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Sabato, 20 Aprile 2013 16:32

IV Domenica di Pasqua

257
Dal Sermone sulle nozze regali (C.468)


Entrando nella sala di nozze per vedere gli invitati, il re scrutando, ne vede uno senza la veste nuziale, tanto da offendere il convito. Costoro sono coloro che si recano a ricevere l’Eucaristia con addosso il proprio peccato. […].

Tuttavia entra Cristo nelle loro anime e questi riprendono la strada. Infatti, chi non tremerebbe in un tale convito? Per questo cristiani, chiamandovi il buon pastore alle sue nozze, al suo convito, deponete le seduzioni ed oggi apprendiamo dal Vangelo e dall’Apostolo Paolo come entrare in questo convito. Egli è il buon pastore e vuole riconoscere le sue pecore. Questo desidera realizzare oggi con noi!

Anzi è lui che esorta e invita a queste nozze! Venite dunque e le vostre preoccupazioni non siano gli svaghi o gli affari! Venite, venite con la veste nuziale, solamente per Dio rivestiti di virtù. Affinché giungendo l’ospite alla mensa, possa egli stesso intrattenervi alla sua cena in un convito eterno.


 
Venerdì, 12 Aprile 2013 21:46

III Domenica di Pasqua

256Dal Sermone beati gli occhi che vedono (C. 346)

“Beati i vostri occhi che vedono”. Bellissima e degna di considerazione, questa sentenza di Gesù. Quattro cose vi si ossevano. La prima, riguarda gli occhi a cui il Signore si riferisce. La seconda, di che beatitudine si tratta. Cosa vedono gli Apostoli per essere beati? La quarta, in che senso gli Apostoli sono lodati.

Per intendere questa massima dobbiamo tenere presente il ringraziamento che Gesù fa al Padre per aver manifestato attraverso la parola i suoi segreti, nascondendoli ai malvagi (Cf. Mt 11,25).
 

Così il Maestro, chiamati da parte i discepoli con volto pacato dice loro: beati i vostri occhi perché vedono. Quasi volendo esprimere loro: Beati e felici voi ai quali è fatta tanta grazia, offerto tanto dono, nel vedere cose grandi e comprendere tanti misteri!

Di quali occhi parla il Salvatorie? Non certo quelli del corpo, perché sarebbero stati beati anche i Fariseri che vedevano come gli Apostoli. Gesù parla degli occhi dell’anima, cioè dell’intelletto, nel quale risiede la fede. L’intelligenza umana  è come un occhio, attraverso il quale l’anima vede le cose appartenenti alla nostra salvezza.


 
Sabato, 30 Marzo 2013 13:09

Domenica di Pasqua

254
Dal sermone sul fine dell’uomo (C. 506)


L’Altissimo ed eterno Dio creando questo universo, costituì come dice la Sapienza tutte le cose in peso, numero e misura (Cf. Sap 11,21) e ad ogni cosa diede il proprio fine […]. Ora l’uomo, il più nobile tra tutte le creature, fu stabilito come fine di tutte le cose create. E che sia l’uomo il fine delle cose create lo afferma la Scrittura dicendo: “Facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Gn 1,26) […].

Ma solo all’uomo tra le realtà create, Dio ha dato la possibilità di essere fruitore della divina essenza. Ora, come nelle cose naturali i mezzi sono naturali […], similmente nelle cose spirituali i mezzi per condurci al nostro fine sovrannaturale, devono essere tali. E fra tutti i mezzi proporzionati ed efficaci vi sono i santi sacramenti.

Il Battesimo, la Penitenza e l’Eucaristia. Infatti, attraverso il primo ci riconciliamo con Dio, otteniamo la grazia per la quale la fede si fa viva, la carità s’infiamma, la speranza si rinverdisce e l’umanità cammina verso il suo fine. Per il sacramento dell’Eucaristia, inoltre, siamo confortati, nutriti spiritualmente, siamo uniti e trasformati in Dio. Siamo, come dice l’Apostolo resi partecipi della natura divina. (2Pt 1,4)
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Mercoledì, 27 Marzo 2013 20:30

Triduo pasquale

253
Dal Sermone ricordati di me Signore (C. 246)


Cristo non si è dimenticato del ladro. Signore mio sembra agli occhi degli uomini che tu abbia fatto tutti i mali del mondo, che tutto il mondo ti è contro! Che gran crudeltà! Non esiste malfattore che abbia compiuto tanti male per essere punito come te, o Cristo innocente! Ma noi con i nostri peccati facciamo lo stesso.

Occorre tuttavia imparare dal buon ladro, non tanto nell’aspettare la fine della vita per convertirsi, quanto rispondere prontamente nell’ora della chiamata. E questa è l’ora del ladro. Così, tu se sei chiamto ora, rispondi!

Coloro che si burlano delle cose spirituali, sono come quelli che scrollano il capo davanti alla Croce. Quelli che affermano: non si può osservare la legge evangelica, è troppo stretta. Costoro sono come coloro che dicono: “scendi dalla croce!” (Mt 27, 40). Se ti esortano a lasciare la via di Dio, tu non compiacerli, ma continua a seguire Cristo.

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Sabato, 23 Marzo 2013 07:27

Domenica delle Palme

252
Da un Sermone sul pianto di Gesù (C. 342)


Quando arrivati nelle vicinanze di Gerusalemme, giunsero in vista di Betfage, alle falde del monte degli ulivi, Gesù mandò due discepoli (Mt 21,1). Basterebbe questo Vangelo per costringere gli uomini a convertirsi. Ora dice l’evangelista mentre si avvicinava il giorno solenne delle Palme quando con tanta gloria e trionfo il Signore entrava a Gerusalemme, Gesù vedendo la città pianse (Cf. Lc 19,41).

Quale il motivo di questo pianto? Egli piange come una madre che per redimere il figlio dal male, usando ogni rimedio, senza procurargli giovamento, piange davanti a lui. E questo perché ciò che non hanno potuto i rimedi, lo provochino le lacrime. Così carissimi, il nostro Salvatore, avendo offerto tanti rimedi per salvare il suo popolo, infine mostra il suo volto irrorato di lacrime. Poteva piangere di lontano e di nascosto, ma il vangelo ci dice: mentre si avvicinava a Gerusalemme.

Perché piangi mio Signore? Chi ti ha offeso? Piangi in questo giorno in cui il popolo ti attribuisce onore e gloria? Mi sembra che Cristo risponda: E’ proprio questa la causo del mio dolore. Questo popolo che oggi mi benedice e domani mi tradisce e crocifigge.

 
Sabato, 16 Marzo 2013 19:52

V Domenica di Quaresima

251
Dal Sermone sulle nozze regali (C.468)


Entrando nella sala di nozze per vedere gli invitati, il re scrutando, ne scorge uno senza la veste nuziale, tanto da offendere con la sua presenza il convito. Costoro sono coloro che si recano a ricevere l’Eucaristia con addosso il proprio peccato. […]. 

Tuttavia entra Cristo nelle loro anime e questi riprendono la strada. Infatti, chi non tremerebbe in un tale convito? Per questo cristiani, chiamandovi il buon pastore alle sue nozze, al suo convito, deponete le seduzioni ed oggi apprendiamo dal Vangelo e dall’Apostolo Paolo come entrare in questo convito. Egli è il buon pastore e vuole riconoscere le sue pecore. Questo desidera realizzare oggi con noi!

Anzi è lui che esorta e invita a queste nozze! Venite dunque e le vostre preoccupazioni non siano gli svaghi o gli affari! Venite, venite con la veste nuziale, solamente per Dio rivestiti di virtù. Affinché giungendo l’ospite alla mensa, possa egli stesso intrattenervi alla sua cena in un convito eterno.
Sabato, 09 Marzo 2013 07:52

IV Domenica di Quaresima

250
Da una meditazione sulla Passione (C. 245v.)


Afferma [Giovanni nell’Apocalisse] che l’albero della vita i cui frutti erano soavissimi e le foglie di gran virtù per sanare ogni infermità. Quei frutti sono immagine dei benefici spirituali che si ottengono meditando la passione. Le foglie che risanano sono gli sputi, le piaghe, il sangue del Crocifisso. Tali foglie che seppur destinate al tormento, offrono anche ornamento e spandono celeste amore. 

Dio stesso volle che fosse custodito il bastone di  Mosè con il quale compì diversi prodigi, e volle altrettanto che la Croce fosse anche conservata nella mente umana attraverso la contemplazione perché potessimo ricordare quanto Dio ha fatto per noi. Dopo aver creato ogni cosa Dio scelse il luogo più degno del Paradiso per porvi l’albero della vita. Allo stesso modo la Chiesa fa con l’albero della croce. All’Apostolo Giovanni gli fu mostrata quella grande città che era la Chiesa in mezzo ad essa vi era un albero che aveva dodici buoni frutti per ciascun mese (Cf.  Ap 22,2). Questo albero è la croce che possiede infiniti frutti, ma dodici sono molto  speciali.

Il primo è dato a coloro che ascoltata la passone  ne ottengono luce. Infatti, osserva il salmista: Guardate a lui e sarete raggianti, non saranno confusi i vostri volti (Sal 33,6). Nel secondo frutto  attraverso questa illuminazione spirituale l’anima conosce  il suo stato e come il figlio prodigo piange i peccati. Nel terzo frutto viene donata la devozione, la quale non solo è molto utile, ma senza il suo ausilio non si può vivere né rimanere molto tempo nel divino amore. Nel quarto frutto è concessa la fortezza in ogni tribolazione. Nel quinto la fuga dai peccati. Nel sesto la dolcezza nelle tribolazioni. Nel settimo la conoscenza della nobiltà dell’anima. Nell’ottavo la purificazione dei peccati. Nel nono la pienezza della divina dolcezza. Nel decimo veniamo trasformati in Dio. Come afferma nella Scrittura: attirerà a sé ogni cosa (Cf. Gv 12,32). Nell’undicesimo il cuore è riscaldato ed eccitato il fervore. Nel dodicesimo la fiamma del divino amore.

Sabato, 02 Marzo 2013 09:29

III domenica di quaresima

249
Da un Sermone sulla parabola delle dieci Vergini (C. 478)


Non definiremmo noi stolto quel contadino che possedendo un campo pieno di pietre e spine non si mettesse a riordinarlo, ma dirà di farlo a suo tempo? Non sarà giudicato altrettanto insensato colui che, avendo inimicizia mortale con il suo avversario e avendo la possibilità di pacificarsi, dicesse che occorre attendere la debolezza dell’avversario a causa della mancanza di armi e che il nemico ha più forza in sé. 


Sarebbe da stimare imprudente colui che dovendo cavare un chiodo dal duro legno, lo rimandasse all’indietro pensando in questo modo di poterlo rimuovere. Infine, sarebbe demenziale che il servo si privasse del favore dei suoi padroni a rischio della propria vita. Così, o anime devote, presumere di se stessi e sprecare davanti a Dio il dono della penitenza. […]

 
Venerdì, 22 Febbraio 2013 13:09

II domenica di quaresima

248
Dal Sermone sulla Divina bellezza (C. 244)


Tutti desiderano l’umana bellezza e l’amano, come ci ricorda la Sacra Scrittura. Alcuni furono da essa accecati perché possiede una grande forza. Per tale motivo alcuni santi, passarono la loro vita senza guardare in faccia nessuno.

Ora se le realtà umane muovono tanto l’uomo ad amarle, come non ci attirerà Dio che è somma bellezza? Ma per parlare della bellezza di Dio è come scorgere le gocce in mezzo al mare. Sarebbe più facile, perché della sua magnificenza è scritto: “è mia la bellezza dei campi” (Cf Sal 49,11). 

 In effetti, questo campo di cui parla il salmista è l’universo. Cosiché difficilmente si può comprendere tale bellezza. Per questo è necessario ascendere dalle creature al Creatore essendo che queste sono, come affermano alcuni santi, vestigia della divinità. 

Contempla dunque la bellezza degli Angeli e dei Santi. Ma tutte queste appartengono a Dio in grado più eminente, poiché egli è origine di tutta la bellezza. 

Per questo riflettendo la nobiltà di Dio le creature devono muoverci e attrarci ad amarlo. Come molti per godere della bellezza affrontano tanti disagi, quanto più noi, mossi dall’eterna bellezza di Dio?

 
Venerdì, 15 Febbraio 2013 16:36

I domenica di Quaresima

meditazione 15-02-13
Da un Sermone nella Prima domenica di Quaresima (C. 425)   

Siamo suoi collaboratori ci dice l’apostolo Paolo (Cf. 2 Cor 6,1). Questa è celeste e divina dottrina. Tanto importante che oggi mi fa mettere da parte ogni altro discorso e prendere tale suggerimento che ci basterà per le feste di questa quaresima. Poiché tutti siamo chiamati all’ascolto della parola del Vangelo.

Ma, vediamo cosa ci vuole dire l’Apostolo con questa espressione: “collaboratori”. In primo luogo siamo chiamati a collaborare gli uni gli altri per la salvezza, come afferma l’autore dei Proverbi: Il Fratello che aiuta il fratello è come una roccaforte (Cf. Pr 18,19). Ma osserviamo ancora. Collaboratori nel senso di diventare ministri, secondo la missione affidata da Dio presso di voi di realizzare la sua parola (Cf. Col 1,25; 1Tess 3,2).

Ma chi è colui che può aiutare Dio? Forse egli ne ha bisogno? Dio si può aiutare non sostituendosi a lui, ma osservando i suoi comandi per questo Paolo ci esorta in nome di Dio […]. Chi dunque non starà attento? Chi non porrà questo insegnamento nel suo cuore? Paolo ci esorta a non accogliere invano la grazia di Dio (Cf. 2Cor 6,1). Questa grazia non ha bisogno di esortazione, essa è un dono che cambia il cuore.
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