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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Dal sermone sulla bontà del consigliarci (C. 322) Avendo Nostro Signore fornito la bontà umana dell’originale giustizia, e come il freno agisce su un cavallo feroce, così la parte sensibile della nostra umanità si trova soggetta alla ragione, per cui con gran facilità l’uomo si libera dall’amor proprio, ma il peccato è sempre alle porte: “Più fallace di ogni altra cosa è il cuore difficilmente guaribile chi lo può conoscere?” (Ger 17, 9).
Ciò è segno divino che ai medici non è permesso di curare se stessi, né a coloro che guidano di essere al contempo, pastori e pecore. Vedi come l’infinita bontà divina fra gli altri rimedi alle miserie pose quello contro la tirannia dell’amor proprio. E se nelle nostre cose non vogliamo errare occorre che prendiamo qualche buon consiglio.
Per questo afferma la Scrittura: “ Figlio non agire senza consiglio”. Ci viene ricordata così la nostra miseria. Mentre vogliamo costruirci da soli, è conveniente umiliarci davanti agli uomini. E questo perché? “La sapienza si trova presso coloro che prendono consiglio”. Questi sono i veri sapienti. Ed è Dio che regge coloro che con sano consiglio si governano e con tutte le loro azioni lo onorano e lodano.
Dal sermone sul fine dell’uomo (C. 506) Nelle cose spirituali i mezzi per condurci al nostro fine sovrannaturale devono esse anch’essi sovrannaturali. Ed il Signore non ce ne ha privato. Fra questi mezzi proporzionati ed efficaci a questo fine, vi sono i santissimi sacramenti. E fra tutti, quando uno ha perso l’innocenza battesimale, vi sono il sacramento della penitenza e quello dell’eucaristia. […] Questi in effetti, sono i mezzi più efficaci per conseguire il nostro fine.
Ora benché la passione di Gesù Cristo sia causa naturale dell’umana salvezza, […] Dio ha ordinato che la causa naturale, cioè la passione di Gesù Cristo, venga a noi unita mediante i santi sacramenti. […]. Cosiché il buon cristiano frequentando questi celesti misteri, purifica la sua coscienza ed è confortato lungo il suo pellegrinaggio terreno, ed in tal modo può pervenire al suo fine.
Questo ci fu rappresentato, carissimi, nel santo Elia il quale, sfuggito dall’ingiusta regina Gezabele e giunto presso il torrente Cherit, stanco per il viaggio, agitato dal dolore, indebolito per la mancanza di cibo, si buttò sotto un ginepro e domandò la morte (Cfr 1 Re 19,4). E nel sonno ecco giungere il Padre della provvidenza che inviò il suo Angelo con una brocca d’acqua e un pane cotto sotto la cenere. Svegliato il profeta gli ordinò di mangiare e bere. Fatto ciò il profeta si addormentò e nuovamente l’Angelo comandò di alzarsi e mangiare. Per quale scopo? Perché restava ancora un grande viaggio da compiere. Fortificato da quel cibo, come afferma la Scrittura, Elia camminò quaranta giorni e quaranta notti verso il monte di Dio l’Oreb. Ora ditemi, mancavano forse a Dio altri mezzi per condurre il profeta, di cibo, di pane e di acqua? Ciò egli comandò, essendo tale cibo figura del Santissimo Sacramento. […] e se contemplate, o carissimi, la dolcezza di questo convito, scoprirete che qui vi è un cibo sopra ogni altro cibo, un pane sopra ogni pane, qui vi è Cristo!
In quel tempo Gesù venne nella sua patria e i suoi discepoli lo seguirono (Mc 6,1) Da un sermone sul Paradiso (C.294) Benedite il Signore voi tutti suoi eletti (Cf. Tb 13,10) […]. Quasi volesse dire riempite i vostri giorni di letizia e lodate il Signore. Beati tutti coloro che amano te Gerusalemme e si rallegrano per la tua pace […]. Benedite la casa di Dio!
Oh casa di Dio risplendente e bella! Io ho amato la bellezza ed il fuoco dove abita la gloria del mio Signore che ti ha creato e ti possiede. A te sospiro lungo il mio pellegrinaggio, giorno e notte, desidera e brama te il mio cuore, a te anela la mente mia, all’amicizia della tua felicità e gloria desidera giungere la mia anima. Io dico a colui che ha fatto te che possieda me, me in te, perché lui ha fatto me e te. Che io mi consumi per la dolcezza di te o patria sì bella!
Oh città del mio Dio! Oh abitazione suprema! Oh luogo di riposo e di pace! Sede della letizia! dimora sopra ogni felicità! Cumulo di delizie! A te sospiro, a te grido, a te supplico e ti dico: Ho Gerusalemme, Casa di Dio, dopo l’amor di Gesù tu sia la mia allegrezza e consolazione, la dolce memoria di te sia refrigerio nella mia amarezza.
Tutti leviamoci di dosso questo fango, stacchiamoci da questo mondo infelice, saliamo in cielo a godere del riposo di Dio, per trovarci in quella suprema luce, ammirare quella incredibile bellezza e starcene con il nostro Dio per sempre. Amen.
Da un sermone nella quinta domenica dopo Pasqua (C.375v.) Dopo aver ascoltato il Vangelo i nostri animi dovrebbero essere accesi e infiammati nel voler servire il nostro amabilissimo Creatore. Abbiamo ascoltato che se anche colpisce con calamità i suoi servi, è sempre pronto a sostenerli e consolarli in queste situazioni. […]
Così c’insegna come aiutarci nelle tribolazioni, e ancora ci indica tutto ciò che l’anima desidera per essere consolata. Infatti, come afferma la Scrittura: tutto ciò che chiederete al Padre nel mio nome egli ve lo concederà (Gv 16,23). Nota come sia importante essere servo di Dio in quanto egli stesso si sentirà obbligato a concedere quanto si domanderà. […]
Chiedete e otterrete perché la vostra gioia sia piena (Gv 16,24) Ho! Come sarà piena la nostra gioia. Infatti come si dice pieno quel vaso che in sé non ha alcuna parte vuota, così si dirà dell’anima nella celeste patria della gioia, in quanto vedremo faccia a faccia. Non più speranza perché saremo tra le mani di Dio. Nella patria celeste la nostra intelligenza sarà unita per la luce della gloria alla divina essenza.
Qui la volontà sarà rapita dalla profondità dell’amore divino. Qui la memoria si ricorderà dei doni ricevuti. Qui l’occhio, qui l’orecchio, qui il gusto, qui l’odorato, qui il tatto, qui ciò che si desidera, qui ciò che ci irrita, qui le malattie della carne, qui non più nostalgia, non più il mondo.
Oh che gaudio pieno! Oh che dolcezza piena! Signore Dio mio, Gesù mio, chi non domanderà una tale gioia? Chi non la desidererà?
Dal Sermone sul Battista (C 415) Volendo noi nascere con San Giovanni Battista, occorre che diventiamo prima Zaccaria, cioè che ci ricordiamo di Dio, pensando ai grandi benefici concessi, ci ha fatti mortali, e saremo un giorno giudicati, rifletti! Da questo nasce il lume di Dio. Con Zaccaria riconosci essere sterile di opere buone, tale sterilità tuttavia, viene sanata dalla preghiera la quale produce l’illuminazione divina e l’uomo si sente confortato interiormente, come Zaccaria che afferma di non temere. O anche puoi diventare come Elisabetta il cui nome significa Dio del giuramento. […] ma di che giuramento si tratta? Tale giuramento è quello fatto nel Battesimo spesso infranto dal peccato. Ora l’anima spirituale che vuole concepire Giovanni Battista, occorre che diventi nuovamente Elisabetta, cioè giuramento: rinnovando i buoni propositi, ricevendo la grazia attraverso i sacramenti di Dio e divenendo così Giovanni Battista il cui nome significa Dio fa grazia. Ora l’anima diventata Giovanni Battista per il dono della grazia, il seme santo che ci fa nascere figli di Dio. Esulta dunque come il Battista alla presenza del Signore, quando ricevi lo stesso Signore nel Santissimo Sacramento, meditando e riscaldando il cuore con interiori affetti.
Dal Sermone sulla parabola del granello di senape (C.397) Per mostrare la regalità di Cristo la grandezza di questa parabola dice per ben due volte a cosa rassomiglierò il Regno dei cieli? (Cf Mc 4,30)
[…] In molte maniere il Regno dei cieli viene indicato da Gesù. In esso è possibile scorgere il Paradiso. Così afferma il ladrone sulla croce, “ricordati di me quando entrerai nel tuo regno” (Lc 23,42). Il Regno è innanzitutto il Cristo Santo, il “il re dei regnanti il signore dei signori” (1Tm 6,15). La Chiesa santa che è comunione con il Sangue di Cristo (1 Cor 10,16). Questi si manifesta per mezzo della divina Scrittura, per la grazia e la croce con le quali si giunge alla fede, per l’anima pervasa dalla grazia, sede della sapienza e regina del cielo fra i regni. […]
Come il piccolo granello di senape,
Cristo è piccolo verbo. Egli si chinò su di noi, spogliò se stesso, fu annunziato dai piccoli, tra disprezzo e persecuzioni.[…]. Con la sua piccolezza e grandezza è contemplato in tutti i troni del mondo fondati sopra la terra.
Dal Sermone sulle nozze regali (C.468) Qual è il convito delle nozze spirituali? Altro non è, che il convito del Santo Sacramento del Corpo del Signore. Perché questi, prima per mezzo della penitenza, ci sposa unendoci a sé attraverso la sua grazia, poi ci nutre con il suo Corpo.
Come per le carni degli animali grassi e forti chi se ne ciba riceve la stessa forza, così da questo alimento divino.
Oh alto segreto! Oh profondo mistero!
Considerate che ciò avviene per il Corpo di Cristo. Coloro che si cibano del suo corpo diventano più robusti, proprio perché, uno degli effetti del Santo Sacramento è dare forza e consolazione interiore, come avvenne per il profeta Elia che fu confortato dal cibo divino, il quale prefigurava questo Sacramento. E che tutto ciò corrisponde al vero, ascolta cosa dice il salmista: “il pane che sostiene il cuore dell’uomo” (Cf. Sal 103 15) e altrove: “per me tu prepari una mensa” (Cf. Sal 22,5). […] Tutto questo manifesta la Chiesa quando canta: “E’ il pane che fornisce delizie al re”. O sacro convito!
Dal sermone sulla divina bellezza (C.167) Proprio perché Dio è somma bellezza questo ci dovrà convincere ad amarlo in modo sublime. Ora, volendo parlare della divina bellezza, è come voler svuotare tutto il mare goccia a goccia. Sarebbe più facile calcolare tutte le stelle del cielo, contare tutte le rane del mare.
In Dio, risiedono tutte le bellezze dell’universo come è scritto : E in mio possesso la bellezza del compo (Cf. Sal 49,11) Di che campo si tratta se non dell’universo dove egli esce a seminare (Cf. Mt 13,3) il seme della sua bellezza? […]
Nella conoscenza di tale bellezza, noi infermi, siamo chiamati a salire come scrive Platone: Ascendere per mezzo delle realtà belle, di grado in grado fino alla bellezza ultima, profondo oceano di splendore nel quale le creature s’immergono.
Vedi cristiano, tutte le cose belle dell’universo sono unite in Dio in modo eminente. Così come i raggi splendenti del sole dispersi sulla terra, essi sono sono uniti nel disco solare. Osservando queste cose eleviamo in alto il nostro intelletto per comprendere che le creature portano in sé le tracce della divinità ed alcune sono fatte ad immagine di Dio. […]
La vera bellezza è una scintilla che Dio ha seminato nel campo dell’universo. In lui è tutta la bellezza, di tutti gli uomini che sono stati e che saranno.
Dal Sermone sulla grandezza e piccolezza di Cristo (C. 249 v.)Vedi quanto è grande tanto che i cieli e la terra non possono contenerlo […]
Vedi la grandezza che ha fatto tutte le cose belle e ricche, vedi la piccolezza che ha bisogno di vestire poveri panni. Vedi la grandezza che regge l’universo, la piccolezza che è retta dalle braccia di una Vergine. Vedi la grandezza che pasce e nutre l’anima, vedi la piccolezza che è nutrita dal seno della Vergine. Vedi la grandezza che con la sua sapienza genera tutte le cose, ma la piccolezza è generata da una volontà. La grandezza non dorme mai (Cf. Sal 120,4). la piccolezza dorme nella povertà.
Da un sermone sul capitolo secondo degli Atti (C. 234) Veniamo ora a quelle parole pronunziate da Pietro nel giorno della venuta dello Spirito Santo, quando mentre “stava compiendosi il giorno della Pentecoste” ( At 2,1) ci propongono gli esempi e i fatti dei nostri antichi padri, dei fondatori e delle colonne della Chiesa, come anche dei primi cristiani.
Di questa grande lezione tutti ne dobbiamo ottenere frutto. Sia i peccatori attraverso il pentimento, poi quelli che già sono contriti; infine, quelli che hanno già fatto penitenza.
Quanto ai primi qui è possibile conoscere il frutto della Parola di Dio e per suo mezzo esortare alla conversione (Cf. At 2,38). […]
All’apostolo Pietro i presenti domandano che cosa dobbiamo fare? (Cf. At 2,37) Ed egli risponde: Fate penitenza! E questa è la seconda tavola, dopo il naufragio per la quale l’Apostolo li ammonisce: “salvatevi da questa generazione perversa!” ( At 2,40).
Ora se vuoi servire Dio e perseverare nella grazia, occorre non solamente fermarsi al pentimento ed alla contrizione, è opportuno fare penitenza. Ciò è possibile se saremo assidui nell’ascoltare l’insegnamento degli Apostoli (Cf At 2,42). Questo ci dimostra l’importanza dell’ascolto della divina parola, della frazione del pane e quanto sia doveroso per i discepoli frequentare il sacramento della Penitenza e dell’Eucaristia.
Carissimi, queste sono le regole dettate dai nostri primi padri a coloro che si convertivano, questo e quello che giunge ancora oggi alle nostre orecchie dai maestri, questo vi diciamo perché il nostro intento non è altro se non quello di volervi far assomigliare, se non in tutto, almeno in parte, a quei primi.