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Con Cristo
misurate le cose
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Con Cristo
misurate le cose
Dal sermone sulla sofferenza (C.189)
[…] Il Signore oggi ha sparso il sangue come prezzo per la redenzione delle anime. Non ti sembra patire maggior persecuzione da colui il quale, con maliziosa suggestione ed esempio nocivo, o occasione di scandalo, strappa le anime da colui che le ha comprate a caro prezzo e nel cui sangue ogni giudizio spense?
Fuggite da coloro che si riuniscono per impedire la salvezza delle anime. Fuggite dal peccato e da coloro che mettono le loro mani sacrileghe sul Signore della Maestà. Sembrava fosse cessato il tempo della persecuzione, ma è chiaro che né al cristiano, né allo stesso Cristo mancano persecuzioni. I tuoi stessi parenti ed amici sono contro di te! […]
Dal Sermone sui buoni frutti (C. 269) Ogni albero che non fa buoni frutti…(Mt 7,19). Tremenda e spaventosa questa sentenza, in essa è contenuta la causa di ogni nostro male. E’ la pena che compiendo le cose in modo malvagio ognuno deve attendersi. Ogni albero! Questa parola abbraccia tutti e non esclude nessuno, grandi e piccoli, ricchi e poveri. Poiché nulla si sottrae al suo calore (Sal 18,7).
Chi non fa buon frutto dice l’evangelista, non dice ha fatto, ma fa, perché non basta aver fatto molto bene e molti frutti se in essi non si persevera. Non dice farà perché si comprenda che nessuno potrà nutrirsi dei propri desideri con dire: farò! Ma dice fa! Perché nostro Signore vuole che noi compiamo sempre il bene. Per questo Davide assomiglia l’azione umana all’albero che produce i frutti a suo tempo (Cf. Sal 1,3).
Il tempo nostro per dare frutti è il presente, quello solo è nostro perché il passato non è più in nostro potere, il futuro meno, solo il presente. E qui si ingannano molti che dicono ho fatto e farò domani ma non oggi!
Sermone nel giorno dei santi Pietro e Paolo (C. 510) Questo è quel Pietro che segue Giovanni chiamato da Cristo, lascia il Battista per passare ad uno stato di vita più nobile e perfetto, e perché tu possa imparare da questo! Pietro appena viene chiamato, abbandona la barca, la rete ed il padre e segue subito il Signore e questo perché tu possa apprendere che quando il Signore chiama devi abbandonare tutto e subito come fece l’Apostolo.
Questi è colui che vedendo Gesù dalla barca chiese licenza di andare verso di lui sull’acqua, ma vedendo venire quell’onda, si perse d’animo. E questo perché tu impari che quando Dio ti fa incominciare un’opera e poi vedi le tentazioni che sorgono, non per questo ti devi perdere d’animo.
Questi è colui che essendosi affaticato tutta la notte per pescare senza prendere nulla, al comando della parola di Gesù sperimentò l’abbondanza. Questi è colui che, mentre Gesù affermava la sua dipartita a Gerusalemme disse dopo averlo riconosciuto come Messia, questo non ti accada o Signore (Cf. Mc 8,32) e Gesù gli disse vai dietro a me Satana! Perché tu possa apprendere a non togliere i tuoi passi da quello che il Signore vuole.
Dal sermone sul cattivo lievito (C. 526) Il vecchio è squallido. Questo fa il peccato che rende l’anima magrissima togliendole le virtù e ciò che proviene dalle buone opere. Qui c’è la via dei molti beni con i quali l’uomo si realizza e poi per il peccato li perde. […].
Ora come il vecchio ha poco calore naturale così il peccatore non ha niente di fronte. Il vecchio ha molto poco sangue, il peccatore ha poco vigore. Il vecchio è sordo, il peccatore lo è alla voce di Dio. Il vecchio ha perso la vista, così il peccatore quella spirituale.
Il vecchio ha perso il gusto, così il peccatore quello spirituale, il vecchio rimbambisce, il peccatore torna a fare cose da bambini operando senza ragione. Il vecchio perde l’ardore, il peccatore non sente più lo slancio dei buoni esempi. Il vecchio parla male, così il peccatore delle cose di Dio. Il vecchio è caduco, così il peccatore è portato alle molteplici cadute.
Il vecchio si aggrappa ai suoi giorni sulla terra, così il peccatore va con la faccia rivolta alle cose della terra. Il vecchio è smemorato, così il peccatore si dimentica di Dio e della sua salvezza. Si adira per poco, così il peccatore per poco si altera. Desidera molte cose, così il peccatore. Ogni giorno che gli viene a mancare, perde i denti, perde i capelli, perde i suoi desideri.
Dal Sermone per rimanere nella preghiera (C.305) Se vuoi vivere bene. Prega di buon ora! Fai questo buon proposito! Questa cosa è talmente utile ad ognuno che si potrà sottrarre il tempo dell’orazione al riposo. Quando ci decidiamo, se non sentiamo trafiggerci dentro il cuore? Quando desideriamo di metterci davanti alla passione del Signore? Quando mai riscaldarsi intimamente?
E giunta l’ora di dare inizio ad una opera talmente vera, così grande e pia, così necessaria che è comandata da Dio stesso, il quale avverte che ogni cosa ha il suo tempo e la preghiera deve avere il suo, poiché Dio vuole che a lui offriamo le nostre primizie, le offerte, i primogeniti, l’erba, i fiumi, i prati, gli uccelli, gli alberi, la terra, l’acqua, gli angeli. La religione e la bellezza dell’arte te ne danno continuamente l’esempio.
E’ il desiderio che t’invita ad essere beato, ad essere puro di cuore, sterminatore del male, ad eccitare il fuoco dell’amore di Dio in te, ad essere come Giacobbe benedetto da Dio, a saziare di cibo celeste e di soave manna la tua anima, coltivarla, seminarla, far sì che il seme fiorisca e faccia frutti. Se vuoi esaltare la misericordia di Dio, lodarlo e riempirti della sua compassione, armarti contro i nemici, rimani nella preghiera! […]
Dal Sermone nella quarta domenica dopo Pasqua (C.371) Quanto è grande la bontà di Gesù Cristo verso coloro che lo servono fedelmente. Essi non di meno sono percossi da flagelli e nella stessa tribolazione egli è presente come amorevole padre, li conforta in tal modo che, le persecuzioni appaiono come consolazioni. Se nel Vangelo gli apostoli sono afflitti per la dipartita di Gesù egli subito li consola mostrando loro che: “è bene che io vada, perché se non me ne andrò non verrà a voi il Consolatore” (Cf. Gv 16,7).
Questa parola del Vangelo mi offre l’opportunità di riflettere con voi sulla consolazione che sentono i servi di Dio nel servirlo soprattutto nella sofferenza. Contrariamente, coloro che vivono immersi nei loro piaceri, sentono in sé una grande amarezza […]. Ora fate bene attenzione. E’ stata sempre tra le caratteristiche divine la consolazione per chi è nell’afflizione. Ascoltate cosa dice l’apostolo Paolo: “Benedetto sia Dio che ci consola in ogni nostra tribolazione” (Cf. 2Cor 1,3). Così i numerosi esempi della Scrittura, attraverso gli angeli buoni inviati a Noè e ad Abramo.
[…]Se noi come gli antichi non percepiamo questa dolcezza nella tribolazione, è perché non diamo a Dio la possibilità di operare in noi. Poiché stando ad una causa ne segue un effetto se non impedito. Dio ha sempre fatto questo con anime disposte ad essere tali. Pertanto gustate queste dolcezze. “Gustate e vedete come è buono il Signore” (Cf. Sal 33, 9)[…].
Dal Sermone “Solo Dio acquieta il Cuore” (C. 521) E’ ufficio del sapiente ordinare e disporre le cose al debito fine, cosicché allontanandosi da quell’ordine, mancano non poco di perfezione e sarà cosa buona e ragionevole, o anime benedette, che il sommo sapiente, il Dio Signore nostro, come ordinatore di tutte le cose, con sommo ed infinito ordine, le abbia disposte in modo che quelle che preferiscono eccedere, non tendono più alla perfezione, ma all’imperfezione, non alla quiete, ma all’inquietudine. […]
Tuttavia, è da notare che essendo ben considerato quest’ordine delle creature per il loro fine ed il loro proprio luogo che, quanto più da esso si allontanano, tanto più si inquietano, patiscono, e si distruggono. In effetti, se tu al cavallo gli dai del cattivo fieno, lo vedrai contristato. Se i pesci abituati alle profondità del mare li conduci ad acque basse, li vedrai sguazzare e contristarsi, se poi li poni all’asciutto ancora peggio.
Se togli l’aria agli uccelli del cielo, se al cane togli la terra e gli dai acqua altrettanto si contristerà! Da questo puoi notare l’importanza del fine che è in ciascuna realtà senza il quale, non potrà chetare ciò che è inquieto, poiché proprietà del fine è placare l’appetito di quella cosa di cui è fine. […].
Ora l’uomo essendo il più nobile tra le creature deve avere un fine ed un luogo nobili. E questi non è altro che il suo Dio. E se le creature nei propri fini si placano, l’uomo potrà farlo solo in Dio. Così anima cara, quando ti allontanerai dal tuo Dio, sarai sempre inquieta […]. Poiché il tuo appetito non potrà essere saziato da altri, se non solo dal tuo Dio.
Sermone sull’onore dovuto ai genitori (C. 244) Nel precetto onora il Padre e la madre non s’intende solo l’onore che si deve ai genitori. ma anche agli altri superiori, e al contempo la cura che i superiori devono avere verso i sudditi.
Occorre essere soggetti ai superiori come ai propri padri, perché ognuno sia conservato nel proprio stato. Ciò si dimostra dal fatto che i principi e tutori sono come dei padri e ad essi si deve amore, obbedienza e riconoscenza.
Oh quanto agisce male chi trasgredisce con portare odio o non obbedisce e straparli o mormora! Guarda bene che nella trasgressione di questo precetto possono cadere sia i sudditi che i superiori.
Dal Sermone sulla nobiltà dell’anima (C. 148 v.) Fra tutte le cose che sono reprensibili nell’uomo, una è principale: la brutta e abominevole ignoranza delle cose grandi che egli è tenuto a sapere per renderne conto. Da questa considerazione nasce il fatto che le cose di pregio non si stimano e le vili ed abiette, si tengono tra le importanti. Così come accade ad un contadino che non conoscendo il valore di un rubino lo venderà a poco prezzo, mentre il gioielliere ne terrà di gran conto il valore. Questo accade alla miseria della nostra umanità, che ceca ed ignorante della preziosità della sua anima la disprezza a favore della viltà del proprio corpo […].
Ora Dio che creò il cielo e la terra con i suoi ornamenti a compimento di tutto fece una creatura che fosse più nobile ed eccellente delle altre creature; un trono, una sede dove l’altissimo Signore potesse trovar riposo per mostrare la sua magnificenza e grandezza. Fece come fanno i pittori, i quali quando cominciano le loro opere, prima le abbozzano iniziando dai colori grigi, poi vanno sempre più al vivo dell’immagine man mano che giungono al completamento della pittura. Aggiungono la vivacità dei colori, in modo che la magnificenza dell’opera si mostri e l’arte del maestro venga lodata.
Così il Signore nostro, Carissimi, creando questo universo, abbozzandolo, tirò solo le linee dicendo semplicemente: si compia la mia parola (Cf. Gen 1,3), ma quando toccò all’uomo non disse solo si compia, ma facciamo l’uomo a nostra immagine e somiglianza (Cf. Gen 1,26), onde formato il corpo dal suolo, su quel nobile colore disegnò la sua bellezza, ispirando sul volto lo spirito di vita e donandogli l’anima. Questo fu l’ultimo atto della creazione di Dio.
Oh, grandezza di questa anima! Oh nobiltà che la fa simile ed una con il suo Creatore: immortale, invisibile, infinita, eterna, impassibile. Essa possiede volontà, intelletto, libertà come Dio […]. Si conosce la grandezza dell’anima dal cibo che per essa è stato ordinato. Poiché quando si vede una mensa con delicatissime vivande, subito ci rendiamo conto a chi appartiene tale cibo e a chi è offerto il più nobil cibo che trovar si possa. E’ nobile dunque questa nostra anima, perché è trono di Dio, è tempio di Dio, e sede di Dio, è sposa di Dio è delizia di Dio.
Dal sermone (C. 254) Gli occhi del Signore sui giusti (Sal 33,15). Questa provvidenza è così grande che se appunto Dio li ritira da noi cadremmo a terra come dei bambini che non sanno camminare. Essi sono ritti, quando sono custoditi dalla madre, ma una volta che questa li lascia andare da soli si precipitano, e così Dio nei nostri confronti.
Accade anche che colui il quale vuole far rappresentare la sua immagine in uno specchio, questo sguardo ci fa stare rivolti a Dio.
Così come quando uno vuole vedere la sua immagine, occorre che guardi nello specchio. In effetti, noi non possiamo guardarci da soli, solamente in Dio possiamo ammirare la nostra immagine.
Pertanto occorre accettare che fra la nostra visione e quella di Dio c’è molta differenza. Da parte nostra siamo portati a vedere bassezze o varie cose per conoscenza.
La visione di Dio è produttrice di bene, e questo lo potrai notare nelle parole pronunziate dalla Vergine Maria: Egli ha guardato l’umiltà della sua serva (Cf Lc 1,48)