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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Da sabato 12 aprile la città di Valparaiso (Cile) e stata colpita da un incendio violento che ha lasciato più di 8.000 persone senza tetto, distrutto più di 2.500 case e lasciato fino ad oggi 15 persone morte. E riconosciuta come la catastrofe più violenta di quella città. Di conseguenza la Caritas della Diocesi di Rancagua nella Diocesi di Rancagua, ha iniziato una campagna di aiuto dove la parrocchia N.S. del Carmine e il centro dove si ricevono tutte le donazioni. “Chiediamo preghiere per tutti i cileni che vivono in questi giorni un tempo di passione”, ha affermato il portavoce della Caritas. 15 aprile 2014
In questa settimana per due volte la Chiesa si raccoglie nella lettura della Passione di Cristo, del patire di un Dio appassionato. La lettura più bella e regale che si possa fare, dove tutto ruota attorno alle due cose che toccano il nervo di ogni vita: l'amore e il dolore, la lingua universale dell'uomo. Lo ha capito per primo, sul Calvario, non un discepolo, ma un estraneo. Alla morte di Gesù, infatti il primo atto di fede è quello di un lontano, un centurione pagano: davvero costui era figlio di Dio. Non da un sepolcro che si apre, non dallo sfolgorio di luce, di giorni nuovi, di un sole mai visto, no, ma davanti e dentro la tenebra del venerdì, vedendolo sulla croce, sul patibolo, sul trono dell'infamia, un verme nel vento, questo soldato esperto di morte dice: era figlio di Dio. Morire così è rivelazione. Morire d'amore è cosa da Dio. Il nostro Dio è differente. Perché è salito sulla croce? Per essere con me e come me. Perché io possa essere con lui e come lui. Essere in croce è ciò che Dio, nel suo amore, deve all'uomo che è in croce. L'amore conosce molti doveri, ma il primo di questi doveri è di essere insieme con l'amato, come una mamma quando il figlio sta male... e vorrebbe prendere su di sé il male del suo bambino, ammalarsi lei per guarire suo figlio. Dio entra nella morte perché là va ogni suo figlio. Per trascinarlo fuori, in alto, con sé. La croce è l'abisso dove Dio diviene l'amante. È qualcosa che mi stordisce: un Dio che mi ha lavato i piedi e non gli è bastato, che ha dato il suo corpo da mangiare e non gli è bastato. Lo vedo pendere nudo e disonorato, e devo distogliere lo sguardo. Poi giro ancora la testa e riguardo la croce e vedo uno a braccia spalancate che mi grida: ti amo. Proprio me? Sanguina e grida, o forse lo sussurra, per non essere invadente: ti amo. C'erano là molte donne che stavano ad osservare da lontano. Piccolo gregge sgomento e coraggioso: la chiesa nasce dalla contemplazione del volto del Dio crocifisso (C.M.Martini), la chiesa nasce in quelle donne, che hanno verso Gesù lo stesso sguardo di amore e di dolore che Dio ha sul mondo. Le prime «pietre viventi» sono donne. Per diventare chiesa, dobbiamo anche noi sostare con queste donne accanto alle infinite croci del mondo dove Cristo è ancora oggi crocifisso nei suoi fratelli, disprezzato, umiliato, ricacciato indietro, naufragato. Con santa Maria e le donne sentiamo nostra la passione di ogni figlio dell'uomo: il mondo è tutto una collina di croci. Restiamo accanto, a portare conforto, speranza, pane, umanità, vita. Solo così sentiremo a Pasqua che «rotola armoniosamente la nostra vita nella mano di Dio» (H. Illesum).
In occasione del 5° anniversario della Caritas di S. Brigida si è esibito in chiesa il Coro degli alunni della Scuola Media Statale “ G. Fiorelli” diretto da Giuliana Calimeri. Circa 100 gli alunni coinvolti, accompagnati dalla loro Preside M.C. Palmiero e, il coro, guidato dai docenti, ha eseguito melodiosi canti con grande bravura, emozionando le persone presenti. Erano presenti oltre cento persone abitualmente assistite dalla Parrocchia e dalle realtà caritative ad essa collegate. Tale evento è stato preceduto dalla “ Giornata della carità “ di domenica 6 aprile, per la raccolta di offerte da devolvere agli assistiti della Caritas Parrocchiale di cui è Presidente la sig.ra Tina Tuccillo. Presente all’appuntamento anche l’Ordine di Santa Brigida che ha sostenuto economicamente e fornendo oggetti di abbigliamento e di biancheria, alla iniziativa benefica. Alcuni membri dell’OMSB, hanno contribuito, con grande disponibilità, all’organizzazione ed allo svolgimento dell’evento. La Caritas Parrocchiale si augura di essere stato di esempio nei confronti di tali giovanili menti e cuori ed auspica che non venga meno, nel tempo, il loro genuino entusiasmo e la caritatevole disponibilità verso chi ha avuto meno fortuna nella vita. Il parroco, Padre T. Galasso ed il Rettore Generale Padre Francesco Petrillo hanno reso la Chiesa di S. Brigida un reale e concreto punto di accoglienza per i fedeli di qualsiasi livello sociale, con particolare attenzione alle persone più bisognose di sostegno morale e materiale. 9 aprile 2014
Durante la celebrazione che ha radunato i gruppi di P. Pio del Lazio nella Chiesa di San Salvatore in Lauro a Roma al termine dell’Eucarestia presieduta dal Vescovo Matteo Zuppi Ausiliare di Roma per il Settore Centro, sabato 5 aprile, è stato accolto dai numerosi fedeli l’altarolo reliquiario conservato nella Chiesa di Santa Maria in Campitelli. Il singolare reliquiario attribuito dalla tradizione al Vescovo Gregorio Nazianzeno (IV secolo) è un “altare da viaggio” si desume da una antica iscrizione pervenuto da Gerusalemme e contenente oltre alcune insigni reliquie della passione del Signore (tra i quali un frammento della croce e del chiodo) un micro mosaico del volto di Cristo benedicente dell’ XI secolo proveniente da Costantinopoli. Il prezioso reliquiario ha accompagnato le stazioni della Via Crucis da San Salvatore in Lauro attraverso Ponte Sant’Angelo, Via della Conciliazione, Piazza San Pietro ed è stato traslato nella Basilica Papale e accolto da S. Ecc.za Mons. Vittorio Lanzani Delegato della Fabbrica di San Pietro che ha salutato i numerosi pellegrini. Al termine, dall’altare della Cattedra P. Davide Carbonaro parroco di Campitelli, ha benedetto i presenti con le reliquie della Passione. “Un momento di fede e di gratitudine al Signore per il dono della santità che scaturisce dalla Pasqua di Cristo alla quale ci stiamo preparando” ha affermato Mons. Pietro Bongiovanni Parroco di San Salvatore in Lauro e Delegato dei gruppi di preghiera di P. Pio. 6 aprile 2014
Durante la preghiera animata dalla Comunità di Taizé a Santa Maria in Portico in Campitelli a Roma venerdì 4 aprile in preparazione alla XXIX Giornata mondiale della gioventù, questo messaggio Frère Alois, Priore di Taizé, ha voluto condividere con i giovani intervenuti per la veglia e l’adorazione della Croce:
“Siamo qui non per preparare un incontro europeo, ma per fare un pellegrinaggio qui a Roma, per andare alle fonti della nostra fede. A Roma troviamo sempre una casa aperta, noi siamo sicuri di questo, e non soltanto case aperte, ma anche cuori aperti. E possiamo rendere grazie a voi tutti e a Dio di questa accoglienza che troviamo qui a Roma, in questa chiesa con P. Davide e tutta la Comunità. La settimana scorsa, ho potuto parlare con Benedetto XVI, mi ha accolto nel suo monastero nel Vaticano, e anche lui si ricorda ancora con grande gioia dell’incontro Europeo e della preghiera che abbiamo fatto insieme in piazza San Pietro. Questo incontro rimane nei cuori e rimane come incoraggiamento per tutti coloro che hanno partecipato. In novembre passato ho incontrato Papa Francesco era una udienza piena di gioia e mi ha accolto con fratellanza e bontà. Ha detto che dobbiamo continuare a Taizé ad accogliere i giovani e continuare come Comunità Ecumenica. Il Papa che dice questo a noi, i fratelli, è un grande incoraggiamento. Lui vive il suo ministero di confermare anche noi i fratelli di Taizé. Questa sera abbiamo ascoltato il Vangelo con la gioia di Cristo, la gioia di Gesù, perché Dio ha rivelato il suo amore ai piccoli. Dunque tutti noi possiamo accogliere questo amore di Dio, perché tutti noi siamo piccoli, siamo come dice sempre Papa Francesco: peccatori. Tutti noi possiamo allora accogliere questo amore. Siamo piccoli, imperfetti ed anche nella fede siamo piccoli, e questo dobbiamo anche accettare, che qualche volta la nostra fede è piccola. E allora che fare? C’è la tentazione di tornare verso la paura o la rassegnazione, quando vediamo i nostri peccati, la piccola fede. C’è dunque la tentazione della paura o della rassegnazione. Anche questa è una realtà che dobbiamo accettare. C’è la paura, c’è la rassegnazione, ma c’è qualcos’altro: l’amore di Cristo! Dobbiamo avere il coraggio di tornare verso questo amore di Cristo. Noi seguiamo il Cristo non perché siamo perfetti, ma perch il Cristo ci ami. Questo deve essere sempre il fondamento della nostra fede. E dobbiamo oggi osare di sentire l’amore di Dio, anche con il nostro sentimento, anche con il nostro cuore, sentire questo amore di Dio anche con il nostro spirito, con l’intelligenza. Sentire l’amore di Dio, questo è il messaggio che questa sera che volevo condividere con voi.”
5 aprile 2014
Having completed the first phase of permanent formation on "Reconciliation", the Indian delegation has started its second phase of its ongoing formation with Rev.Dr.Sebastin, the Rector of St.Paul's Theological Seminary,Trichy, who had completed his doctorate in Belgium on Dogmatic Theology.
With special reference to the recent apostolic exhortation of Pope Francis, Evangelii Gaudium, his vision of the Church and the apostolate of the consecrated persons were the main focus. His vision of the Church is best explained in the images he uses for the Church: Mother, Shepherdess, Field Hospital and moon. All these images together mean that the Church should not be self-referential. On the contrary, it should surge forth to the existential peripheries of the world and share the tender love, mercy, compassion of Father as Jesus did. The consecrated persons should reach out to the peripheries in two ways: constant and direct contact with the poor and preaching the word of God with due preparation. These are the two essential means of the ongoing consecration of the priests and religious. The challenges faced by the consecrated persons in their missionary endeavour were also dealt with.
5 aprile 2014
Nella vita degli amici di Gesù irrompono la morte e il miracolo. Se tu fossi stato qui mio fratello non sarebbe morto. Dolcemente, come si fa con chi amiamo, Marta rimprovera l'amico: va diritta al cuore di Gesù, e Gesù va diritto al cuore delle cose: Tuo fratello risorgerà . E Marta: so che risorgerà nell'ultimo giorno. Ma quel giorno è così lontano dal mio desiderio e dal mio dolore. Marta parla al futuro: So che risorgerà, Gesù parla al presente: Io sono, e incide due parole tra le più importanti del Vangelo: Io sono la risurrezione e la vita. Come alla samaritana è ancora a una donna che Gesù regala parole che sono al centro di tutta la fede: Io ci sono e sono la vita! Sono colui che adesso, qui, fa rinascere e ripartire da tutte le cadute, gli inverni, gli abbandoni. Notiamo la successione delle due parole «Io sono la Risurrezione e la vita». Prima viene la Risurrezione, poi la vita, e non viceversa. Risurrezione è un'esperienza che interessa prima di tutto il nostro presente e non solo il nostro futuro. A risorgere sono chiamati i vivi, noi, prima che i morti: a svegliarci e rialzarci da tutte le vite spente e immobili, addormentate e inutili; a fare cose che rimangano per sempre: Da morti che eravamo ci ha fatti rivivere con Cristo, con lui risuscitati (Efesini 2,5-6). La vita avanza di risurrezione in risurrezione, verso l'uomo nuovo, verso la statura di Cristo, verso la sua misura. O uomo prendi coscienza della tua dignità regale, Dio in te... (Gregorio di Nissa), che ti trasforma, e fa la vita più salda, amorevole, generosa, sorridente, creativa, libera. Eterna. Che rotola armoniosa nelle mani di Dio. Gesù si commosse profondamente e scoppiò in pianto. Dissero allora: guarda come lo amava! Piange e le sue lacrime sono la sua dichiarazione d'amore a Lazzaro e alle sorelle. Dio piange e piange per me: sono io Lazzaro, io sono l'amico, malato e amato, che Gesù non accetta gli sia strappato via. Dalle lacrime di Dio impariamo il cuore di Dio. Il perché della nostra risurrezione sta in questo amore fino al pianto. Risorgiamo adesso, risorgeremo dopo la morte, perché amati. Il vero nemico della morte non è la vita ma l'amore. Forte come la morte è l'amore, dice il Cantico. Ma l'amore di Dio è più forte della morte. Se il nome di Dio è amore, allora il suo nome è anche Risurrezione. Lazzaro, vieni fuori! Liberatelo e lasciatelo andare. Tre parole per risorgere, tre ordini che risuonano per me: esci, liberati e vai. Con passo libero e glorioso, per sentieri nel sole, in un mondo abitato ormai dalla più alta speranza: qualcuno è più forte della morte.
“Benedetto sei tu, Signore, Padre santo, che hai mandato il tuo Figlio nel mondo… e lo hai costituito pastore e porta dell'ovile, perché chi entra sia salvo, e chi entra ed esce trovi i pascoli della vita”. Queste parole del Benedizionale ben commentano l’inaugurazione della porta in vetro per l’accesso riservato ai disabili che ha avuto luogo il 25 marzo, solennità dell’Annunciazione del Signore, nella Parrocchia B V Maria del SS Rosario. La Solenne Concelebrazione Eucaristica vespertina ha avuto inizio con i fedeli radunati all’esterno dell’edificio sacro in raccoglimento prima e poi nel canto a Cristo Porta della salvezza. Il parroco, p. Raffaele Tosto, ha poi pronunciato la parole proposte dal Benedizionale ed ha asperso con l’acqua benedetta l’artistica porta sabbiata a due ante raffigurante l’episodio dell’incarnazione del Verbo nella visita dell’angelo a Maria, da qui tutti hanno fatto ingresso nell’aula liturgica e si è sciolto il canto di gloria Dio per i suoi innumerevoli benefici elargiti in Cristo Gesù fatto uomo per la nostra salvezza. La porta dischiude allo sguardo del passante l’altare cosiddetto del Sangue Sparso riservato alla custodia della SS Eucaristia e invita a sosta privilegiata di fronte all’Eucaristia quanti si recano nel Santuario Mariano per la preghiera personale. Un segno ulteriore dell’azione premurosa di Maria porta del cielo che guida i fedeli all’incontro reale col suo Figlio Gesù pastore e porta del gregge. 3 aprile 2014
Dentro la luce del giorno cerchiamo tutti un'altra luce, come il cieco dalla nascita che scopre progressivamente la verità di Gesù: è un profeta, è il figlio dell'Uomo, è il Signore. Come lui, abbiamo bisogno di fede visibile e vigorosa, di fede che sia pane, che sia visione nuova delle cose. Gesù, dopo un gesto iniziale carico di simboli e di tenerezza, scompare, lasciando la scena alla dialettica degli altri, tutti a difendersi, ad attaccare, a parlare senza sosta e senza gioia. E nessuno che provi pena per gli occhi vuoti del cieco; nessuno che si entusiasmi per i nuovi occhi illuminati. Gesù non ci sta, non ha nulla da spartire con un mondo fatto di parole e di teorie. Egli è la «compassione», non la spiegazione. Esattamente ciò che cerca la muta speranza del cieco: mani che lo tocchino, e qualcuno che sugli occhi spenti metta qualcosa di proprio, come quella piccola liturgia di mani, di fango, di saliva, di cura, che Gesù celebra. Cerca partecipazione, non spiegazione. Invece i farisei hanno edificato un mondo di parole e di sofismi, che non sa più ascoltare la vita. Come loro anch'io talvolta chiudo l'uomo vivente e dolente dentro la griglia della teoria religiosa o della norma etica. È un mondo cieco, dove coloro che si dicono sapienti non sanno più parlare alla speranza. Burocrati delle regole e analfabeti del cuore. Infatti nelle parole dei farisei il termine più ricorrente è peccato: «noi sappiamo che quest'uomo è un peccatore»; «sei nato tutto nei peccati e vuoi insegnare a noi?». Prima ancora i discepoli avevano chiesto: «chi ha peccato? Lui o i suoi genitori?». La loro è una religione immiserita a questioni di peccato. E il peccato è innalzato a teoria che spiega il mondo e interpreta la realtà. E perfino l'agire di Dio. Ma il peccato non è rivelatore, rende ciechi, davanti all'uomo e davanti a Dio. E Gesù capovolge immediatamente questa mentalità: l'uomo non coincide con il suo peccato, ma il bene possibile. E non parlerà di peccato se non per dire che è perdonato; e per assicurare che Dio non spreca la sua eternità in castighi, che non può essere appiattito sul nostro moralismo. Egli è compassione, futuro, approccio ardente, mano viva che tocca il cuore e lo apre, porta luce e fa nascere. Egli vive per me e dalle sue mani la vita fluisce per me, come fiume e come sole, gioiosa, inarrestabile, eterna.
Lo scorso 16 marzo il P. Generale accompagnato dal Delegato del Cile sono stati ricevuti dal Cardinale di Bogotà S. E.za Ruben Salazar che ha concesso l’apertura di una Comunità dell’Ordine della Madre di Dio dedicata a San Giovanni Leonardi a Bogotà Colombia, affidando una parrocchia. Di seguito pubblichiamo la lettera del P. Generale.
22 marzo 2014
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Lettera del P. Generale apertura comunità in Colombia