Curia Generale dell'Ordine
Rev.mo Padre Generale P. Luigi Antonio Piccolo OMD
ordine.madredidio@libero.it
Segreteria di Curia
P. Rafael Andres Pereira Barbato OMD
omdcuria@gmail.com
Indirizzo
Piazza Campitelli 9, 00186 Roma
Tel. e fax: (+39) 06.31073632
CONTATTACI
Da un Sermone sul pianto di Gesù (C. 342)
Quando arrivati nelle vicinanze di Gerusalemme, giunsero in vista di Betfage, alle falde del monte degli ulivi, Gesù mandò due discepoli (Mt 21,1). Basterebbe questo Vangelo per costringere gli uomini a convertirsi. Ora dice l’evangelista mentre si avvicinava il giorno solenne delle Palme quando con tanta gloria e trionfo il Signore entrava a Gerusalemme, Gesù vedendo la città pianse (Cf. Lc 19,41).
Quale il motivo di questo pianto? Egli piange come una madre che per redimere il figlio dal male, usando ogni rimedio, senza procurargli giovamento, piange davanti a lui. E questo perché ciò che non hanno potuto i rimedi, lo provochino le lacrime. Così carissimi, il nostro Salvatore, avendo offerto tanti rimedi per salvare il suo popolo, infine mostra il suo volto irrorato di lacrime. Poteva piangere di lontano e di nascosto, ma il vangelo ci dice: mentre si avvicinava a Gerusalemme.
Perché piangi mio Signore? Chi ti ha offeso? Piangi in questo giorno in cui il popolo ti attribuisce onore e gloria? Mi sembra che Cristo risponda: E’ proprio questa la causo del mio dolore. Questo popolo che oggi mi benedice e domani mi tradisce e crocifigge.
Da una meditazione sulla Passione (C. 245v.)
Afferma [Giovanni nell’Apocalisse] che l’albero della vita i cui frutti erano soavissimi e le foglie di gran virtù per sanare ogni infermità. Quei frutti sono immagine dei benefici spirituali che si ottengono meditando la passione. Le foglie che risanano sono gli sputi, le piaghe, il sangue del Crocifisso. Tali foglie che seppur destinate al tormento, offrono anche ornamento e spandono celeste amore.
Dio stesso volle che fosse custodito il bastone di Mosè con il quale compì diversi prodigi, e volle altrettanto che la Croce fosse anche conservata nella mente umana attraverso la contemplazione perché potessimo ricordare quanto Dio ha fatto per noi. Dopo aver creato ogni cosa Dio scelse il luogo più degno del Paradiso per porvi l’albero della vita. Allo stesso modo la Chiesa fa con l’albero della croce. All’Apostolo Giovanni gli fu mostrata quella grande città che era la Chiesa in mezzo ad essa vi era un albero che aveva dodici buoni frutti per ciascun mese (Cf. Ap 22,2). Questo albero è la croce che possiede infiniti frutti, ma dodici sono molto speciali.
Il primo è dato a coloro che ascoltata la passone ne ottengono luce. Infatti, osserva il salmista: Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti (Sal 33,6). Nel secondo frutto attraverso questa illuminazione spirituale l’anima conosce il suo stato e come il figlio prodigo piange i peccati. Nel terzo frutto viene donata la devozione, la quale non solo è molto utile, ma senza il suo ausilio non si può vivere né rimanere molto tempo nel divino amore. Nel quarto frutto è concessa la fortezza in ogni tribolazione. Nel quinto la fuga dai peccati. Nel sesto la dolcezza nelle tribolazioni. Nel settimo la conoscenza della nobiltà dell’anima. Nell’ottavo la purificazione dei peccati. Nel nono la pienezza della divina dolcezza. Nel decimo veniamo trasformati in Dio. Come afferma nella Scrittura: attirerà a sé ogni cosa (Cf. Gv 12,32). Nell’undicesimo il cuore è riscaldato ed eccitato il fervore. Nel dodicesimo la fiamma del divino amore.
Dal Sermone sulla Divina bellezza (C. 244)
Tutti desiderano l’umana bellezza e l’amano, come ci ricorda la Sacra Scrittura. Alcuni furono da essa accecati perché possiede una grande forza. Per tale motivo alcuni santi, passarono la loro vita senza guardare in faccia nessuno.
Ora se le realtà umane muovono tanto l’uomo ad amarle, come non ci attirerà Dio che è somma bellezza? Ma per parlare della bellezza di Dio è come scorgere le gocce in mezzo al mare. Sarebbe più facile, perché della sua magnificenza è scritto: “è mia la bellezza dei campi” (Cf Sal 49,11).
In effetti, questo campo di cui parla il salmista è l’universo. Cosiché difficilmente si può comprendere tale bellezza. Per questo è necessario ascendere dalle creature al Creatore essendo che queste sono, come affermano alcuni santi, vestigia della divinità.
Contempla dunque la bellezza degli Angeli e dei Santi. Ma tutte queste appartengono a Dio in grado più eminente, poiché egli è origine di tutta la bellezza.
Per questo riflettendo la nobiltà di Dio le creature devono muoverci e attrarci ad amarlo. Come molti per godere della bellezza affrontano tanti disagi, quanto più noi, mossi dall’eterna bellezza di Dio?
Da un Sermone sul Natale (C.455)
E’ Cristo il vero Cesare Augusto, vero signore dell’unverso. E’ lui che censisce il mondo e lo chiama alla fede. Ognuno nella propria città dovrà iscrivere il suo nome. Prima alla patria celeste dove è il nostro destino e quindi nella Chiesa santa nella quale sono scritti i nomi di tutti coloro che appartengono a Cristo nel Santo Battesimo.
Occorre che anche noi con Giuseppe e Maria andiamo ad inscriverci a Betlemme che significa casa del pane. Quale è questa casa del pane se non la Chiesa santa? E di quale pane si tratta se non di quello per cui fu detto “Io sono il pane vivo”? (Gv 6,51). Ora tutti coloro che vogliono appartenere a Cristo ed entrare in questa casa, prenderanno questo pane e i loro nomi saranno scritti in cielo. Così scrive l’Evangelista: trovandosi in quel luogo per lei si compirono i giorni del parto (Lc 2,6) Dove erano? In una piccola stalla, in un luogo fatto per ritirarsi dalle intemperie, vicino alla strada, come alle volte ci viene rappresentato.
Ho Dio mio, o mio Creatore e Signore! Dove sei, dove abiti, dove vuoi nascere! Quale cuore non si strugge, non viene meno, non si commuove davanti a questo mistero! Mentre si trovavano in quel luogo. Dove sono mio Signore i palazzi dei potenti, i superbi edifici, le alte torri, le lussuose camere che convengono alla tua divina maesta?
Oh altezza, o superbia del mondo! Non ti confondi mentre il tuo Dio vuol nascere in un luogo così vile? E tu piccolo uomo che sei polvere e cenere, non ti sazi mai di costruire palazzi badando di porre il tuo paradiso in questo mondo!
E si compirono i giorni del parto di Maria che diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in panni e lo depose in un presepio. Poiché non vi era posto per lui nell’albergo. Presepio vuol dire due cose: sia mangiatoia grande per gli animali, sia piccola, come una cesta dove si mette la biada. […].
Betlemme casa del pane, la Chiesa, il pane, Cristo, l’albergo, l’altare, il presepio, il nostro cuore. Non c’era per lui posto nell’albergo. Egli non si compiace solo di stare nel tabernacolo, sull’altare, ma nel nostro cuore.
Da un Sermone sul vero tesoro (C.184)
L’altezza e la profondità delle divine perfezioni che vengono comunicate da Dio alla creatura razionale, sono tali e tante che non solo il linguaggio umano non basta ad esprimerle, ma neppurre l’intelletto degli angeli può comprenderle; poiché sono tanti i tesori, le gioie e le preziosità con le quali Dio adorna l’anima cristiana, che gli stessi angeli rimangono stupiti e attoniti, perchè pietre preziose sono la bontà divina, la misericordia e l’onnipotenza. Tutto questo infatti, l’Altissimo si degna nella sua suprema ed ed infinita bontà comunicare alla diletta e fedele anima cristiana.
Eppure, vi sono molte gioie che non conviene accogliere e neanche guardare, poiché non garberebbero alla nostra salvezza, anzi al contrario provocherebbero la nostra dannazione. Ora, per la debolezza della nostra ragione, avremmo cercato invano la gioia, se Dio, per la sua bontà, non ci avesse mandato un gioielliere ben esperto, cioè Cristo nostro, il quale ci ha fatto conoscere e ci ha insegnato a distinguere la gioia dalla tristezza.
Triste fu la gioia di Satana e dei Progenitori quando cercarono di farsi simili a Dio. Ma fu necessaria la venuta di Cristo che oggi per mezzo del suo Vangelo ci propone la vera gioia e ciò che vale. Beato colui il quale saprà attingere e rivestirsi di questa gioia, perché il Signore lo renderà figli di Dio, erede del cielo, amico degli spiriti celesti. Per questo ci dice: siate misericordiosi! (Lc 6,31)