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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Gli apostoli dissero al Signore: accresci in noi la fede. Nel Vangelo tutte le preghiere, di uomini donne malati peccatori discepoli, stanno dentro due sole domande. La prima: Signore, abbi pietà; la seconda: aumenta la nostra fede. Qui è riassunto l'universo del cuore, il nostro mondo di dolore e di mistero. Aumenta la fede: perché senza fede non c'è vita umana. Come sarebbe possibile vivere senza fidarsi di qualcuno? Noi ci umanizziamo per relazioni di fiducia, a partire dai genitori, a cominciare dalla madre. Fede che una forza immensa penetra l'universo. Se aveste fede quanto un granellino di senape. Un granellino microscopico, basta pochissima fede, quasi niente: è questione di qualità, non di quantità. Non una fede sicura e spavalda, ma quella che nella sua fragilità ha ancora più bisogno di Dio, che nella sua piccolezza ha ancora più fiducia in Lui, e si abbandona, si affida. Potrete dire a questo gelso sradicati e vai a piantarti nel mare. Ho visto il mare riempirsi di alberi. Fuori metafora: ho visto missionari vivere in luoghi impossibili; ho visto uomini e donne di fede, nella loro casa, portare problemi senza soluzione, con un coraggio da leoni; ho visto mura invalicabili di odio dissolversi. Ho visto gelsi volare sul mare, e non attraverso miracoli spettacolari, ma con il miracolo quotidiano di un amore che non si arrende. Anche voi, quando avete fatto tutto dite: siamo servi inutili. Una parola che sembra contraddire altri passi del Vangelo ( beato quel servo... il padrone lo metterà a tavola e passerà a servirlo), che ci sorprende con l'aggettivo «inutili». Inutile in italiano significa che non serve a niente, incapace. Ma non è questo il senso della parola originaria: servi non tanto inutili, ma che non si aspettano un utile, che non ricercano un vantaggio; servi senza pretese, né rivendicazioni, né secondi fini, che di nulla hanno bisogno se non di essere se stessi, che agiscono senza un fine che non sia la sola motivazione d'amore. Scrive Madre Teresa di Calcutta: nel nostro servizio non contano i risultati, ma quanto amore metti in ciò che fai. Il servizio è più vero dei suoi risultati, più importante della ricompensa e dei successi. Fede vera non è piantare alberi nel mare, neanche Gesù l'ha mai fatto. Fede vera è nel miracolo di dire: voglio essere semplicemente servitore di quelle vite che mi sono affidate: mio marito, mia moglie, i miei figli, l'anziano che ha perso la salute, e non avanzo neppure la pretesa della sua guarigione. Servitore come il mio Signore, venuto per servire, non per essere servito. Mi bastano allora grandi campi da arare, un granellino di fede, e occhi nuovi di speranza.
Nella solennità di San Giovanni Leonardi volgerà al termine l’anno speciale dedicato alle Costituzioni e Regole per mezzo delle quali il Fondatore: “ha vincolato il cammino della santità personale e della santificazione del prossimo”. Si tratta di un “segno di gratitudine e di impegno”. Per tale occasione è stato predisposto un Rito di conclusione. 5 ottobre 2013
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RITO DI CONCLUSIONE ANNO DELLE COSTITUZIONI
Nei giorni 21 e 22 di settembre, come annunciato, hanno fatto visita al complesso del santuario undici ex alunni della scuola Apostolica OMD. Provenivano da diverse regioni dal Piemonte alla Sicilia. E’ stato, per loro, un ritorno a un luogo che ha profondamente marcato la loro adolescenza. Tanti ricordi, tante immagini. Ora sono persone mature che nella loro vita hanno formato nuclei familiari molto soldi. Hanno creato un sito su internet; “i fratini di Migliano” che li mantiene uniti. Essi sono Minunno Vincenzo (promotore del incontro), Gentili Pietro, Romaggioli Primo, Salducco Benvenuto, Sperduto Francesco, Sperduto Roberto, Spagone Alfonso, Santoro Mario, Acucella Terigio, Grossale Gerardo, Fabbri Giovanni. 5 ottobre 2013
La parabola del ricco senza nome e del povero Lazzaro è una di quelle pagine che ci portiamo dentro come sorgente di comportamenti più umani. Il ricco è senza nome perché si identifica con le sue ricchezze, spesso il denaro diventa come la seconda natura, la seconda pelle di una persona. Il povero ha il nome dell'amico di Gesù, Lazzaro. Il Vangelo non usa mai dei nomi propri nelle parabole, solo qui fa un'eccezione, per dire che ogni povero è un amico di Dio. «Morì il povero e fu portato nel seno di Abramo, morì il ricco e fu sepolto nell'inferno». In che cosa consiste il peccato del ricco? Nella cultura del piacere? Negli eccessi della gola? No. Il suo peccato è l'indifferenza: non un gesto, non una briciola, non una parola al povero Lazzaro. Il vero contrario dell'amore non è l'odio, ma l'indifferenza, per cui l'altro neppure esiste, è solo un'ombra fra i cani. Lazzaro è così vicino da inciamparci, e il ricco neppure lo vede. Il male più grande che noi possiamo fare è di non fare il bene. Il povero, è portato in alto; il ricco è sepolto in basso: ai due estremi della società in questa vita, ai due estremi dell'abisso dopo. Allora capiamo che l'eternità è già iniziata ora, che l'inferno è solo il prolungamento delle nostre scelte senza cuore. Nella parabola Dio non è mai nominato, eppure intuiamo che era presente, pronto a contare ad una ad una tutte le briciole date al povero Lazzaro, a ricordarle per sempre. «Ti prego, manda Lazzaro con una goccia d'acqua sul dito (il ricco vede il povero in funzione di se stesso dei suoi interessi) mandalo ad avvisare i miei cinque fratelli...!» «Neanche se vedono un morto tornare si convertiranno!». Non è la morte che converte, ma la vita stessa. Dio è nella vita. Chi non si è posto il problema di Dio e dei fratelli davanti al mistero magnifico e dolente che è la vita non se lo porrà nemmeno davanti al mistero più piccolo che è la morte. Non sono i miracoli o le visioni a cambiare il cuore. Non c'è miracolo che valga il grido dei poveri: sono parola di Dio e carne di Dio: «qualsiasi cosa avete fatto a uno di questi piccoli l'avete fatto a me!» Nella loro fame è Dio che ha fame, nelle loro piaghe è Dio che è piagato. La terra è piena di Lazzari. Cerchi Dio? Non è nel ricco, benedetto nella sua prosperità; è nel piccolo, nello straniero, nel più piagato. È lì dove un uomo non ha attorno a sé nessuno, se non dei cani. Lì dove io ho paura di essere, Lui c'è. Se Gesù dà al povero il nome del suo amico Lazzaro, ogni povero abbia anche per me un nome d'amico.
In occasione della festività liturgica di San Giovanni Leonardi sacerdote fondatore dell’Ordine della Madre di Dio cofondatore del Collegio di Propaganda Fide e Patrono dei farmacisti. La parrocchia di Santa Maria in Portico in Campitelli celebrerà la memoria con alcune iniziative. Sabato 5 ottobre ore 20,30 Concentus Leonardino: Da C. Monteverdi a C. Rainaldi itinerario musicale nel seicento romano a cura della Cappella Musicale di Campitelli in collaborazione con L’Ensemble la Cantoria. Domenica 6 ottobre ore 20,45 Il primo passo verso la felicità. Introduzione alla meditazione cristiana a cura di Dom Laurence Freeman monaco benedettino, direttore del The World Community for Christian Meditation. Martedì 8 ottobre ore 18,30 Vespri e memoria del Transito presieduti da S. E. Mons. Edmond Farhat e animati dalla Cappella Musicale di Santa Maria in Campitelli. Al termine la processione per le vie del quartiere animata dalla Banda musicale “Gruppo alpini di Borbona”. Mercoledì 9 ottobre, nella solennità liturgica alle ore 18,30 la concelebrazione eucaristica presieduta da S. E. Mons. Giuseppe Sciacca e l’omaggio al Santo dei Farmacisti cattolici. I festeggiamenti si concluderano domenica 13 con la prima messa di P. Antony Samy Esron novello sacerdote OMD.
E’ stata benedetta la cappella della missione in Indonesia (Kupang) per l’occasione ha celebrato la sua prima messa P. James. Mentre sono stati accolti nella comunità i primi giovani aspiranti.
22 settembre 2013
La parabola del fattore infedele si chiude con un messaggio sorprendente: l'uomo ricco loda il suo truffatore. Sorpreso a rubare, l'amministratore capisce che verrà licenziato e allora escogita un modo per cavarsela, un modo geniale: adotta la strategia dell'amicizia, creare una rete di amici, cancellando parte dei loro debiti. Con questa scelta, inconsapevolmente, egli compie un gesto profetico, fa ciò che Dio fa verso ogni uomo: dona e perdona, rimette i nostri debiti. Così da malfattore diventa benefattore: regala pane, olio, cioè vita, ai debitori. Lo fa per interesse, certo, ma intanto cambia il senso, rovescia la direzione del denaro, che non va più verso l'accumulo ma verso il dono, non genera più esclusione ma amicizia. Il personaggio più interessante della parabola, su cui fermare l'attenzione, è il ricco, figura di un Signore sorprendente: il padrone lodò quell'amministratore disonesto, perché aveva agito con scaltrezza, aveva puntato tutto sull'amicizia. Qui il Vangelo regala una perla: fatevi degli amici con la disonesta ricchezza perché quando essa verrà a mancare vi accolgano nelle dimore eterne. Fatevi degli amici. Amicizia diventata comandamento, umanissimo e gioioso, elevata a progetto di vita, fatta misura dell'eternità. Il messaggio della parabola è chiaro: le persone contano più del denaro. Amici che vi accolgano nella casa del cielo: prima di Dio ci verranno incontro coloro che abbiamo aiutato, nel loro abbraccio riconoscente si annuncerà l'abbraccio di Dio, dentro un paradiso generato dalle nostre scelte di vita. Nessuno può servire due padroni. Non potete servire Dio e la ricchezza. Affermazione netta: il denaro e ogni altro bene materiale, sono solo dei mezzi utili per crescere nell'amore e nella amicizia. Sono ottimi servitori ma pessimi padroni. Il denaro non è in sé cattivo, ma può diventare un idolo e gli idoli sono crudeli perché si nutrono di carne umana, aggrediscono le fibre intime dell'umano, mangiano il cuore. Cominci a pensare al denaro, giorno e notte, e questo ti chiude progressivamente in una prigione. Non coltivi più le amicizie, perdi gli amici; li abbandoni o li sfrutti, oppure saranno loro a sfruttare la situazione. La parabola inverte il paradigma economico su cui si basa la società contemporanea: è il mercato che detta legge, l'obiettivo è una crescita infinita, più denaro è bene, meno denaro è male. Se invece legge comune fossero la sobrietà e la solidarietà, la condivisione e la cura del creato, non l'accumulo ma l'amicizia, crescerebbe la vita buona. Altrimenti nessun povero ci sarà che apra le porte della casa del cielo, che apra cioè fessure per il nascere di un mondo nuovo.
Durante l’udienza che il Santo P. Francesco ha tenuto lunedì 16 settembre nella Basilica di San Giovanni in Laterano per i sacerdoti in servizio pastorale della Diocesi di Roma, a rappresentare il clero del Centro storico P. Davide Carbonaro Parroco di Santa Maria in Campitelli. Durante il suo intervento ha presentato al Papa: “La porzione di Chiesa che cammina con il Signore risorto nel centro della Città. Al di là della metafora geografica, ha proseguito P. Davide: “Anche il centro storico ha la sua periferia fatta di chi vive disagi e povertà materiali e spirituali. Tra le maglie di una rete fittissima di istituzioni religiose e pubbliche c’è una Comunità di uomini e donne che risponde oggi alle esigenze del Vangelo, che attinge alla particolare vocazione di Roma chiamata a servire la comunione fra le Chiese. Alle volte un “piccolo resto” che prega e testimonia la carità, che evangelizza ed accoglie”. Infine, ha rivolto al Santo Padre alcune domande: “Come possiamo tutti, pastori consacrati e laici: ‘Servire con franchezza la Chiesa e non servirci di essa’? Come trasformare e reinventare aprendo con coraggio e con intelligenza evangelica luoghi, istituzioni che hanno avuto un glorioso passato e che oggi vanno spegnendosi se non animate da coraggiosa creatività? Come rendere fruibile la memoria spirituale e la ricchezza delle devozioni popolari di cui è intriso il nostro territorio soprattutto per le giovani generazioni e non solo, per le quali spesso la ‘memoria’ è solo la Ram del Computer? Come guardare e parlare al cuore (Cf Is 40,2) della nostra città senza vergognarsi o nascondersi dietro le sue ferite e i suoi ritardi? Come trasformare la pendolarità tra periferia e centro in pellegrinaggio della fede?”. Papa Francesco ha poi risposto alle richieste di P. Carbonaro e di altri quattro rappresentanti del clero romano affrontando alcune questioni centrali della vita della Chiesa. Ha subito invitato i preti ad “essere coraggiosi, ad avere una giusta creatività, che non significa fare qualcosa di nuovo per forza, per arrivare alla necessaria conversione pastorale”. Le parrocchie, ha raccomandato: “devono essere sempre aperte e accoglienti, magari con il confessore a disposizione. Anche i laici che si occupano dell’amministrazione devono mostrare alla gente il volto accogliente della Chiesa”. Si tratta in buona sostanza: “di trovare sempre nuove strade perché il Vangelo sia annunziato e testimoniato nella realtà della vita quotidiana”. Così, ha proseguito il Papa: “E’ importante cercare nuove vie, adatte e adeguate alle persone a cui ci si rivolge, facilitando per esempio, la partecipazione ai corsi pre-battesimali e coinvolgendo i laici in missioni di quartiere”. In una grande città come Roma, ha riconosciuto il Pontefice: “l’accoglienza cordiale non è sempre facile da organizzare”. Ma le persone, ha rimarcato con forza: “non devono avere mai l’impressione di trovarsi di fronte a burocrati e funzionari con interessi economici e spirituali”. Infine il Santo Padre ha invitato a rinnovare “il primo amore verso Gesù” ed avere un “cuore memorioso” (Cf. Osservatore Romano).
19 settembre 2013
“C’era una volta… e vissero per sempre felici e contenti”. Ognuno di noi ha trascorso parte della propria infanzia leggendo o ascoltando fiabe che iniziavano e finivano con queste due frasi magiche. I bambini di ogni nazione vengono istruiti e sensibilizzati ai valori fondamentali della loro società tramite questi racconti di eroi e principi, di buoni e cattivi in cui vincono l’amore, l’intelligenza, l’amicizia e la verità. Spesso però accade che, crescendo e incontrando persone diverse, queste “istruzioni di vita” vengano dimenticate, ed occorre magari rinfrescare la memoria anche di giovani adulti e non solo di bambini.
Questa è stata la linea guida che ha dato vita al Campo estivo parrocchiale dal 22 al 25 Agosto per i giovani dai 13 ai 17 anni, provenienti da San Ferdinando e da Torre Maura. Ogni giorni si iniziava con una scenetta interpretata dagli animatori, alla scoperta di quattro storie con quattro temi.
Il primo giorno è toccato alla storia della Bella e la Bestia che riportava alla luce l’importanza dell’incontro tra persone spesso diverse ma che possono arricchire l’uno la vita dell’altro.
Successivamente, tramite la storia del Mago di Oz, si è cercato di capire se effettivamente ognuno di noi ha consapevolezza dei suoi talenti, spesso nascosti dietro apparenti sconfitte con chi sembra più capace di noi.
Durante il terzo giorno, con l’aiuto di Alice e del suo viaggio nel Paese delle Meraviglie ci si è posti una delle domande più ostili: dov’è la verità? Spesso confusi da un mondo che ci promette potere e magici cambiamenti, la verità è nascosta ai nostri occhi o addirittura impossibile da raggiungere.
L’ultimo giorno invece il tema principale è stato la condivisione, con la fiaba del Povero e del principe, in cui l’uno volendo essere l’altro, scopre e capisce la realtà e le fatiche di ricoprire un certo ruolo.
Incontro, consapevolezza, verità e condivisione però non sono solo concetti che riguardano la vita dell’uomo in sé, ma anche il suo rapporto con Dio. Ecco come i significati di 4 storie vengono arricchiti tramite la necessità di avere un incontro con Dio, che non è lontano da noi anzi, si rende uomo e ci dona la possibilità di conoscerlo, di essere consapevoli della sua salvezza e della sua parola con gli occhi del cuore, della fede e della mente. Inoltre Dio si offre come guida : “io sono la via, la verità e la vita”, allontanando ogni vana ricerca di felicità false e volubili, dandoci quella certezza di cui tutti siamo affamati. Infine trattandosi di un campo estivo per ragazzi, cosa c’è di meglio che condividere questa ricchezza con altri? Ecco la condivisione, punto centrale di tutte le comunità cristiane in cui ci si riconosce legati fortemente l’uno all’altro dall’essere tutti figli di Dio, abbattendo qualunque diversità.
Quattro giorni intensi di attività, preghiera, giochi e canti, di amicizie nuove o ancor più consolidate, un buon modo per chiudere le vacanze estive e riprendere con le faccende di studio e lavoro, ma soprattutto l’occasione per ognuno di avere qualcosa in più con cui arricchire la nostra storia personale! (Gabriella Piazzolla)
18 sttembre 2013
La festività dell’Esaltazione della croce ci permette di sostare su uno dei temi della spiritualità leonardina ne proponiamo un frammento. La scuola della Croce è sempre stata la cattedra dei Santi: «Tutti li santi che al cielo sono andati, hanno innalzato la Croce nel loro cuore» (San Giovanni Leonardi, Sermone per l’esaltazione della croce). La scuola della croce mette a nudo l’inconsistenza delle nostre pretese, la fatuità dei nostri sogni di grandezza nella ricerca di una protezione dell’io identificata come fonte di successo. Il santo proprio alla scuola della croce, comprende la lezione evangelica del chicco di grano che caduto a terra muore e porta frutto; del «chi cercherà di salvare la propria vita la perderà, chi invece la perde la salverà» (Cfr Lc 17,33). E’ una sapienza nuova quella che sgorga dalla contemplazione della croce: sapientia crucis che genera un modo di rapportarsi con se stessi e con gli altri, in cui la misura di tutto è data da un Altro: “e con Lui misurate le cose”. Il metro di giudizio e di azione non può più essere la propria sapienza o intelligenza, ma quella nuova che si apprende alla schola crucis, come gesto estremo dell’amore di Dio. Perché con questo Gesù sta descrivendo il suo personale cammino, che attraverso la croce lo conduce alla risurrezione.
14 settembre 2013