Cookie Consent by Popupsmart Website

stemma e nome

Sabato, 05 Gennaio 2013 10:29

Cerchi l’umanità trovi Dio

230A Natale è Dio che cerca l'uomo. All'Epifania, è l'uomo che cerca Dio. Ed è tutto un germinare di segni: come segno Maria ha un angelo, Giuseppe un sogno, i pastori un Bambino nella mangiatoia, ai Magi basta una stella, a noi bastano i Magi. Perfino Erode ha il segno: dei viaggiatori che giungono dall'Oriente, cul­la della luce, a cercare un altro re.

Perché un segno c'è sempre, per tutti, anche oggi. Spesso si tratta di piccoli segni, sommessi; più spesso ancora si tratta di per­sone che sono epifanie di bontà, incarnazioni viventi di Vangelo, che hanno occhi e parole come stelle. L'uomo è la stella: «percorri l'uomo e troverai Dio» (sant'Agostino). Perché Dio non è il Dio dei libri, ma della carne in cui è di­sceso.

Come possiamo diventare anche noi lettori di segni, e non scribi sotto un cielo vuoto?

I. Il primo passo lo indica Isaia: «Alza il capo e guarda!». La vita è estasi, uscire da sé, guardare in alto; uscire dal piccolo perimetro del sangue verso il grande giro delle stelle, dalle mille sbarre dietro cui si rinchiude e si illude il Narciso che è in me, verso l'Altro. Aprire le finestre di casa ai grandi venti.

II. Mettersi in strada dietro una stella che cammina. Per trovare Cristo occorre andare, indagare, sciogliere le vele, viaggiare con l'intelligenza e con il cuore. Cercare è già un po' trovare, ma trovare Cristo vuol dire cercarlo ancora. «Andando di inizio in inizio, per inizi sempre nuovi» (Gregorio di Nissa). Andando però insieme, come i magi: piccola comunità, solitudine già vinta; come loro fissando al tempo stesso gli abissi del cielo e gli occhi delle creature.

III. Non temere gli errori. Occorre l'infinita pazienza di ricominciare, e di interrogare di nuovo la Parola e la stella, non come fa uno scriba, ma come fa un bambino. Come guarda un bambino? Con uno sguardo semplice e affettuoso.

IV. Adorare e donare. Il dono più prezioso che i Magi possono offrire è il loro stesso viaggio, lungo quasi due anni; il dono più grande è il loro lungo desiderio. Dio desidera che abbiamo desiderio di lui.

«Per un'altra strada ritornarono al loro paese». Anche il ritorno a casa è strada nuova, perché l'incontro ormai ti ha fatto nuovo: «Cercatore verace di Dio è solo chi inciampa su una stella, scambia incenso ed oro con un ridente cuore di bimbo e, tentando strade nuove, si smarrisce nel pulviscolo magico del deserto...» (E. Ronchi)
 
Baldo-santi-1Oggi 4 gennaio 2013 si è addormentato nel Signore P. Baldo Santi dell’Ordine della Madre di Dio. Nato a Barga in Toscana nel 1920 dopo l’ordinazione sacerdotale fu inviato nella Delegazione cilena, correva l’anno 1946. Destinato a Rancagua dopo qualche tempo fu parroco a Santiago. Nel 1956 entrò a far parte della Caritas Chile e vi lavorò per 47 anni in modo creativo e  profetico. Provvide ad una fondazione per la prevenzione e l’accompagnamento dei malati di HIV e per  rispondere alle necessità delle persone povere infettate dal male. Per la sua opera nel 1994 ricevette dal governo Frei la nazionalità cilena. La camera ardente sarà allestita presso la Cappella del Seminario Regina Apostolorum di Santiago e i funerali saranno celebrati domenica sei gennaio ore 15,00  nella Chiesa di San Lazzaro.

4 gennaio 2013
 
fine-Taiz-1Gli ultimi minuti dell’anno appena trascorso nella Chiesa di Campitelli, sono stati scanditi dalla voce di centinai di giovani che, raccolti intorno alla croce, hanno posto in essa le speranze e i desideri per l’avvenire. Solo Cristo dà solidità al tempo e alla storia. E mentre  nella città di Roma risuonava il frastuono di un anno che passa e del nuovo che giunge, il cuore dei giovani si accendeva di Cristo: “Dans nos obscurités… nelle nostre tenebre accendi un fuoco che non si spegne mai”. La celebrazione vigiliare è stata seguita in diretta dalla Radio Francese RCF e preparata dagli interventi di Mons. Deris Moutel vescovo di Saint Brien e responsabile della Pastorale giovanile francese ed il commento di Fr Benoit di Taizé. Dopo la preghiera i giovani si sono incontrati per celebrare la Festa dei popoli nella Sala Baldini, canti e giochi espressivi per liberare la gioia e ritrovarsi insieme uniti nel sorriso che è fonte di benedizione e di pace. La celebrazione eucaristica del primo gennaio solennità della Madre di Dio e giornata della pace, è stata presieduta dal Vescovo Matteo Zuppi Ausiliare di Roma; ai giovani si è rivolto con affabilità e calore ricordando che: “La chiesa non è mai piccola, ma ha un cuore grande. In effetti quando il cuore è piccolo tutto diventa un problema, quando il cuore è grande impariamo a fare cose grandi ed è questa la pace che Dio vuole”. Poi ha proseguito Mons. Zuppi: “Il bambino che è nato a Betlemme ci aiuta a guardare tutti con occhi buoni. In definitiva, un uomo buono è un uomo fortissimo, perché ha vinto la paura, mentre i violenti hanno paura perché non sanno voler bene. Questo dunque è un anno buono e ci auguriamo di viverlo da uomini e donne pieni di bontà”. Al termine dell’Eucaristia ai giovani è stato distribuito il santo protettore dell’anno secondo la tradizione dell’Ordine e si sono ritrovati insieme per condividere il pranzo offerto dalla comunità religiosa e parrocchiale di Santa Maria in Portico in Campitelli.

2 gennaio 2013
 
Lunedì, 31 Dicembre 2012 12:42

La benedezione di Dio ci alimenta

229La prima lettura biblica del nuovo anno fa scendere su di noi una benedizione colma di luce, in cui prendere respiro per l'avvio del nuovo anno: il Signore parlò a Mosè, ad Aronne, ai suoi figli e disse: Voi benedirete i vostri fratelli. Voi benedirete: per prima cosa, che lo meritino o no, voi li benedirete. Dio ci raggiunge non proclamando dogmi o impartendo divieti, ma benedicendo. La sua benedizione è una energia, una forza, una fecondità di vita che scende su di noi, ci avvolge, ci penetra, ci alimenta. Dio chiede anche a noi, figli di Aronne nella fede, di benedire uomini e storie, il blu del cielo e il giro degli anni, il cuore dell'uomo e il volto di Dio. Mio e tuo compito per l'anno che viene: benedire i fratelli! Se non impara a benedire, l'uomo non potrà mai essere felice.

E come si fa a benedire? Dio stesso ordina le parole: Il Signore faccia risplendere per te il suo volto. Che cosa è un volto che risplende? Forse poca cosa, eppure è l'essenziale. Perché il volto è la finestra del cuore, racconta cosa ti abita.

Brilli il volto di Dio, scopri nell'anno che viene un Dio luminoso, un Dio solare, ricco non di troni, di leggi, di dichiarazioni ma il cui più vero tabernacolo è la luminosità di un volto. Un Dio dalle grandi braccia e dal cuore di luce.

La benedizione di Dio non è salute, denaro, fortuna, prestigio, lunga vita ma, molto semplicemente, è la luce. La luce è tante cose, lo capiamo guardando le persone che hanno luce, e che emanano bontà, generosità, bellezza, pace. Dio ci benedice ponendoci accanto persone dal volto e dal cuore luminosi. Continua la bibbia: Il Signore ti faccia grazia. Cosa ci riserverà l'anno che viene? Io non lo so, ma di una cosa sono certo: Il Signore mi farà grazia, che vuol dire: il Signore si rivolgerà verso di me, si chinerà su di me, mi farà grazia di tutti gli sbagli, di tutti gli abbandoni; camminerà con me, nelle mie prove si abbasserà su di me, mio confine di cielo, perché non gli sfugga un solo sospiro, una sola lacrima. Qualunque cosa accadrà quest'anno, Dio sarà chino su di me e mi farà grazia.

Otto giorni dopo Natale ritorna lo stesso racconto di quella notte: Natale non è facile da capire. Facciamoci guidare allora da Maria, che custodiva e meditava tutte queste cose nel suo cuore; che cercava il filo d'oro che tenesse insieme gli opposti: una stalla e «una moltitudine di angeli», una mangiatoia e un «Regno che non avrà fine». Come lei, come i pastori, anche noi salviamo almeno lo stupore: a Natale il Verbo è un neonato che non sa parlare, l'Eterno è appena il mattino di una vita, l'Onnipotente è un bimbo capace solo di piangere. Dio ricomincia sempre così, con piccole cose e in alto silenzio. (E. Ronchi)
 
Lunedì, 31 Dicembre 2012 11:54

Oltre trecento giovani accolti a Campitelli

Teiz-RomaProseguono i giorni di Taizé a Roma, i giovani pellegrini di speranza nella Città eterna invadono strade, chiese, ma soprattutto i cuori di tanti cristiani che pongono le domande sul senso di questa presenza. I giovani rappresentano il nostro presente, ma anche il futuro della Chiesa e della società. “Venire a Roma come pellegrini nell’anno della fede affermando che la nostra fede è Cristo, il bambino nato a Betlemme, che cresce, e cammina per le strade della Palestina, egli l’innocente che dà la vita è il Dio dell’amore”. Così il P. Generale si è rivolto agli oltre trecento giovani di Taizé radunati domenica 30 dicembre nella Chiesa parrocchiale di Santa Maria in Portico in Campitelli. La Comunità religiosa e parrocchiale in questi giorni ha preparato l’accoglienza dei trecento giovani assegnati, sono olandesi, francesi, polacchi, ucraini, belgi, lituani, della bosnia erzegovina e della spagna. Uniti in una sola voce per celebrare Cristo il risorto. I canoni di Taizé brevi frasi meditative che contengono le parola di Dio o l’esperienza di alcuni mistici sono risuonate nella volta di Campitelli che già da diversi anni ospita mensilmente la preghiera di Taizé a Roma. I giovani hanno trovato accoglienza negli spazi offerti dalle comunità religiose presesenti nel territorio parrocchiale: “Una testimonianza preziosa per tutti”, ha affermato il parroco p. Davide Carbonaro. “I giovani pregano, condividono il cibo, e le domande che portano nel cuore, ne siamo certi l’unica risposta è Cristo che alimenta la fiducia e fa risplendere la terra di novità”.

31 dicembre 2012 
 
Sabato, 29 Dicembre 2012 21:54

Roma apre le porte ai giovani di Taizé

Teiz-CampiAncora una volta Roma mostra il suo volto migliore. Le famiglie romane, le parrocchie, gli istituti religiosi hanno aperto letteralmente le porte per accogliere la gioiosa «invasione» dei 42 mila ragazzi di tutta Europa - e non solo - sbarcati nella città Caput Mundi per il 35° incontro internazionale ecumenico di Taizé, da ieri al 2 gennaio, che stasera vivrà l’incontro con Benedetto XVI. E il commento dei romani - parroci, volontari, famiglie - è unanime: «Riceviamo molto più di quanto diamo». Il "Santa Maria" in viale Manzoni, grande istituto scolastico dei marianisti a due passi dal Laterano, è uno dei due centri di smistamento: qui italiani e portoghesi vengono indirizzati nelle 250 parrocchie disponibili. Sciami di trolley e zaini colorati entrano ed escono cercando le fermate di bus e metro. «Dopo 25 anni il pellegrinaggio di Taizé torna a Roma», racconta il portavoce frère David, 40 anni, portoghese, ma da vent’anni in Francia. «Era l’87 e c’erano molti degli attuali genitori di questi giovani che cercano nella fede la forza per costruire un mondo di pace, giustizia, fratellanza. Tanti erano a Roma per la Gmg del Giubileo». Sono i più grandi, gli ultratrentenni. La fascia di età va dai 17 ai 35, ma ci sono soprattutto 20-25enni. Tantissimi i polacchi - circa 10mila - e poi lituani, cechi, slovacchi, russi, bielorussi, tedeschi, belgi, olandesi, scandinavi vari e ovviamente anche 13mila italiani. «Oltre ai cattolici – spiega a Radio Vaticana il priore di Taizé frère Alois – ci sono ortodossi e protestanti. Insieme in Cristo che ci riunisce». «Roma ci sta dando un grande sostegno – conferma frère David – sia la Chiesa, che il Comune e l’università. I ragazzi rinunciano a qualche comodità per concentrarsi sull’essenziale. Come a Taizé dove ogni anno ne passano 100mila, d’estate 5mila a settimana in un borgo di 150 persone. Nonostante le festività, tante famiglie sono fuori oppure ospitano parenti, l’accoglienza è stata grande. L’incontro col Papa poi è il segno di una Chiesa che dà fiducia e spazio, in una società che non offre futuro a questa generazione».

29 Dicembre 2012

 
benedetto-1Abbiamo veramente posto per Dio, quando cerca di entrare da noi? Abbiamo posto per i migranti, per i profughi, per il nostro prossimo? Queste le domande che Benedetto XVI ha rivolto all'inizio della sua omelia nella Messa della Notte di Natale, nella Basilica Vaticana. Dove Dio viene dimenticato o addirittura negato, non c'è pace. Oggi, ha aggiunto il Papa, diffuse correnti di pensiero asseriscono il contrario: si dice che il monoteismo, la fede nell'unico Dio, sarebbe prepotenza, causa di intolleranza, perché in base alla sua natura esso vorrebbe imporsi a tutti con la pretesa dell'unica verità.

25 dicembre 2012
pdf  Omelia di Benedetto XVI - Natale 2012  
Domenica, 23 Dicembre 2012 20:21

Natale: il giudizio sul mondo

228A Natale non celebriamo un ricordo, ma una profezia. Natale non è una festa sentimentale, ma il giudizio sul mondo e il nuovo ordinamento di tutte le cose. Quella notte il senso della storia ha imboccato un'altra direzione: Dio verso l'uomo, il grande verso il piccolo, dal cielo verso il basso, da una città verso una grotta, dal tempio a un campo di pastori. La storia ricomincia dagli ultimi.

Mentre a Roma si decidono le sorti del mondo, mentre le legioni mantengono la pace con la spada, in questo meccanismo perfettamente oliato cade un granello di sabbia: nasce un bambino, sufficiente a mutare la direzione della storia. La nuova capitale del mondo è Betlemme.

Lì Maria diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una man­giatoia... nella greppia degli animali, che Maria nel suo bisogno legge come una culla. La stalla e la mangiatoia sono un 'no' ai modelli mondani, un 'no' alla fame di potere, un no al 'così vanno le cosé. Dio entra nel mondo dal punto più basso perché nessuna creatura sia più in basso, nessuno non raggiunto dal suo abbraccio che salva.

Natale è il più grande atto di fede di Dio nell'umanità, affida il figlio alle mani di una ragazza inesperta e generosa, ha fede in lei. Maria si prende cura del neonato, lo nutre di latte, di carezze e di sogni. Lo fa vivere con il suo abbraccio. Allo stesso modo, nell'incarnazione mai conclusa del Verbo, Dio vivrà sulla nostra terra solo se noi ci prendia­mo cura di lui, come una ma­dre, ogni giorno.

C'erano in quella regione alcuni pastori... una nuvola di ali e di canto li avvolge. È così bello che Luca prenda nota di questa unica visita, un gruppo di pastori, odorosi di lana e di latte... È bello per tutti i poveri, gli ultimi, gli anonimi, i dimenticati. Dio riparte da loro.Vanno e trovano un bambino. Lo guardano: i suoi occhi sono gli occhi di Dio, la sua fame è la fame di Dio, quelle manine che si tendono verso la madre, sono le mani di Dio tese verso di loro.

Perché il Natale? Dio si è fatto uomo perché l'uomo si faccia Dio. Cristo nasce perché io nasca. La nascita di Gesù vuole la mia nascita: che io nasca diverso e nuovo, che nasca con lo Spirito di Dio in me. Natale è la riconsacrazione del corpo. La certezza che la nostra carne che Dio ha preso, amato, fatto sua, in qualche sua parte è santa, che la nostra storia in qualche sua pagina è sacra.

Il creatore che aveva plasmato Adamo con la creta del suolo si fa lui stesso creta di questo nostro suolo. Il vasaio si fa argilla di una va­so fragile e bellissimo. E nessuno può dire: qui finisce l'uomo, qui comincia Dio, perché Creatore e creatura ormai si sono abbracciati. Ed è per sempre. (E. Ronchi)
 
Venerdì, 21 Dicembre 2012 20:22

Cile. Arockiasamy professo solenne

Prof-samySantiago, Chile. Il 9 dicembre 2012 ha emesso i voti solenni il Chierico Arockiasamy nella famiglia Leonardina. Il rito è stato presieduto dal Delegato generale nella parrocchia di Nostra Signora di Guadalupe con il tema  Il mio cibo è fare la volontà del Padre mio" (Gv 3, 34). Per questo motivo, ha affermato Samy: “prima di tutto ringrazio a Dio per i suoi doni e l’abbondante divina provvidenza, che ho sperimentato nel percorso della mia formazione in questi anni, insieme con la perseveranza e pazienza. Tutti doni suoi! Questo si manifesta, inoltre, concretamente, nella sua speciale chiamata ad amare e servire il popolo e la Chiesa santa. Chiedo, pertanto a Dio, fonte di amore di aiutarmi ancora più con la sua grazia e benedizione consegnandomi  i doni del suo Spirito”.

 

21 dicembre 2012

 
Venerdì, 21 Dicembre 2012 08:06

Dio della gioia e della vita

226Nel Vangelo profetizzano per prime le madri, due donne con il grembo carico di cielo, abitate da figli inesplicabili. Maria ed Elisabetta sono i primi profeti del Nuovo Testamento: la prima parola di Dio è la vita. Dio viene come vita. Due donne, la vergine e la sterile, entrambe incinte in modo «impossibile» annunciano che viene nel mondo un «di più», viene ciò che l'uomo da solo non può darsi. Dio viene come gioia. Per due volte Luca ripete che il bambino salta di gioia nel grembo. In quel bambino è l'umanità intera che sperimenta che Dio dà gioia, la terra intera che freme per le energie divine che in essa sono deposte ogni giorno. Dio viene come abbraccio. La preghiera di Maria non nasce nella solitudine, ma nell'abbraccio di due donne, in uno spazio di affetto. Dio viene nelle mie relazioni, mediato da persone, da incontri, da dialoghi, da abbracci. «Le mie braccia allargate sono appena l'inizio del cerchio. Un Amore più vasto lo compirà» (M. Guidacci). «Benedetta tu fra le donne!» La prima parola di Elisabetta è una benedizione che da Maria discende su tutte le donne. Benedetta sei tu fra le donne che sono, tutte, benedette. Ad ogni frammento, ad ogni atomo di Maria, sparso nel mon­do e che ha nome donna (G. Vannucci) vorrei ripetere la profezia di Elisabetta: che tu sia benedetta, che benefico agli umani sia il frutto dell'intera tua vita. Ogni prima parola tra gli uomini dovrebbe avere il «primato della benedizione». Dire a qualcuno «ti benedico!» significa vedere il bene in lui, prima di tutto il bene e la luce, e il buon grano, con uno sguardo di stupore, senza rivalità, senza invidia. Se non imparo a benedire chi ho accanto, la vita, non potrò mai essere felice. Ogni prima parola con Dio abbia il primato del ringraziamento. Come fa Maria con il suo Magnificat, che è il suo Vangelo: la lieta notizia dell'innamoramento di Dio, che ha posto le sue mani nel folto della vita. Per dieci volte Maria ripete: è lui, è lui che guarda, è lui che innalza, è lui che riempie, è lui. Il centro del cristianesimo è ciò che Dio fa per me, non ciò che io faccio per Dio. Anch'io abiterò la vita con tutta la mia complessità, con la parte di Zaccaria che fatica a credere, di Elisabetta che sa benedire, con la parte di Maria che sa lodare, di Giovanni che sa danzare, portando in molti modi il Signore nel mondo. E forse verrà pronunciata anche per me la parola: Benedetto sei tu perché porti il Signore, come Maria. (E. Ronchi)
 
© 2024 Ordine della Madre di Dio. All Rights Reserved. Powered by VICIS