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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Per la festa della Presentazione al Tempio, Francesco ha presieduto una Messa a San Pietro durante la quale ha pronunciato un’omelia sul rapporto di trasmissione della conoscenza tra giovani e anziani. “Al centro c’è Lui, Lui muove tutto». Ricorda l’affresco del “Giudizio Universale”, in Cappella Sistina, l’omelia di Papa Francesco in occasione della XVIII Giornata della vita consacrata. Nel capolavoro michelangiolesco tutto ruota intorno alla figura centrale del Cristo giudice delle anime; dal Gesù bambino, invece, parte l’omelia di Francesco. È il giorno, quello di domenica 2 febbraio, nel quale la Chiesa ricorda la Presentazione al Tempio, la «festa dell’incontro» tra Gesù e il suo popolo «rappresentato - ha detto il Papa - dai due anziani Simeone e Anna». Il figlio di Dio «viene a noi, portato da Maria e Giuseppe» e, ha aggiunto Francesco, «siamo noi che andiamo verso di Lui, guidati dallo Spirito Santo. Lui ci attira al Tempio, alla Chiesa, dove possiamo incontrarlo, riconoscerlo, abbracciarlo». Quello del Tempio è «un singolare incontro tra osservanza e profezia, dove i giovani sono gli osservanti e gli anziani sono i profetici. Ma sembra il rovescio, no?» ha chiesto il Pontefice per poi continuare «in realtà, se riflettiamo bene, l’osservanza della Legge è animata dallo stesso Spirito, e la profezia si muove nella strada tracciata dalla Legge. Chi più di Maria è piena dello Spirito Santo? Chi più di lei è docile alla sua azione?». Alla luce di questa scena evangelica «guardiamo alla vita consacrata come ad un incontro con Cristo che ci viene incontro nella Chiesa attraverso il carisma fondazionale di un Istituto». «Il nostro incontro con Cristo - ha aggiunto il Papa - ha preso la sua forma nella Chiesa mediante il carisma di un suo testimone, di una sua testimone. Questo sempre ci stupisce e ci fa rendere grazie. E anche nella vita consacrata si vive l’incontro tra i giovani e gli anziani, tra osservanza e profezia. Non vediamole come due realtà contrapposte!». Secondo Francesco bisognerebbe, invece, permettere allo Spirito Santo di «animare» entrambe le realtà attraverso il segno della gioia: «la gioia di osservare, di camminare in una regola di vita, di essere guidati dallo Spirito, mai rigidi, mai chiusi, sempre aperti alla voce di Dio che parla, che apre, che conduce, che ci invita ad andar verso l’orizzonte». Anziani e giovani ruotano intorno alla presenza di Gesù, come fu durante la Presentazione al Tempio anche oggi, ha concluso il Papa «fa bene agli anziani comunicare la saggezza ai giovani; e fa bene ai giovani raccogliere questo patrimonio di esperienza e di saggezza e portarlo avanti, non per custodirlo in un museo. No! Per portarlo avanti con le sfide che la vita ci pone. Portarlo avanti per il bene delle rispettive famiglie religiose e di tutta la Chiesa». 3 febbraio 2014
Nella luminosa festività del quarantesimo giorno dal Natale, mentre la Chiesa celebra la Presentazione del Signore al Tempio, la comunità parrocchiale di Campitelli ha rinnovato il secolare ringraziamento alla Madre di Dio per i benefici concessi alla città di Roma. La solenne eucaristia di Domenica 2 febbraio è stata presieduta da S.E. il Signor Cardinale Salvatore De Giorgi, mentre ha rappresentato il Sindaco di Roma per il tradizionale omaggio floreale l’On. Daniela Tiburzi. La liturgia odierna, ha ricordato il Cardinale annunzia: “La prima offerta di Gesù al Padre che si prolunga fino alla croce”. In fondo, “è la festa di noi che accogliamo il Signore con gioia in questo santuario romano di Maria e in questa icona che ha segnato la nostra città da Gregorio Magno fino al Beato Giovanni Paolo II” e che raccoglie il grido e la fede del popolo. “Porto dell’umana sicurezza, la invochiamo anche questa sera - ha proseguito il Cardinale - per tante persone che nella nostra città e nel mondo intero vivono in difficoltà”; mentre riconosciamo “l’amore del popolo romano per Maria”, professiamo davanti a questa prodigiosa immagine “che il suo Figlio è l’unico salvatore del mondo”. Già la fede, non basta conoscerla solo nel suo sviluppo dottrinale: “Occorre incarnarla nella vita” come è accaduto ai santi ed in questo luogo a San Giovanni Leonardi che ha amato e servito il popolo di Dio “con il cuore di Cristo”. Ai cresimandi, Alessandro Viola e Stefania il Cardinale ha ricordato che il Signore ci invita a vivere il Vangelo attraverso la grazia della preghiera e che, “accostandoci ai sacramenti diventiamo il Paradiso di Dio”. Solo amando e servendo la vita, ha concluso il Cardinale, e per alcuni di noi la scelta della vita di speciale consacrazione, lasceremo come per Maria che: “la vita sbocci in noi e così la nostra città diventerà migliore, più fraterna, più umana”.
3 febbraio 2014
Maria e Giuseppe portano Gesù al tempio per presentarlo al Signore, ma non fanno nemmeno in tempo a entrare che subito le braccia di un uomo e di una donna se lo contendono: Gesù non appartiene al tempio, egli appartiene all'uomo. È nostro, di tutti gli uomini e le donne assetati, di quelli che non smettono di cercare e sognare mai, come Simeone; di quelli che sanno vedere oltre, come Anna, e incantarsi davanti a un neonato, perché sentono Dio come futuro. Gesù non è accolto dai sacerdoti, ma da un anziano e un'anziana senza ruolo, due innamorati di Dio che hanno occhi velati dalla vecchiaia ma ancora accesi dal desiderio. È la vecchiaia del mondo che accoglie fra le sue braccia l'eterna giovinezza di Dio. Lo Spirito aveva rivelato a Simeone che non avrebbe visto la morte senza aver prima veduto il Messia. Parole che lo Spirito ha conservato nella Bibbia perché io le conservassi nel cuore: tu non morirai senza aver visto il Signore. La tua vita non si spegnerà senza risposte, senza incontri, senza luce. Verrà anche per me il Signore, verrà come aiuto in ciò che fa soffrire, come forza di ciò che fa partire. Io non morirò senza aver visto l'offensiva di Dio, l'offensiva del bene, già in atto, di un Dio all'opera tra noi, lievito nel nostro pane. Simeone aspettava la consolazione di Israele. Lui sapeva aspettare, come chi ha speranza. Come lui il cristiano è il contrario di chi non si aspetta più niente, ma crede tenacemente che qualcosa può accadere. Se aspetti, gli occhi si fanno attenti, penetranti, vigili e vedono: ho visto la luce preparata per i popoli. Ma quale luce emana da questo piccolo figlio della terra? La luce è Gesù, luce incarnata, carne illuminata, storia fecondata. La salvezza non è un opera particolare, ma Dio che è venuto, si lascia abbracciare dall'uomo, mescola la sua vita alle nostre. E a quella di tutti i popoli, di tutte le genti... la salvezza non è un fatto individuale, che riguarda solo la mia vita: o ci salveremo tutti insieme o periremo tutti. Simeone dice poi tre parole immense a Maria, e che sono per noi: egli è qui come caduta e risurrezione, come segno di contraddizione. Cristo come caduta e contraddizione. Caduta dei nostri piccoli o grandi idoli, che fa cadere in rovina il nostro mondo di maschere e bugie, che contraddice la quieta mediocrità, il disamore e le idee false di Dio. Cristo come risurrezione: forza che mi ha fatto ripartire quando avevo il vuoto dentro e il nero davanti agli occhi. Risurrezione della nobiltà che è in ogni uomo, anche il più perduto e disperato. Caduta, risurrezione contraddizione. Tre parole che danno respiro alla vita, aprono brecce. Gesù ha il luminoso potere di far vedere che le cose sono abitate da un «oltre».
Un cammino verso la bellezza che conduce a Dio il sommo bene per la strada della carità. In effetti, non si può amare Dio che non si vede senza il fratello che è visibile, ricordava Giovanni alle prime comunità. Ed è sul senso estetico e mistico dei cicli pittorici che tracciano le nostre Chiese e Oratori, che si è soffermato don Daniele Martinelli, responsabile dei Beni culturali dell’Arcidiocesi di Lucca, durante l’intervento di Giovedì 30 gennaio nella Chiesa di San Giovanni Decollato a Roma su Vangelo e Arte: Percezione estetica o via mistica?. Portando ad esempio il ciclo del diacono Lorenzo nella Cappella niccolina a Roma, ha ricordato che quel ciclo manifesta al Papa successore di Pietro, e a quanti fruiscono dell’opera, che quel luogo dove si celebra l’Eucarestia, prolunga l’atto di amore di Gesù nel gesto della Chiesa che serve i poveri. La statura ieratica di Lorenzo che da l’elemosina ai poveri radunati sulla soglia, mentre si staglia sullo sfondo della navata basilicale, dice di questo percorso pendolare che va dall’Eucarestia ai poveri e dai poveri all’Eucaristia culmine dell’amore di Dio. E questo, ha sottolineato don Martinelli, non è filantropia, ma esercizio dell’amore credente. Così, ha proseguito: “Le immagini hanno il compito dell’annuncio, un messaggio che ci viene donato e che conduce all’adorazione del Mistero”. Inoltre, “L’opera d’arte è diaconia, servizio ai ‘poveri’ per aiutarli ad entrare nella conoscenza; via mistica che conduce all’incontro con Dio”. In effetti, ha concluso don Martinelli, se da una parte il bello genera “lo stupore e il desiderio”, dall’altra, la via della bellezza è quella che “più unisce; mentre la verità e la morale spesso dividono”. Occorre allora sostare e addentrarci, per questa “porta che ci immette sulla soglia del mistero”.
31 gennaio 2014
Una veglia di preghiera per la pace in Siria sarà animata domenica 9 febbraio 2014 ore 19,30 nel santuario parrocchiale di Santa Maria in Portico in Campitelli sullo stile ecumenico di Taizé. L’incontro è in collaborazione con il Centro per la Cooperazione Missionaria tra le Chiese, l’Ufficio per la Pastorale delle Migrazioni della Diocesi di Roma, insieme alla “Finestra per il Medio Oriente” e la Comunità melchita di Santa Maria in Cosmedin. La Veglia sarà presieduta dal Vescovo Matteo Zuppi ausiliare di Roma per il settore centro ed incaricato per la Cooperazione missionaria tra le Chiese. Saranno presenti i fratelli delle comunità mediorientali di Roma.
27 Gennaio 2014
La Filarmonica Prenestina presenta venerdì 24 gennaio 2014 dall 9,00 alle 12,45 il Convegno sul tema “La situazione della Musica in italia: quale futuro per i giovani talenti?” Interventi del Prof. Guido Zaccagnini, e della Prof.ssa Chiara Bertoglio. 24 Gennaio 2014
La parola inaugurale di Gesù, premessa a tutto il Vangelo è: convertitevi. E subito il «perché» della conversione: perché il regno si è fatto vicino. Ovvero: Dio si è fatto vicino, vicinissimo a te, ti avvolge, è dentro di te. Allora «convértiti» significa: gìrati verso la luce, perché la luce è già qui. La conversione non è la causa ma l'effetto della tua «notte toccata dall'allegria della luce» (Maria Zambrano). Immaginavo la conversione come un fare penitenza del passato, come una condizione imposta da Dio per il perdono, pensavo di trovare Dio come risultato e ricompensa all'impegno. Ma che buona notizia sarebbe un Dio che dà secondo le prestazioni? Gesù viene a rivelarci che il movimento è esattamente l'inverso: è Lui che mi incontra, che mi raggiunge, mi abita. Gratuitamente. Prima che io faccia qualcosa, prima che io sia buono, Lui mi è venuto vicino. Allora io cambio vita, cambio luce, cambio il modo di intendere le cose. Scrive padre Vannucci: «la verità è che noi siamo immersi in un mare d'amore e non ce ne rendiamo conto». Quando finalmente me ne rendo conto, comincia la conversione. Cade il velo dagli occhi, come a Paolo a Damasco. Abbandono le barche come i quattro pescatori, lascio le piccole reti per qualcosa di ben più grande. Gesù passando vide... Due coppie di fratelli, due barche, un lavoro? No, vede molto di più: in Simone bar Jona vede Kefa', Pietro, la roccia su cui fondare la sua chiesa; in Giovanni intuisce il discepolo dalla più folgorante definizione di Dio: Dio è amore; Giacomo sarà «figlio del tuono», uno che ha dentro la vibrazione e la potenza del tuono. Lo sguardo di Gesù è uno sguardo creatore, una profezia. Mi guarda, e vede in me un tesoro sepolto, nel mio inverno vede grano che matura, una generosità che non sapevo di avere, strade nel sole. Nel suo sguardo vedo per me la luce di orizzonti più grandi. Venite dietro a me: vi farò pescatori di uomini. Raccoglieremo uomini per la vita. Li porteremo dalla vita sepolta alla vita nel sole. Risponderemo alla loro fame di libertà, amore, felicità. I quattro pescatori lo seguono subito, senza sapere dove li condurrà, senza neppure domandarselo: hanno dentro ormai le strade del mondo e il cuore di Dio. Gesù camminava per la Galilea e annunciava la buona novella, camminava e guariva la vita. La bella notizia è che Dio cammina con te, senza condizioni, per guarire ogni male, per curare le ferite che la vita ti ha inferto, e i tuoi sbagli d'amore. Dio è con te e guarisce. Dio è con te, con amore: la sola cosa che guarisce la vita. Questo è il Vangelo di Gesù: Dio con voi, con amore.
E’ del 14 gennaio 1614 il breve di Paolo V che stabilisce l’unione fra i Chierici riformati della Beata Vergine fondati a Lucca dal Leonardi è l’opera delle Scuole Pie istituita dal Calasanzio. Si compiono in questi giorni i quattrocento anni dall’unione . L'avvio dell'opera non fu facile: tra il 1604 e il 1612 (anno in cui la scuola venne trasferita presso la chiesa di San Pantaleo) si avvicendarono all'insegnamento nella scuola oltre ottanta maestri, ma di questi solo quattro o cinque rimasero a lungo legati a Calasanzio.Per assicurare un futuro alla sua scuola, il fondatore pensò di legare la sua congregazione all'ordine dei chierici regolari della Madre di Dio di Giovanni Leonardi e papa Paolo V sancì l'unione delle due famiglie religiose il 13 giugno 1614; ma l'insegnamento non era tra le finalità principali dei leonardini e l'unione non si rivelò proficua né per loro né per le scuole, così nel 1616 Calasanzio fondò una nuova scuola a Frascati e chiese al pontefice di sciogliere l'unione (cosa che avvenne il 6 marzo 1617). Per l’occasione pubblichiamo un articolo dello Scolopio P. Manuel Rodríguez Espejo: S. Juan Leonardi y Calasan: ¿Quién influyóen quién?.
23 Gennaio 2014
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S. Juan Leonardi y Calasan
In occasione dell’apertura della stagione 2014 dell’Associazione “La Cantoria “, la chiesa di S. Maria in Campitelli ha l’onore di accogliere l’antico organo costruito da Pellegrino Pollicolli nel 1635. Venerdi 17 gennaio 2014 , nella Chiesa di S. Maria in Campitelli in Roma , il maestro Vincenzo Di Betta ha diretto, l’omonima cappella musicale dell’Ordine dei Chierici Regolari della madre di Dio, e l’Ensemble “La Cantoria”, inaugurando la stagione musicale di quest’ultima ed eseguendo la Messa a 4 voci da cappella composta nel 1650 da Claudio Monteverdi. Michele Vannelli, maestro di cappella della Basilica di S. Petronio, interpreterà a sua volta per l’occasione le parti organistiche dei fiori musicali composti a Roma da Girolamo Frescobaldi nel 1635: anno in cui fu costruito da Pellegrino Pollicolli (noto organaro della scuola romana) l’organo accolto da ora in poi nella Chiesa di S. Maria in Campitelli. Lo strumento, di soli cinque registri e del tipo “ad ala” per l’andamento delle canne, fu Costruito a Viterbo, distinguendosi ben presto per la sua elegante cassa a due facciate chiuse da portelle. In occasione del giubileo del 1750, la cassa dell’organo fu decorata ed impreziosita da un epigrafe commemorativa del noto organista e Maestro di Cappella a S. Rufino ad Assisi Giacomo Carissimi. Fu proprio il Duomo di Assisi , infatti, che ha custodito l’organo per circa quattro secoli, recando non poco pregiudizio alle sue prestazioni sonore. Ormai ridotto in pessime condizioni, lo strumento fu acquistato da un antiquario collezionista, in nome della propria passione per la musica e del suo spiccato culto per le arti in genere. Sua figlia, la signora Fiorella Cottier-Angeli, Decise nel 1999 di affidarne, dopo la morte del padre, il restauro alla fabbrica Pinchi Ars Organi di Foligno, in segno di onore alla memoria del defunto genitore. Sebbene dopo il restauro la stessa famiglia Cottier Angeli decise di affidare lo strumento in comodato d’uso alla Accademia di Musica Italiana per Organo di Pistoia, la benefattrice ha ritenuto in ultima analisi di trasferire, dopo il ventennio pistoiese, la responsabilità del prezioso strumento alla Cappella di S. Maria in Campitelli in Roma. L’obiettivo è di valorizzarne al massimo le qualità sonore, rendendolo al contempo uno strumento patrimonio fruibile a qualunque Ensemble di musica barocca oggigiorno presente nel panorama Internazionale. 22 gennaio 2014
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La Cantoria: Stagione Musicale 2014
Ecco l'agnello di Dio che toglie il peccato del mondo. Ecco l'agnello, ecco il piccolo animale sacrificato, il sangue sparso, la vittima innocente. Ma di che cosa è vittima Gesù? Forse dell'ira di Dio per i nostri peccati, che si placa solo con il sangue dei sacrifici? Della giustizia di Dio che come risarcimento esige la morte dell'unico innocente? No, Dio aveva già detto per bocca di Isaia: sono stanco dei tuoi sacrifici senza numero. Io non bevo il sangue dei tuoi agnelli, io non mangio la loro carne (cf. Isaia 1, 11). Appare invece il capovolgimento totale portato da Gesù: in tutte le religioni l'uomo sacrifica qualcosa per Dio, ora è Dio che sacrifica se stesso per l'uomo. Dio non esige la vita del peccatore, dà la sua vita anche a coloro che gliela tolgono. E dal suo costato aperto sulla croce non esce vendetta o rabbia, ma sangue e acqua, sangue d'amore, acqua di vita, la capacità di amare sempre e comunque. Di che cosa è vittima allora l'Agnello di Dio? Gesù è vittima d'amore. Scrive Origene: «Dio prima ha sofferto, poi si è incarnato. Ha sofferto perché caritas est passio», la sofferenza di Dio è figlia della sua passione d'amore; ha sofferto vedendo il male che l'uomo ha e fa', sentendolo far piaga nel suo cuore; ha sofferto per amore. Gesù è vittima della violenza. Ha sfidato e smascherato la violenza, padrona e signora della terra, con l'amore. E la violenza non ha potuto sopportare l'unico uomo che ne era totalmente libero. E ha convocato i suoi adepti e ha ucciso l'agnello, il mite, l'uomo della tenerezza. Gesù è l'ultima vittima della violenza, perché non ci siano più vittime. Doveva essere l'ultimo ucciso, perché nessuno fosse più ucciso. Giovanni diceva parole folgoranti: «Ecco la morte di Dio perché non ci sia più morte», e la nostra mente può solo affacciarsi ai bordi di questo abisso. Ecco colui che toglie il peccato; non un verbo al futuro, nell'attesa; non al passato, come un fatto concluso, ma al presente: ecco colui che instancabilmente continua a togliere, a raschiare via il mio peccato di adesso. E come? Con il castigo? No, con il bene. Per vincere la notte incomincia a soffiare la luce del giorno, per vincere la steppa sterile semina milioni di semi, per disarmare la vendetta porge l'altra guancia, per vincere la zizzania del campo si prende cura del buon grano. Noi siamo inviati per essere breccia di questo amore, braccia aperte donate da Dio al mondo, piccolo segno che ogni creatura sotto il sole è amata teneramente dal nostro Dio, agnello mite e forte che dona se stesso.