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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Da un sermome sull’Esaltazione della Croce (C. 500)
La croce fu piantata nel mezzo della terra perché ricorda il salmista: in mezzo alla terra Dio ha operato la sua salvezza (Cf. Sal 73,12). E questo perché noi possiamo intendere, o diletti, che la croce del Signore è fissa nel mezzo della nostra umanità, cioè nella nostra anima.
Infatti, la Croce fu piantata nel nostro cuore tante volte. Quando Dio introdusse in noi la sua grazia. Egli piantò la croce in noi nel Battesimo quando fummo rigenerati in questo lavacro benedetto.
La piantò nella confermazione, quando fummo chiamati tra le sue schiere. La radica in noi ancora oggi quando ci confessiamo con viva contrizione.
Pianta la croce ogni volta che si celebra il sacrificio nel santo Sacramento. La innesta continuamente nella mente dei suoi fedeli quando in essi accende il fuoco della sua passione.
Da un sermone sulla lettera agli Efesini (C. 199)
E’ Dio che promette di farci diventare suoi figli ed eredi (Cf. Gal 4,7) […]. Infatti, se egli crea lo fa per amore; se custodisce la creazione è ancora per amore; se governa lo fa per amore; se ordina, ciò avviene unicamente per amore. Chi fece incarnare nel tempo suo Figlio se non l’Amore? Afferma l’evangelista Giovanni: Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo figlio unigenito (Gv 3,16). Imita Dio in questo, offri tutto di te all’Altissimo! Ma come dobbiamo amare? Come Cristo ci ha amati dando se stesso per noi (Ef 5,2). Consegna a Dio la tua volontà, poiché Dio non accetta niente da te senza di te. […]
Sii ostia a lui gradita come Cristo che si offrì in sacrificio di soave odore. Come gli aromi i quali non danno la loro fragranza quando sono interi, ma quando sono frantumati. Questo fece Cristo, diffondendo il suo odore quando fu spezzato, quando gli furono aperte le mani, i piedi, il capo ed il costato. Spezzati gli aromi e posti nel fuoco si sparge il loro odore. Il buon profumo di Cristo non si sarebbe sparso se egli non fosse stato ostia gradita posta sul fuoco. […] Oh vita della mia vita! Oh vita dell’anima mia! Se mi fosse lecito vorrei abbracciare la tua santissima umanità.
Dal sermone sulla guarigione dal peccato (C. 219)
La miglior novità ed il maggior conforto che si possono dare ad un infermo gravemente ammalato, è dirgli che il medico gli ha ordinato un rimedio che lo farà guarire. In questo modo fratelli, anche noi infermi nella nostra anima, come non possiamo ascoltare che Cristo medico ci offrirà il migliore rimedio per noi? Dunque è Cristo la buona notizia! In Lui Dio ci vuole risanare. […]
Ditemi, quale infermo è così ostinato da essere nemico del proprio bene. E che nel suo male, vedendo il medico e con lui la medicina per guarirlo, anche se dolorosa, il malato non diventerà nemico di se stesso sforzandosi di applicare il medicamento consigliato? Vedete anche noi siamo infermi incerti. Dio ha tra le mani la medicina per la nostra salute: la penitenza e i mali che meritiamo. Saremo così insensati da non voler prendere tale rimedio? Cristiani i nostri rimedi sono la penitenza, il digiuno, la preghiera, la devozione. Ora come il Vangelo ci ricorda che il funzionario del re ottenne la guarigione per suo figlio (Cf. Gv 4,49) da Cristo medico, come non presentarci anche noi presso tale medico con maggiore fede e non ottenere lo stesso? Su cristiani con il cuore umiliato buttiamoci davanti al medico Cristo e con me pregate!
O Signore discendi in mezzo a noi con la tua grazia, sanaci con i tuoi doni. Per le tue sante piaghe, per i chiodi, per le spine trafitte sul tuo santo capo, prendi noi, queste tue anime, perché tornati a Te ci farai liberi dal male e compagni nella tua gloria.
Sulla Divina bellezza (C. 244)
Tutti desiderno l’umana bellezza e l’amano come ci ricorda la Sacra Scrittura. Alcuni furono da essa accecati perché possiede una grande forza. Per tale motivo alcuni santi passarono la loro vita senza guaradre in faccia nessuno.
Ora se le realtà umane muovono tanto l’uomo ad amarle, come non ci attirerà Dio che è somma bellezza? Ma per parlare della bellezza di Dio è come scorgere le gocce in mezzo la mare e sarebbe più facile perché della sua magnificenza è scritto: “è mia la bellezza dei campi” (Cf Sal 49,11).
In effetti questo campo di cui parla il salmista è l’universo.Cosiché difficilmente si può comprendere tale bellezza. Per questo è necessario ascendere dalle creature al Creatore essendo che queste sono, come affermano alcuni santi, vestigia della divinità.
Contempla dunque la bellezza degli Angeli e dei Santi. Ma tutte queste appartengono a Dio in grado più eminente, poiché egli è origine di tutta la bellezza.
Per questo riflettendo la nobiltà di Dio le creature devono muoverci e attrarci ad amarlo. Come molti per godere della bellezza affrontano tanti disagi, quanto più noi mossi dall’eterna bellezza di Dio?
Da un sermone sulla Passione (C.246)
Il ricordo della mia miseria e del mio vagare è come assenzio e veleno” (Lam 3,19). Lo disse Cristo con la voce del profeta Geremia affinché ci ricordassimo dei suoi dolori e della sua passione.
La passione di Cristo è proposta come un libro nel quale leggiamo ed apprendiamo ogni virtù, come rimedio in ogni nostra tentazione e come uno specchio per conoscere le nostre imperfezioni. Si dice che questo libro è quello che vide san Giovanni nell’Apocalisse segnato con sette sigilli (Cf. Ap 5).
In esso si leggono tutti gli attributi di Dio e tutte le nostre miserie. E si dice anche che era scritto all’interno e all’esterno. Il profeta dice che nel libro trova rimedio, perché fu figurato nel serpente di bronzo e come in uno specchio nel quale è possibile vedere le virtù di Cristo e riconoscere in noi i vizi contrari.
Da un sermone per la XIII domenica dopo Pentecoste (C. 351)
Lungo il cammino verso Gerusalemme Gesù attraversava la Samaria e la Galilea (Lc 17,11). Un vangelo di grazia e di salvezza quello che oggi ascoltiamo. Consideriamolo con diligenza e poi eseguiamolo con prontezza. Gesù passa, facendo del bene a tutti (Cf. At 10,38), come fa il sole che sempre concede benessere. Così anche noi in ogni tempo, in ogni luogo ed occasione, siamo chiamati a compiere il bene. […]
Occorre prendere sempre l’occasione come accadde a quei lebbrosi che prima dell’ingresso di Cristo in Samaria cominciarono a gridare. Come se volessero supplicare uno che sta per passare solo per tale circostanza. Anche noi accogliamo le opportunità che ci vengono offerte durante la nostra vita, quando soprattutto ascoltiamo la Parola del Signore perché entra lo sposo e la porta sarà chiusa (Cf. Mt 25,10) [...]. I lebbrosi erano lontani e separati per non infettare gli altri […]. In effetti, gli uomini si guardano da varie situazioni che possano contaminare la loro vita dal male come per esempio la peste o altre malattie; perché non si guardano con accuratezza di evitare i peccati? Sono attenti a non infettare gli altri, ma nel vizio fanno tutto il contrario. […]
I lebbrosi gridano. La preghiera è fonte della salvezza perché prima ci si salva e dopo viene il conforto. Che nessuno preghi soltanto per sé, ma per gli altri. […] Così nelle nostre necessità non conviene guardare agli interessi propri, ma a ciò che ci accomuna.
Dal commento a Giobbe (Fasc. 9. C. 54) Cos’è questa milizia di cui parla Giobbe? Mentre la milizia terrena è a servizio del governo corporale, l’altra è necessaria per il governo spirituale. Nell’una si esibiscono le armi umane nell’altra quelle spirituali. Con l’una si combattono i nemici, con questa le potenze del male, ricevendo rispettivamente una corona corruttibile per l’una, mentre incorruttibile per l’altra. Poiché come afferma l’apostolo Paolo: “Siamo diventati spettacolo al mondo” (1Cor 4,9).
Quanto è attuale la lettura odierna! La vita dell’uomo è un duro servizio sulla terra (Gb 7,1) anzi un combattimento. Nella milizia umana vi sono ordini, obbedienze si tengono a posto le armi, si ascoltano le sentinelle, si aspira alla vittoria, si combatte aspramente, si sopportano le sofferenze, si dorme male, si mangia senza mormorare, si è mercenari, si da tutto al capo, si pone attenzione al nemico, non si fugge, si è uniti, si mette a disposizione la vita, insomma si vive con accortezza! Siamo a conoscenza della vita militare!
Nella vita spirituale il buon soldato segue il suo capitano che è Cristo Gesù, come egli stesso afferma nel Vangelo: “le mie pecore mi seguono e mi ascoltano” (Cf Gv 10). Se nella vita militare si ha conoscenza delle armi terrene, nella vita spirituale ciò che importa è stare nella conoscenza di Cristo.
Sermone di quadragesima C. 449
Che l’uomo sia dominato del peccato si vede in verità oggi nel ritratto dell’indemoniato evangelico. Questo, fratelli, altro non ci segnala che l’uomo peccatore diventa tempio, abitazione, servo, anzi schiavo del demonio.
O cristiano acconsentire al peccato significa far entrare satana nella tua vita. E questo è visibile nell’episodio di Giuda Iscariota dove appunto si dice che Satana entrò in Giuda (Cf. Lc 22,3).
Se però uno detesta che il demonio entri nella sua vita pur nella sua miseria compia ogni cosa per fuggire da questa divisione. […]. E se questo è vero, perché non fuggi allora, sapendo che satana può avere su di te autorità? Egli, infatti, può possedere il corpo, ma non l’anima.
Dal Sermone sulla conversione dell’Apostolo Paolo (C. 515)Quel mare infinito della divina bontà sebbene in tutte le cose si mostra grande e senza limiti, non di meno nell’attrarre a sé le anime e sradicarle dal proprio peccato, e in questo mi sembra che ecceda più di tutte le altre cose […].
E se in alcune situazioni usa la sua altissima provvidenza e sapienza, in questo caso mi sembra che la mostri in modo straordinario, poiché non tutti cerca o chiama nello stesso modo, ma con criteri diversi. [
Così, oggi chiama San Paolo. E non essendo state sufficienti le dolcezze delle ispirazioni, la soavità della chiamata, né la vista dei miracoli, Egli si pone come ostacolo, come può accadere nei casi perversi, duri e ostinati. […]
Le Scritture osservano che Paolo fu sbattuto a terra e gli fu tolta persino la luce degli occhi. Reso pauroso e umile sentì pronunciare dall’alto il suo nome: “Saulo, Saulo” (At 9,4). E quando era con la faccia a terrà domandò “Chi sei Signore?” (At 9,5). Queste parole lo atterrirono profondamente che non gli rimase alito di voce e per questo con profonda umiltà affermò: “Signore che cosa vuoi che io faccia?” (At 9,6). E chi è oggi con Paolo che non dirà: Signore cosa vuoi che io faccia?
Ognuno di noi lo affermi! Anche se molestato dalla vanità, dalla reputazione del mondo, temendo di perderla o di perdere le amicizie, le cariche, la dignità, i favori del mondo, le ricchezze, il buon nome. Dica per favore: Signore che cosa devo fare? Desideri solo Cristo e che Cristo viva in lui e non i desideri e gli affetti che da Cristo ci separano. […]
Dal Sermone su Lc 10,23 (C. 347)
[…] Ma cosa vedevano gli apostoli per essere beati? Vedevano come affermavano i Padri della Chiesa per mezzo della fede viva nella sua intimità il Verbo eterno, l’atteso da tutti, il diletto.
Essi vedevano in Lui corrispondere tutto il loro bene, la loro felicità, la loro consolazione. Per questo come riferisce Paolo vedono ogni cosa in obbedienza (2Cor 9,13).
Fratelli, quanto sono vane le cose del mondo, instabili gli apprezzamenti, le grandezze, le ricchezze, le dignità, ecco perché Gesù disse Beati i vostri occhi perchè vedono (Cf. Lc 10,23).
Per seguirmi avete abbandonato la barca, la rete, il padre! Beati voi perché il mondo, vi è di scherno e disprezzo. Beati voi che per seguire me, disprezzate voi stessi, lasciate la vita e gli affetti. Molti hanno desiderato vedere quello che voi vedete, conoscere quello che voi conoscete, comprendere quello che voi comprendete ma non fu loro possibile.