-
Con Cristo
misurate le cose
-
Con Cristo
misurate le cose
Da un Sermone sull’Avvento (C.492)
"Giuseppe non temere di prendere con te Maria tua sposa" (Mt 1,20)
Quanto più si avvicina il Natale, tanto più la Chiesa rinnova il motivo di preparare la via al Signore. Sette misteriose antifone, una per ogni giorno ci uniscono a vespro. La prima è fondamento delle altre.
Carissimi invochiamo dunque l’eterna sapienza che venga ad insegnare a noi poveri ed ignoranti la via della prudenza. O sapienza che esci dalla bocca dell’Altissimo e che tutto disponi con soavità e sapienza vieni ed insegnaci la via della prudenza.
In queste parole si rivela la nobiltà del maestro che è la sapienza dell’eterno Padre, il Verbo eterno, il Figlio di Dio, per mezzo del quale sono state fatte tutte le cose (Cf. Gv 1,3). In lui sono tutti i tesori della scienza di Dio (Col 2,3) colui che si estende sino ai confini della terra (Sap 8,1) donando a tutti l’esistenza e la perfezione ad ogni cosa da quelle più piccole a quelle più grandi.
Egli tutto sostiene con la potenza della sua Parola (Eb 1,3) senza violentarne alcuna, ma ogni cosa governa con bontà (Sap 8,1) muovendole secondo la propria natura[…]. Quale dottrina ci deve insegnare il gran maestro? La via della prudenza, cioè il modo, la regola e la forma della vita prudente. E per comprenderla ricordiamo che esistono tre specie di prudenza. La prima proveniente dalla carne fatta di trame inganni e malizie. La seconda ancora imperfetta, condotta da coloro che per la pace, posseggono una sorta di diffidenza. La terza è perfetta perché propria di coloro che non vivono nel peccato. Annoverata da Paolo tra i frutti spirituali, è chiamata discernimento. Indicata tra le virtù cardinali le quali, non possono sussistere senza la grazia. Ora è proprio tale prudenza che la Chiesa invoca in questa antifona.
Da un Sermone sul Natale (C.455)
"Vi annuncio una grande gioia è nato per voi un salvatore” (Lc 2,10)
E’ Cristo il vero Cesare Augusto, vero signore dell’unverso. E’ lui che censisce il mondo e lo chiama alla fede. Ognuno nella propria città dovrà iscrivere il suo nome. Prima alla patria celeste dove è il nostro destino e quindi nella Chiesa santa nella quale sono scritti i nomi di tutti coloro che appartengono a Cristo nel Santo Battesimo.
Occorre che anche noi con Giuseppe e Maria andiamo ad inscriverci a Betlemme che significa casa del pane. Quale è questa casa del pane se non la Chiesa santa? E di quale pane si tratta se non di quello per cui fu detto “Io sono il pane vivo”? (Gv 6,51). Ora tutti coloro che vogliono appartenere a Cristo ed entrare in questa casa, prenderanno questo pane e i loro nomi saranno scritti in cielo. Così scrive l’Evangelista: trovandosi in quel luogo per lei si compirono i giorni del parto (Lc 2,6) Dove erano? In una piccola stalla, in un luogo fatto per ritirarsi dalle intemperie, vicino alla strada, come alle volte ci viene rappresentato.
Ho Dio mio, o mio Creatore e Signore! Dove sei, dove abiti, dove vuoi nascere! Quale cuore non si strugge, non viene meno, non si commuove davanti a questo mistero! Mentre si trovavano in quel luogo. Dove sono mio Signore i palazzi dei potenti, i superbi edifici, le alte torri, le lussuose camere che convengono alla tua divina maesta?
Oh altezza, o superbia del mondo! Non ti confondi mentre il tuo Dio vuol nascere in un luogo così vile? E tu piccolo uomo che sei polvere e cenere, non ti sazi mai di costruire palazzi badando di porre il tuo paradiso in questo mondo!
E si compirono i giorni del parto di Maria che diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in panni e lo depose in un presepio. Poiché non vi era posto per lui nell’albergo. Presepio vuol dire due cose: sia mangiatoia grande per gli animali, sia piccola, come una cesta dove si mette la biada. […].
Betlemme casa del pane, la Chiesa, il pane, Cristo, l’albergo, l’altare, il presepio, il nostro cuore. Non c’era per lui posto nell’albergo. Egli non si compiace solo di stare nel tabernacolo, sull’altare, ma nel nostro cuore.
Da un Sermone sulla circoncisione del Signore (C. 430)
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù (Lc 2,21)
Si chiama fanciullo e non principe e per te è stato circonciso perché tu possa apprendere la semplicità cristiana […] Per te fu circonciso e fu chiamato con il suo nome Gesù. Gesù vuol dire Salvatore. Da questo apprendi o cristiano a porre ai tuoi figli nomi di salvezza o che conducano alla salvezza come quelli dei santi e delle sante.
[…] ora se il nome come affermano i saggi, è solito dimostrare la natura e la proprietà delle cose, i nomi dei santi ci mostrano come non vogliamo essere simili agli idolatri e ai pagani. Prendendo i santi per vostri avvocati certo essi vi aiuteranno a salvarvi.
Dunque Gesù è il suo nome. Nome potente in cielo in terra e nell’inferno. Nome dolce all’anima. Davanti a questo nome si prostrano tutte le creature del cielo. Tutti occorre che ci inchiniamo con il cuore onorandolo profondamente, imparando da ciò che la Chiesa insegna ai sacerdoti e al popolo: il gesto di inchinarsi di fronte al nome di Gesù ottiene l’indulgenza dei peccati.
Questo nome dunque sia nel vostro cuore, perché questo nome vi farà osservare la divina legge, vi farà conoscere e confessare i vostri peccati, vi farà osservare non solo il culto interiore, ma anche quello esteriore, vi darà la forza di cominciare fin da piccoli a fare bene le cose, vi farà seguire la semplicità cristiana e finalmente vi farà circoncidere da ogni vizio.
Da un sermone sulla Passione (C 247)
“Gesù venne al Giordano da Giovanni per farsi battezzare da lui” (Mt 3,13)
La Scrittura afferma che Mosè percosse con la verga la pietra e vi uscì acqua. Cristo è la pietra, la percossa è la piaga del costato da cui afferma Giovanni: uscì sangue ed acqua (Gv 19, 34).
Attesta ancora la Scrittura, che l’umanità di Cristo è l’arca di Noè alla quale applica le sue stesse proprietà e fra l’altro, riferisce che la porta laterale è la piaga del costato, come riporta in un commento lo stesso Agostino. La tempesta dei dolori in mezzo ai quali si trovò l’arca, e quella descritta, quando si contemplano ad uno ad uno le membra di Cristo.
Come dall’arca, quando terminò la pioggia la colomba turbata, uscì andando e tornando, finché si prosciugarono le acque sulla terra (Gen 8,7); così dopo la morte di Cristo i suoi uccisori non si pacarono, ed osservando con zelo la legge, dissero di voler tagliare le sue gambe perché non rimanesse il Crocifisso nel giorno di Pasqua.
Smetti di osservare le piccolezze, togli la tua ipocrisia! Poniti tra la lancia ed il cuore di Cristo per essere tu ferito. Ah! cuor mio, perché non fai da scudo tra la lancia ed il tuo Cristo, il tuo Signore? Perché non ripari tu quel colpo?
Entra in quella piaga che è la porta dell’arca, la piscina che risana, la vasca di Siloe, il Giordano, la porta del Tempio, la pietra di Mosè percossa dalla verga da cui infine viene ogni bene ed i sacramenti.
Dal Sermone su Lc 10,23 (C. 347)
“Ho contemplato lo Spirito discendere e rimanere su di lui” (Cf. Gv 1,32)
[…] Ma cosa vedevano gli apostoli per essere beati? Vedevano come affermavano i Padri della Chiesa per mezzo della fede viva nella sua intimità il Verbo eterno, l’atteso da tutti, il diletto.
Essi vedevano in Lui corrispondere tutto il loro bene, la loro felicità, la loro consolazione. Per questo come riferisce Paolo vedono ogni cosa in obbedienza (2Cor 9,13).
Fratelli, quanto sono vane le cose del mondo, instabili gli apprezzamenti, le grandezze, le ricchezze, le dignità, ecco perché Gesù disse Beati i vostri occhi perchè vedono (Cf. Lc 10,23).
Per seguirmi avete abbandonato la barca, la rete, il padre! Beati voi perché il mondo, vi è di scherno e disprezzo. Beati voi che per seguire me, disprezzate voi stessi, lasciate la vita e gli affetti. Molti hanno desiderato vedere quello che voi vedete, conoscere quello che voi conoscete, comprendere quello che voi comprendete ma non fu loro possibile.
Dal Sermone sulla conversione dell’Apostolo Paolo (C. 515)
“Venite dietro a me vi farò percatori di uomini” (Mt 4,19)
Quel mare infinito della divina bontà sebbene in tutte le cose si mostra grande e senza limiti, non di meno nell’attrarre a sé le anime e sradicarle dal proprio peccato, e in questo mi sembra che ecceda più di tutte le altre cose […].
E se in alcune situazioni usa la sua altissima provvidenza e sapienza, in questo caso mi sembra che la mostri in modo straordinario, poiché non tutti cerca o chiama nello stesso modo, ma con criteri diversi. […]
Così, oggi chiama San Paolo. E non essendo state sufficienti le dolcezze delle ispirazioni, la soavità della chiamata, né la vista dei miracoli, Egli si pone come ostacolo, come può accadere nei casi perversi, duri e ostinati. […]
Le Scritture osservano che Paolo fu sbattuto a terra e gli fu tolta persino la luce degli occhi. Reso pauroso e umile sentì pronunciare dall’alto il suo nome: “Saulo, Saulo” (At 9,4). E quando era con la faccia a terrà domandò “Chi sei Signore?” (At 9,5). Queste parole lo atterrirono profondamente che non gli rimase alito di voce e per questo con profonda umiltà affermò: “Signore che cosa vuoi che io faccia?” (At 9,6). E chi è oggi con Paolo che non dirà: Signore cosa vuoi che io faccia?
Ognuno di noi lo affermi! Anche se molestato dalla vanità, dalla reputazione del mondo, temendo di perderla o di perdere le amicizie, le cariche, la dignità, i favori del mondo, le ricchezze, il buon nome. Dica per favore: Signore che cosa devo fare? Desideri solo Cristo e che Cristo viva in lui e non i desideri e gli affetti che da Cristo ci separano. […]
Da un sermone sulla domenica in albis (C. 338)
“Beati gli operatori di pace perché saranno chiamati figli di Dio” (Mt 5,9)
[…] Stette Gesù in mezzo! E’ stato sempre suo desiderio essere in mezzo alla nostra umanità: quando nacque in un presepe; stette in mezzo tra i due ladroni sulla croce, piantato sulla terra; oggi è in mezzo ai suoi discepoli. Questo per mostrarci, o carissimi, che è lui la regola della vita cristiana.
Pace a voi! (Gv 20,19) Dolce voce, soave voce, poiché come dice la Scrittura: egli dispone le fondamenta della terra (Cf. Pr 8,29). Ora mi voglio soffermare sul senso della pace […]
Vedete carissimi, ciascuna cosa cerca il proprio ordine, la propria disciplina. Infatti, per quanto riguarda la pace, ciò che Dio fece nell’universo, lo realizzò nel mondo più piccolo, nell’uomo che egli ha fatto giusto (Cf. Qo 7,29). Ora nell’ordine divino, dato che i sensi sono sottoposti alla volontà, non vi è tranquillità e pace davanti al peccato. […] Occorre essere in pace con Dio e con se stessi, pace con il prossimo come comanda il Signore, è necessaria la pace tra le nostre famiglie cosicché ne provenga beneficio a colore che le abitano.
Pace ai governanti, perché abbiano davanti ai loro occhi, l’ordine stabilito da Dio ed il suo onore. Ugualmente sia fatta giustizia al povero come al ricco, perché il Signore sta in mezzo a noi. Pace affinché i poveri siano soccorsi.
E finalmente questa pace ha sempre voluta Cristo. Per questo venne dal cielo in un tempo di pace e gli angeli cantarono la pace, apparve ai suoi discepoli e lasciò loro la pace, ma soprattutto sul duro legno della croce egli fu la nostra pace.
Dal Sermone “Beati gli occhi” (C.347)
"Risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone" (Mt 5,16)
Quando nostro Signore dice agli Apostoli: “Beati i vostri occhi perché vedono!” ( Cf. Lc 10,23). Non intende la beatitudine carnale e gaudente alla quale i filosofi hanno fatto riferimento; non di certo quella pratica; non tanto quella che si ottiene fidandosi della via, ma quella che è fruttuosa durante il cammino. Cioè, quella offerta dalla conoscenza della fede che si coniuga con la sapienza cristiana.
Fa proprio al caso nostro quel detto dell’Apostolo Paolo: “Dichiarano di conoscere Dio, ma lo rinnegano con i fatti, abominevoli come sono, ribelli e incapaci di qualsiasi opera buona” (Tt 1,16). Così il Signore non si riferisce agli occhi della carne […]. Poiché alle volte ciò che si vede, non corrisponde a ciò che si crede. Infatti, altro vede l’anima e altro vede il corpo. In tal modo, dicendo beati i vostri occhi che vedono, intendeva dire: Beati quegli spiriti, quelle anime che hanno questa conoscenza di Dio e delle cose che gli appartengono.
Beati gli occhi che mi conoscono come il redentore del mondo, la salvezza, il bene, la speranza ed ogni sorta di felicità. Come afferma l’Apostolo: “In Cristo sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza” (Cf. Col 2,3). Coloro che conoscono e confessano questo, devono abbandonare ogni altro affetto ed interesse. Devono lasciare la barca, la rete, l’umanità di sempre, i parente, cioè gli interesse della carne, abbandonare tutti gli affetti e negando se stessi, seguire me in modestia, in povertà, in croci, in carcere e persino nella morte. Beati dunque i vostri occhi perché vedono!
Sulla preghiera comune (Mt 18,19) [Sermone 43]
“Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui” (Mt 5,25)
«In verità vi dico, se du di voi sulla terra saranno d’accordo su qualche cosa da chiedere, qualunque essa sia, sarà loro concessa da Padre mio che è nei cieli». Grande è la fiducia che da queste parole ci viene offerta in tal modo, con certezza dobbiamo aspettarci di essere esauditi da Dio; e che le nostre preghiere avranno l’effetto desiderato da tutti. Ora, se due uniti e d’accordo pregando potranno chiedere ciò che vorranno, immaginatevi dieci o dodici? E se mille o diecimila, anzi trentamila, il numero di una città unita domanderanno a Dio in modo concorde, come è possibile che le preghiere non siano potenti, che non squarcino e cieli e non siano esaudite? […] E’ da notare che il Salvatore afferma: Se due si uniranno tra loro e converranno nell’unica volontà, nel desiderio di piacere a Dio; se saranno uniti per una domanda, per la purificazione del cuore; se non avranno odio, rancore e sdegno; se si ameranno l’un l’altro come cristiani; se avranno come intenzione di cercare solo l’onore di Dio, e cercandolo si convertiranno desiderando di ottenere la salvezza, il benessere e altre ricchezze. Tutto ciò riceveremo non tanto per peccare di più, quanto per servire ancor di più il Signore.
Dal Sermone sul Salmo 33 (C. 254)
“Ma io vi dico di non opporvi al malvagio” (Mt 5,39)
Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti.
Accade anche che colui il quale vuole far rappresentare la sua immagine in uno specchio, questo sguardo ci fa stare rivolti a Dio.
Così come quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine.
Pertanto occorre accettare che fra la nostra visione e quella di Dio c’è molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza. La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48), alle quali fanno eco quelle del salmista: Egli che guarda la terra e la fa sussultare (Sal 103,32).