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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Dal Sermone sulla grandezza e piccolezza di Cristo (C. 249 v.)
Da ultimo mandò loro il proprio figlio (Mt 21,37)
Vedi quanto è grande tanto che i cieli e la terra non possono contenerlo […]
Vedi la grandezza che ha fatto tutte le cose belle e ricche, vedi la piccolezza che ha bisogno di vestire poveri panni. Vedi la grandezza che regge l’universo, la piccolezza che è retta dalle braccia di una Vergine. Vedi la grandezza che pasce e nutre l’anima, vedi la piccolezza che è nutrita dal seno della Vergine. Vedi la grandezza che con la sua sapienza genera tutte le cose, ma la piccolezza è generata da una volontà. La grandezza non dorme mai (Cf. Sal 120,4). la piccolezza dorme nella povertà.
Dal Sermone sulle nozze di Cana (C. 365)
“Abbiate in voi gli stessi sentimenti di Cristo” (Fil 2,5)
Voglio trattare della nobiltà delle nozze raccontando il Vangelo nel quale Cristo è presente con la Santa Vergine a Cana. Quando Dio formò l’uomo, la prima cosa che fece fu quelle di dagli una sposa. Di tutto questo l’autore è Dio, il luogo è il paradiso, il tempo è quello della santa innocenza, il fine è la crescita del genere umano. Li benedisse, evitando scandali e paure, perché se non vi fosse stato il matrimonio, si sarebbe dato spazio alla brama. […]
Oh grandezza del matrimonio! Che tanti mali rimedia! Oh sapienza di Dio, affinché l’uomo sia in pace, viva quietamente, rimedi al disordine dell’universo, ha istituito questo santo sacramento. Per l’unione: i due erano una sola carne (Gen 2,24). Quanti esempi eccellenti che i figli possono apprendere dal padre e le figlie dalla madre! Tutto ciò fa quietare gli animi estingue odi ed inimicizie, realizza la pace. La nobiltà di questo sacramento la mostra Nostro Signore con volerlo onorare attraverso la sua presenza e compiendo il suo primo miracolo.
Oh grandezza del matrimonio! Poiché non c’è altra immagine che più nobilmente ci invita a rappresentare l’unione di Cristo con la sua Chiesa Santa! Come afferma l’Apostolo Paolo: è grande in Cristo questo Mistero! (Cf. Ef 5,32) […] . Ma a me per quanto è grande questo sacramento mi viene voglia di pregare, nel vedere che, oggi dai cristiani ne viene fatto poco conto. Essi alle volte dimostrano che non è Dio l’Autore, ma il demonio; il suo fine non è generare, ma obbligare, non per contenere la brama, ma per accrescere il desiderio; non per unire gli animi, ma le passioni e gli istinti, senza considerare odio e liti. […]
Oh cristiani ciechi! Fermiamoci un attimo su questa presenza di Cristo alle nozze. E siccome tutte le cose sante, santamente si devono trattare, dovrebbero tutti gli sposi far partecipi alle loro nozze Cristo e la Vergine.
In quel tempo, Gesù disse a Nicodemo: “Nessuno è mai salito al cielo, fuorché il Figlio dell’uomo che è disceso dal cielo. E come Mosè innalzò il serpente nel deserto, così bisogna che sia innalzato il Figlio dell’uomo, perché chiunque crede in lui abbia la vita eterna”. Gv 3, 13-17
La croce e il dolore rimangono un mistero, come sempre capita, quando ci si avvicina a Dio; si tratta però di un mistero di amore e di salvezza. Non si riesce ad afferrare la logicità del procedimento, ma si possono conoscere i termini: la croce deve essere una gran cosa, se il Figlio di Dio è liberamente voluto andarci inchiodato. Se costituisce per lui il momento dell’esaltazione e della glorificazione, lo sarà anche per noi, se accettiamo di percorrere la medesima strada.
Dal Sermone sul Salmo 33 (C. 254) Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti.
Accade anche che colui il quale vuole far rappresentare la sua immagine in uno specchio, questo sguardo ci fa stare rivolti a Dio.
Così come quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine.
Pertanto occorre accettare che fra la nostra visione e quella di Dio c’è molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza. La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48), alle quali fanno eco quelle del salmista: Egli che guarda la terra e la fa sussultare (Sal 103,32).
Sermone sull’onore dovuto ai genitori (C. 244) Nel precetto onora il Padre e la madre non s’intende solo l’onore che si deve ai genitori. ma anche agli altri superiori, e al contempo la cura che i superiori devono avere verso i sudditi.
Occorre essere soggetti ai superiori come ai propri padri, perché ognuno sia conservato nel proprio stato. Ciò si dimostra dal fatto che i principi e tutori sono come dei padri e ad essi si deve amore, obbedienza e riconoscenza.
Oh quanto agisce male chi trasgredisce con portare odio o non obbedisce e straparli o mormora! Guarda bene che nella trasgressione di questo precetto possono cadere sia i sudditi che i superiori.
Dal Sermone sulla nobiltà dell’anima (C. 148 v.) Fra tutte le cose che sono reprensibili nell’uomo, una è principale: la brutta e abominevole ignoranza delle cose grandi che egli è tenuto a sapere per renderne conto. Da questa considerazione nasce il fatto che le cose di pregio non si stimano e le vili ed abiette, si tengono tra le importanti. Così come accade ad un contadino che non conoscendo il valore di un rubino lo venderà a poco prezzo, mentre il gioielliere ne terrà di gran conto il valore. Questo accade alla miseria della nostra umanità, che ceca ed ignorante della preziosità della sua anima la disprezza a favore della viltà del proprio corpo […].
Ora Dio che creò il cielo e la terra con i suoi ornamenti a compimento di tutto fece una creatura che fosse più nobile ed eccellente delle altre creature; un trono, una sede dove l’altissimo Signore potesse trovar riposo per mostrare la sua magnificenza e grandezza. Fece come fanno i pittori, i quali quando cominciano le loro opere, prima le abbozzano iniziando dai colori grigi, poi vanno sempre più al vivo dell’immagine man mano che giungono al completamento della pittura. Aggiungono la vivacità dei colori, in modo che la magnificenza dell’opera si mostri e l’arte del maestro venga lodata.
Così il Signore nostro, Carissimi, creando questo universo, abbozzandolo, tirò solo le linee dicendo semplicemente: si compia la mia parola (Cf. Gen 1,3), ma quando toccò all’uomo non disse solo si compia, ma facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Cf. Gen 1,26), onde formato il corpo dal suolo, su quel nobile colore disegnò la sua bellezza, ispirando sul volto lo spirito di vita e donandogli l’anima. Questo fu l’ultimo atto della creazione di Dio.
Oh, grandezza di questa anima! Oh nobiltà che la fa simile ed una con il suo Creatore: immortale, invisibile, infinita, eterna, impassibile. Essa possiede volontà, intelletto, libertà come Dio […]. Si conosce la grandezza dell’anima dal cibo che per essa è stato ordinato. Poiché quando si vede una mensa con delicatissime vivande, subito ci rendiamo conto a chi appartiene tale cibo e a chi è offerto il più nobil cibo che trovar si possa. E’ nobile dunque questa nostra anima, perché è trono di Dio, è tempio di Dio, e sede di Dio, è sposa di Dio è delizia di Dio.
Dal sermone (C. 254) Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti.
Accade anche che colui il quale vuole far rappresentare la sua immagine in uno specchio, questo sguardo ci fa stare rivolti a Dio.
Così come quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine.
Pertanto occorre accettare che fra la nostra visione e quella di Dio c’è molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza.
La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48)
Dal sermone sulla bontà del consigliarci (C. 322) Avendo Nostro Signore fornito la bontà umana dell’originale giustizia, e come il freno agisce su un cavallo feroce, così la parte sensibile della nostra umanità si trova soggetta alla ragione, per cui con gran facilità l’uomo si libera dall’amor proprio, ma il peccato è sempre alle porte: “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore difficilmente guaribile chi lo può conoscere?” (Ger 17, 9).
Ciò è segno divino che ai medici non è permesso di curare se stessi, né a coloro che guidano di essere al contempo, pastori e pecore. Vedi come l’infinita bontà divina fra gli altri rimedi alle miserie pose quello contro la tirannia dell’amor proprio. E se nelle nostre cose non vogliamo errare occorre che prendiamo qualche buon consiglio.
Per questo afferma la Scrittura: “ Figlio non agire senza consiglio”. Ci viene ricordata così la nostra miseria. Mentre vogliamo costruirci da soli, è conveniente umiliarci davanti agli uomini. E questo perché? “La sapienza si trova presso coloro che prendono consiglio”. Questi sono i veri sapienti. Ed è Dio che regge coloro che con sano consiglio si governano e con tutte le loro azioni lo onorano e lodano.
Dal sermone sul fine dell’uomo (C. 506) Nelle cose spirituali i mezzi per condurci al nostro fine sovrannaturale devono esse anch’essi sovrannaturali. Ed il Signore non ce ne ha privato. Fra questi mezzi proporzionati ed efficaci a questo fine, vi sono i santissimi sacramenti. E fra tutti, quando uno ha perso l’innocenza battesimale, vi sono il sacramento della penitenza e quello dell’eucaristia. […] Questi in effetti, sono i mezzi più efficaci per conseguire il nostro fine.
Ora benché la passione di Gesù Cristo sia causa naturale dell’umana salvezza, […] Dio ha ordinato che la causa naturale, cioè la passione di Gesù Cristo, venga a noi unita mediante i santi sacramenti. […]. Cosiché il buon cristiano frequentando questi celesti misteri, purifica la sua coscienza ed è confortato lungo il suo pellegrinaggio terreno, ed in tal modo può pervenire al suo fine.
Questo ci fu rappresentato, carissimi, nel santo Elia il quale, sfuggito dall’ingiusta regina Gezabele e giunto presso il torrente Cherit, stanco per il viaggio, agitato dal dolore, indebolito per la mancanza di cibo, si buttò sotto un ginepro e domandò la morte (Cfr 1 Re 19,4). E nel sonno ecco giungere il Padre della provvidenza che inviò il suo Angelo con una brocca d’acqua e un pane cotto sotto la cenere. Svegliato il profeta gli ordinò di mangiare e bere. Fatto ciò il profeta si addormentò e nuovamente l’Angelo comandò di alzarsi e mangiare. Per quale scopo? Perché restava ancora un grande viaggio da compiere. Fortificato da quel cibo, come afferma la Scrittura, Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti verso il monte di Dio l’Oreb. Ora ditemi, mancavano forse a Dio altri mezzi per condurre il profeta, di cibo, di pane e di acqua? Ciò egli comandò, essendo tale cibo figura del Santissimo Sacramento. […] e se contemplate, o carissimi, la dolcezza di questo convito, scoprirete che qui vi è un cibo sopra ogni altro cibo, un pane sopra ogni pane, qui vi è Cristo!
Da un sermone sul Paradiso (C.294) Benedite il Signore voi tutti suoi eletti (Cf. Tb 13,10) […]. Quasi volesse dire riempite i vostri giorni di letizia e lodate il Signore. Beati tutti coloro che amano te Gerusalemme e si rallegrano per la tua pace […]. Benedite la casa di Dio!
Oh casa di Dio risplendente e bella! Io ho amato la bellezza ed il fuoco dove abita la gloria del mio Signore che ti ha creato e ti possiede. A te sospiro lungo il mio pellegrinaggio, giorno e notte, desidera e brama te il mio cuore, a te anela la mente mia, all’amicizia della tua felicità e gloria desidera giungere la mia anima. Io dico a colui che ha fatto te che possieda me, me in te, perché lui ha fatto me e te. Che io mi consumi per la dolcezza di te o patria sì bella!
Oh città del mio Dio! Oh abitazione suprema! Oh luogo di riposo e di pace! Sede della letizia! dimora sopra ogni felicità! Cumulo di delizie! A te sospiro, a te grido, a te supplico e ti dico: Ho Gerusalemme, Casa di Dio, dopo l’amor di Gesù tu sia la mia allegrezza e consolazione, la dolce memoria di te sia refrigerio nella mia amarezza.
Tutti leviamoci di dosso questo fango, stacchiamoci da questo mondo infelice, saliamo in cielo a godere del riposo di Dio, per trovarci in quella suprema luce, ammirare quella incredibile bellezza e starcene con il nostro Dio per sempre. Amen.