto di amore e di solidarietà, essa dice che l'altro è una parte di me, grida per il bene comune. La fraternità non è egocentrica, non lotta per un fine egoistico, ma dice che il benessere di mio fratello è il mio perché siamo unica cosa, abbiamo un'origine, una paternità e maternità in una famiglia di Dio Padre.
Il Vangelo di Matteo ci porta la parabola di Cristo sugli operai della vigna dove il proprietario di questa vigna ha considerato tutti i suoi lavoratori come fratelli. All’alba del giorno, questo proprietario è partito alla ricerca di quelli che non hanno nulla da portare a casa per il pane quotidiano, aveva gli occhi di fraternità per il benessere comune, per lui la cosa più importante era dare a tutti il senso di appartenenza, il senso di unità, e il senso di fratellanza, questo era il motivo per cui ha radunato tutti nella sua vigna in diverse ore del giorno.
«La sera, il padrone della vigna disse al suo fattore, "Chiama i lavoratori e dai loro la paga, cominciando dagli ultimi fino ai primi"». Il padrone ha condiviso il suo bene con loro nello spirito di fratellanza, egli è stato generoso con la ricchezza che ha guadagnato con il suo sudore. Purtroppo il primo gruppo dei lavoratori chiamato nella vigna non aveva lo spirito di fratellanza, secondo questi, hanno meritato un trattamento speciale perché erano i primi ad essere chiamati, erano i primi in quella vigna-famiglia, essi sono i primi pionieri della vigna o dell'istituto, quindi tutti gli entrati dopo di loro dovranno essere posizionati al secondo grado di appartenenza e non dovranno ricevere lo stesso trattamento con loro.
Il proprietario e fondatore della vigna mai ha lamentato della sua generosità, egli voleva che la sua famiglia fosse un luogo di lavoro o un istituto dove tutti fossero fratelli e sorelle, dove amore e comprensione regneranno, una comunità dove il tempo di arrivo non è un criterio di superiorità. Il padrone aveva desiderato di vedere una comunità dove le differenze sociali non servino nel determinare la dignità e la classifica di un fratello, il padrone aveva voluto una famiglia unita dove nessuno poteva essere lasciato dietro, egli non aveva mai l’intenzione di raccogliere nella sua vigna i gruppi in conflitto, perché egli non ha mai voluto fondare i partiti politici ma una famiglia.
Il primo gruppo dei lavoratori era d’accordo con il padrone della vigna sulla remunerazione del loro lavoro, sia la posizione che onere che gli aspettano, però hanno continuato a brontolare perché gli altri lavoratori della seconda ora erano trattati ugualmente anziché di essere soppressi. Ingiustizia!! Ingiustizia!!! esclamavano questi primi lavoratori, il padrone della vigna avrebbe dovuto retrocedere gli altri lavoratori che erano arrivati dopo, non hanno meritato la stessa posizione e lo stesso pagamento con noi, e non li potranno mai meritare, sono stranieri, non sono il nostro, invece sono un “altro da noi”, non ci appartengono.
La giustizia agli occhi di ‘non-fratellanza’ significa la sofferenza e l'umiliazione di un fratello, la giustizia nella mentalità di ‘non-fraternità’ significa avere tutti sotto il suoi piedi, significa essere il comandante dove gli altri sono i soggetti. Per i primi lavoratori, la fraternità significa discrepanza, un fratello è colui che sta sotto il loro comando e controllo, un fratello è un soggetto da sopprimere e non dovrebbe lamentarsi.
Non so proprio dove tu vivi la tua vita quotidiana, non so a quale famiglia appartieni tu, se nella tua famiglia naturale o in una famiglia religiosa, non so in quale gruppo ti trovi, se nel gruppo dei primi della tua famiglia, nel gruppo di coloro che si sentono parenti del fondatore della tua famiglia religiosa o istituzione, o nel gruppo di colore che sono al margine della tua Comunità di qualunque genere, non lo so se tu sei il fondatore della tua famiglia, ma quello che sono convinto è che abbiamo le stesse missioni e destinazione, so che siamo figli e quindi fratelli, io so che abbiamo gli stessi diritti e la stessa responsabilità verso la costruzione della nostra famiglia, siamo chiamati a lavorare per il bene comune, nessun fratello è un intruso, un fratello non è un estraneo, nessun fratello merita un trattamento speciale. Se il proprietario di questa vigna della nostra famiglia non ha maltrattato i suoi fratelli-lavoratori, noi come possiamo permettere una cosa di genere? Nessun membro della famiglia di Dio è meno importante, lo stato di ognuno come "figlio" di "dio" gli merita la posizione più alta che si può pensare, altri criteri di superiorità sono secondari e non ci devono dividere. Le nostre dignità ed uguaglianza stano nella nostra figliolanza, siamo veri figli nel Figlio.
La giustizia senza l’amore e la compassione è una mera legalità, ma noi non siamo sotto le leggi della guerra e dell’odio, ma sotto la grazia. Cristo è morto per noi perché possiamo essere liberi, Egli è venuto a raccoglierci insieme in una famiglia dove le pecore possono vivere in pace con i lupi, dove la legge di superiorità basata sulla mentalità pagana delle differenze sociali e razziali è annientata.
Ciascuno deve domandarsi della sua appartenenza e cerca di accogliere quella verità interiora che solo lui possa riconoscere. Nonostante i nostri rancori e la nostra lamentazione, rimane esclusivamente il compito del padrone della vigna di pagare tutti come vuole lui. Fratelli miei, il nostro brontolare non può cambiare la volontà di Dio, e non può condizionare la sua generosità. Cari miei, mentre continuiamo nella nostra invidia, nel nostro brontolare, il nostro Padre celeste continua a benedire i suoi figli. Il destino può essere ritardato ma mai negato, il Dio della fraternità non è un Dio parziale, non guarda coloro o l’appartenenza sociale, guai a chi combatte contro il disegno di Dio. Dio ci ama come siamo, amiamo gli uni e gli altri, apprezziamo i nostri fratelli perché Dio è amore.
P. Kenneth Ani
Il giorno 17 settembre 2017 a Torre Maura c'è stata la Professione Temporanea di Chierico Paolo Dicorato nalla parrocchia di San Giovanni Leonardi. E' stata veramente un'occassione di convivenza e di rendimento di grazie a Dio per questo dono che Lui si sta facendo alla nostra famiglia religiosa. L'Ordine in generale e la Delegazione italiana in particulare hanno pregato perché il Signore continui a benedire la sua Chiesa con uomini entusiasti e dediti al Vangelo e al servizio della Chiesa amando essa attraverso i loro servizi ai fratelli e ai bisognosi.
Il Padre Generale nella sua omelia durante questa celebrazione nella sua parola ha ringraziato tutti dicendo:
Professione temporanea di Paolo Dicorato
Omelia del Padre Generale
Carissimo Paolo, carissimi tutti fratelli e sorelle, fatemi salutare in maniera più diretta il P. Rosario Piazzolla, che è stato il Maestro di noviziato per Paolo, e i suoi genitori Michele e Concetta intervenuti ovviamente con la famiglia in questa circostanza che è vero è solo la prima di quelle che vivremo in compagnia di Paolo, ma proprio perché la prima è la più emozionante. Benvenuto ai genitori e a tutta la famiglia.
Dicevo di questo anno di noviziato, ma esso è stato preceduto da altri anni di postulantato, in cui il discernimento è stato vissuto sotto la guida di p. Luigi Piccolo in San Ferdinando di Puglia. Questo ci spiega anche il gran numero di partecipanti sanferdinandesi. Benvenuto a tutti. Ovvio, benvenuto anche a tutti i presenti, sia di questa comunità parrocchiale che dalle altre, tutti protesi verso questo gesto di donazione che Paolo sta per compiere.
Ora però concentriamoci sull’essenziale. Siamo venuti per vivere la professione dei voti temporanei di un nostro candidato, rito che si svolge durante la celebrazione dell’Eucaristia. Infatti è già stata proclamata la Parola del Signore. Perciò il primo nostro pensiero è l’ascolto.
Il Siracide, prima, e poi Gesù stesso ci invitano in maniera decisa ad assorbire il messaggio del perdono. Se anche il Primo Testamento proponeva di perdonare, Gesù ne fa una vera bandiera. Una volta, due volte, sette volte…settanta volte sette…sempre, questa la misura indicata da Gesù. Perdonare sempre. Perché Gesù attraverso la parabola ci mostra un ripensamento da parte del Signore? E’ possibile? Sì è possibile se non impariamo a perdonare. Allora domandiamoci quanto importa nella nostra vita il perdono. Ecco, Paolo, tu sta per entrare in una famiglia religiosa. Vivrai con alcuni confratelli, poi magari in una parrocchia, avrai tanto da perdonare? Oppure, voi, genitori di Paolo, nella vostra famiglia, nel vostro lavoro, nelle vostre relazione anche ecclesiali, avete tanto da perdonare? Sarebbe sempre da aggiungere, anche: da farvi perdonare? Se penso soltanto a quanto è difficile, arduo anzi, comunicare, parlare con le persone, con i figli, chiarire i problemi…tanto è vero che oggi si sfugge ricorrendo al cellulare…è tanto difficile accettare un parere diverso, non parliamo di quando ci sono degli interessi contrapposti…conosco delle famiglie nelle quali i fratelli e le sorelle non si parlano da una vita per 20 centimetri di terreno…che uno avrebbe sottratto all’altro. Nell vita di comunità, durante quest’anno, sono certo che nonostante l’impegno di P. Rosario, ogni tanto il coperchio è saltato e la pentola è andata in ebollizione. Dopo, sì, le acque si calmano, ma quanti brontolii, gorgoglii, le scuse mancate, le parole brucianti fanno parte di una vita sempre tesa verso il perfetto, ma intrisa di asprezza, pregiudizi…perdonare: sì, perdonare oggi, domani, sempre. Perdonare perché la Parola di Dio che è Cristo ce lo ha insegnato con la sua vita oltre che con la sua parola. In lui c’è perfetto equilibrio tra il perdono, il desiderio di ricominciare, la consapevolezza della nostra fragilità. Tutti, allora, facciamo tesoro di questa parola, disponiamoci alla misericordia, eleminiamo già nel pensiero quanto potrebbe turbare questo messaggio esigente e promettente. Se perdoniamo, ci avviciniamo a Dio, al suo modo di fare, ricostruiamo la somiglianza originale. Questo messaggio fallo tuo, Paolo, nel giorno della prima professione.
Il testo di S. Paolo ci dà una spinta ulteriore. E’ vero che si riferisce a un problema specifico che non ci riguarda, ma alla fine si presenta con una parola che serve sempre non solo a superare la situazione contradditoria tra i deboli e forti. Deboli perché ritengono inquinanti alcuni cibi, forti perché hanno superato questo stadio. Ed ecco San Paolo in poche battute offrirci un invitante panorama in cui avventurarci con gioia e coraggio: non si tratta di scegliere gli elementi terreni, il cibo, l’attività, le relazioni per la loro bontà, per il loro appeal, c’è una ragione decisiva, bella, tonificante: noi siamo del Signore, sia che viviamo, sia che moriamo. Come non prendere questa parola e avvolgersi dentro al suo calore, alla sua certezza, al conforto che offre? E’ proprio come l’abbraccio di una madre, quando il figlio spaurito per un brutto sogno, si rifugia tra le sue braccia. Siamo del Signore: il nostro Paolo sta per presentarsi davanti a Dio e davanti alla comunità con questo desiderio. Riaffermare l’appartenenza, siamo del Signore. Ecco quello che conta. Non conta tanto se siamo laureati, se abbiamo un fisico bestiale, se guadagniamo tanto, tutto questo è secondario rispetto al riconoscersi come creature, come figli amati, perdonati, cercati dal Signore. In questo grande cerchio che è la vita, è sempre San Paolo, tutto è per lui, per Gesù Cristo Signore siamo rinati nel battesimo, per lui abbiamo ricevuto i doni dello Spirito, in lui la quotidiana risposta a un coinvolgimento generoso lungo, in lui la nostra morte, alba di un abbraccio più intimo e definitivo…
Come dirai questa appartenenza, Paolo? Oltre all’impegno e alla gioia di nutrire ogni giorno il tuo cuore di questa certezza, troverai le parole giuste per dirlo a tutti, per comunicare con i giovani, per essere sostegno agli anziani un po’ sfiduciati perché sentono mancare le forze?
Tre sono gli strumenti, gli atteggiamenti…le parole…i voti attraverso i quali comunichi..
Tradizionalmente sono le tre espressioni nelle quali si è formalizzata la volontà di consacrazione a Dio quando la storia del cristianesimo cercava la forma per dire il totale affidamento al Vangelo, infatti i tre voti fanno riferimento alle parole e ai gesti di Gesù. Gesù che non ha dove posare il capo, che muore nudo sulla croce, che non ha di che pagare il tributo; Gesù che si è fatto eunuco nel senso che ha scelto di donare la vita per il regno, che avendo messo il Padre avanti a tutto, ha voluto che ogni persona fosse avanti, ha voluto amare dello stesso amore tenero, esclusivo, totalizzante con cui Dio si dona creando, salvando, perdonando, accogliendo: ecco la castità; infine consegnando la propria volontà al Padre ha mostrato come ogni creatura può rivivere la donazione più completa non tanto nel senso della rinuncia quanto nel senso della ricerca della pienezza che si raggiunge unendosi a Cristo. Questo potrebbe essere il segreto. Gesù chiede delle rinunce ma queste sono funzionali alla sequela, andare dietro a lui non è una rinuncia ma la pienezza della felicità…far parte del suo gruppo, appartenergli, ecco il vero senso della consacrazione. Essere liberi, dalla ricchezza, dal limite della carnalità, dall’orgoglio dell’io…sono le precondizioni per camminare con Cristo, per realizzare le promesse.
Cosa può dare di più san Giovanni Leonardi? Non ci sono forse santi più famosi, più quotati? Ecco, il nostro santo porta nel bagaglio della sua povertà un carisma di abbondono e di fiducia che lo fa sperare contro ogni speranza. Non importa che la sua rimanga una piccola famiglia, che la divisione la colpisca e la blocchi dolorosamente durante la sua stessa vita, mai si ferma la sua fiducia in Dio, mai si ferma la sua fantasia di sognare forme nuove di evangelizzazione, mai si ferma il suo proposito di rinnovare la vita consacrata. Paolo, vuoi arricchire la vita comune con i tuoi doni? Vuoi portare il vangelo nelle periferie umane, dove Cristo è sconosciuto? Vuoi dedicarti alla crescita della vita comunitaria? Questo è lo spazio di san Giovanni Leonardi. Il suo carisma è un servizio piccolo, fedele, quotidiano, oscuro e generoso. Sostenuto dalla osservanza gioiosa, fraterna delle costituzioni, condiviso con coloro che il Signore avrà scelto come fratelli. Un servizio che farà crescere la chiesa, intesa come lo spazio salvato, lo spazio dello Spirito che attira i cuori e li fa sentire felici. La tua persona non perde nulla, ma si arricchisce, si espande, con all’orizzonte la possibilità di raggiungere in Cristo la pienezza dell’uomo perfetto. Paolo, ama la chiesa come l’ha amato Giovanni Leonardi, servi la chiesa allo stesso modo, ma ricorda che ogni apostolato ha una sola radice: l’intimità con Cristo, l’Eucaristia. Cari fratelli e sorelle, quello che Paolo da oggi vivrà seguendo lo stimolo interiore dell’impegno che assume, non vale solo per lui. Vale per tutti noi. Non è soltanto una promessa, come un regalo, è il nostro modo di partecipare, il nostro interesse per la sua vocazione, la nostra preghiera per le vocazioni, il sentirle vita della chiesa. Ve lo affido, e vi affido tutte le vocazioni che nella chiesa e nell’Ordine stanno rispondendo alla voce del Signore.
Torre Maura, Roma, 17 settembre 2017