-
Con Cristo
misurate le cose
-
Con Cristo
misurate le cose
Nelle settimane scorse P. Lourdurajan delegato dell’India ha visitato la prima esperienza dell’Ordine in Indonesia unedosi a P. Justin che già dimora presso il Seminario dei Sacri Cuori di San Gaetano Enrico. Il Delegato grato al Signore e all’Ordine per tale esperienza, ha ricordato come un buon clima e una singolare accoglienza della nostra spiritualità ci prepara ad una presenza stabile dell’Ordine in Indonesia. Nell’attesa che un altro religiose si unisca a P. Justin che nel frattempo si impegna a conoscere la lingua e la cultura indonesiana, sarà sistemata una casa in affitto per accogliere la prima comunità OMD. 3 dicembre 2012
“In mezzo agli sconvolgimenti del mondo, o ai deserti dell'indifferenza e del materialismo, i cristiani accolgono da Dio la salvezza e la testimoniano con un diverso modo di vivere”. E' la riflessione che ha offerto oggi Benedetto XVI, nella prima domenica di Avvento. Prima della recita dell'angelus, in questo giorno che inaugura un nuovo anno liturgico, il Papa ha ricordato che la parola “avvento” significa “venuta” o “presenza”, e che “nel linguaggio cristiano è riferita alla venuta di Dio”. Un mistero, dunque, “che avvolge interamente il cosmo e la storia, ma che conosce due momenti culminanti”: la prima è l'Incarnazione in Cristo e la seconda è il ritorno glorioso alla fine dei tempi. 2 dicembre 2012
Il card. Angelo Amato, prefetto della Congregazione delle Cause dei Santi, ha officiato il 2 dicembre la beatificazione di Devasahayam Pillai. Un "dono" per l'Anno della Fede, una "benedizione" e una "intensa esperienza di fede" per il popolo indiano: così mons. Peter Remigius, vescovo della diocesi di Kottar (Tamil Nadu), accoglie la beatificazione di Devasahayam Pillai, laico convertito del 18mo secolo. Per l'occasione, la diocesi di Kottar - dove nacque nel 1712 - organizzerà eventi speciali e servizi di preghiera. Devasahayam Pillai sarà il primo laico indiano a essere beatificato. Secondo mons. Remigius, il martirio dell'uomo "rappresenta una combinazione unica di devozione, coraggio e sofferenza", che darà impeto al "dialogo interreligioso e multiculturale" nella "pluralistica società indiana". Il dialogo interreligioso, spiega il vescovo, "richiede grande rispetto verso tradizioni religiose diverse dalla nostra; la libertà di praticare il proprio credo, e di seguire la propria coscienza, senza subire ostracismo o persecuzione. Anche dopo essersi convertiti". "Siamo tutti figli dello stesso Padre - aggiunge mons. Remigius -, e nessuno dovrebbe subire quanto patito da Devasahayam, martirizzato per aver voluto vivere la propria fede". Originario del distretto di Kanyakumari, Devasahayam Pillai nasce in una famiglia indù di casta nair (i guerrieri) ed entra presto nelle grazie della famiglia reale di Travancore (le attuali zone meridionali di Tamil Nadu e Kerala). In questi anni l'indiano conosce Eustachius De Lannoy, capitano della marina olandese. Imprigionato dal re, ma presto liberato e nominato comandante delle forze armate di Travancore, è attraverso De Lannoy che Devasahayam si interessa alla fede cristiana. Nel 1745 l'indiano riceve il battesimo, diventando cattolico. La sua conversione porterà altri membri della sua famiglia ad abiurare l'induismo: per questo, secondo la ricostruzione storica, un sacerdote indù lo accusa di tradimento, facendolo allontanare da palazzo e rendendolo vittima di torture e supplizi. Nel 1752, Devasahayam Pillai viene ucciso, forse da colpi di pistola esplosi da soldati del re. Oggi le sue reliquie si trovano vicino all'altare della cattedrale di St. Xavier, a Kottar.
La Casa internazionale di studi OMD a Roma ha voluto che l’anno della fede e delle costituzioni partisse dalla grande esperienza di fede e di vita comune nata dalla testimonianza di San Benedetto Abate. Un pellegrinaggio a Montecassino dove riposano le spoglie del Padre del monachesimo occidentale. Così, durante la liturgia, ha ricordato il Rettore P. Davide Carbonaro: “Il cardine che permea l’esperienza spirituale di Benedetto proposta nella regola è :’il Cristo innanzitutto’ esperienza che risuona nel magistero e nella regola di San Giovanni Leonardi quando chiede ai religiosi di avere innanzi agli occhi della propria mente solo l’onore e la gloria di Cristo crocifisso e di misurare con lui la propria vocazione”. Altre vicinanze e reminiscenze tra la regola benedettina e quella leonardina sono state evidenziate da P. Bastin. Cosichè la struttura di fondo della regola che traduce il Vangelo: natura; consacrazione; preghiera e governo; gira intorno all’umile ricerca della volontà di Dio che è il desiderio primo del Monaco e del Chierico Regolare. 26 novembre 2012
Si è aperta il 21 novembre, al Salesianum di Via della Pisana, a Roma, la 80ª assemblea semestrale dell’Unione dei superiori generali alla quale partecipe il nostro P. Francesco Petrillo. All’ordine del giorno: 1) un confronto sul recente Sinodo episcopale sulla nuova evangelizzazione, 2) una riflessione sulla crisi economica e le sue implicanze sulla vita consacrata, 3) il rinnovo al completo del direttivo USG: presidente, vicepresidente, consiglio esecutivo, consiglio dei 16 e quello dei 18. Nel suo saluto iniziale, il presidente USG, don Pascual Chávez, ha ricordato come la vita consacrata si è sempre distinta per il suo impegno a favore della prima evangelizzazione. Nella "missio ad gentes» il suo apporto è stato ed è tuttora determinante. Oggi è chiamata a spendersi anche per la nuova evangelizzazione, riproponendo il vangelo a quanti, dopo essere stati evangelizzati, vivono la lontananza e l'indifferenza della fede. Il contributo fondamentale dei consacrati è quello di una testimonianza gioiosa, appassionata e profetica della vita trasformata dal vangelo. Il loro compito non può non essere che quello «di assumere fino in fondo lo spirito e le grandi scelte di questo Sinodo» con tutta la ricchezza dei propri carismi per il bene della Chiesa e di tutta la società. Subito dopo ha preso la parola Frédéric Mounier, inviato permanente de La Croix a Roma, offrendo una lettura “giornalistica, soggettiva, francese”. Con realismo, umiltà e lucidità i padri sinodali, ha detto, hanno affrontato i problemi della Chiesa e della società di oggi non come “flagelli ostili”, ma come “sfide da affrontare”. Nelle prime due settimane di lavori il Sinodo è andato prendendo quota, più di quanto, forse, non fosse previsto in partenza. Con una certa evidenza sono emerse due posizioni alquanto diverse l’una dall’altra. Alcuni sembravano accontentarsi di una “rifondazione”, di una specie di “riconquista” delle posizioni perdute. Altri sembravano spingere invece nella direzione di «richieste sacramentali e pastorali sempre più inedite» riguardanti divorziati risposati, copie di omosessuali che vorrebbero iscrivere il loro figlio al catechismo, partecipando agli incontri parrocchiali sulla vita di coppia. E’ apparsa lampante, inoltre, l’assenza al Sinodo della metà del mondo, cioè le donne, appena appena colmata «da alcune voci femminili, religiose e laiche». Paradossalmente la Chiesa mentre da una parte sembra l’ultima istituzione del mondo contraria alla parità tra uomini e donne, dall’altra «è una delle rare istituzioni che rivendicano l’importanza della differenza sessuale». Certamente il messaggio finale contiene uno slancio e un soffio significativo che vanno meditati, diffusi e capaci di dare buoni frutti. «E’ stato un Sinodo polifonico e polisemico. Ho sentito battervi il cuore della Chiesa. Vorrei sperare, ha concluso Mounier, che questo Sinodo sappia anche risvegliare il nostro desiderio di Chiesa». A nome dei superiori generali che avevano partecipato ai lavori sinodali, ha quindi preso la parola don Mario Aldegani, superiore generale dei Giuseppini del Murialdo. E’ stata un’esperienza “arricchente, di vera cattolicità”, nonostante una certa rigidità della struttura sinodale celebrativa. Nelle fasi preparatorie del Sinodo non erano mancati segnali preoccupanti. Sembrava che si stesse lanciando una specie di “chiamata alle armi” di tutte le forze della Chiesa per verificarne la loro efficienza, privilegiando l’attenzione ai movimenti e alle nuove aggregazioni ecclesiali quasi in alternativa alla spinta che da sempre la vita consacrata aveva dato e continua a dare anche nel campo della evangelizzazione. Di fatto, poi, «le cose non sono andate così e lo Spirito Santo ha compiuto la sua parte». Nei lavori del Sinodo, ha detto don Aldegani, è possibile incrociare i percorsi di riflessione e i cammini di rinnovamento che da lungo tempo stanno percorrendo anche i superiori generali nelle loro assemblee. Non c’è nuova evangelizzazione senza la disponibilità a lasciarsi evangelizzare, diventando trasparenza evangelica, vivendo in profondità il primato di Dio, valorizzando la fraternità. In un certo senso, il Sinodo «non ha detto nulla di nuovo dal punto di vista teologico o dottrinale». Però, ha concluso don Aldegani, anche da questo evento, la Chiesa ha imparato una volta in più che prima di parlare, dovrebbe saper «ascoltare la voce degli uomini e delle donne del nostro tempo», non dimenticando quanto è stato ricordato da un padre sinodale, e cioè che «non si tratta di costringere il mondo ad entrare nella Chiesa, così come essa è, ma di fare una Chiesa capace di accogliere il mondo come esso è». 23 novembre 2012
La rivista “Testimoni” delle Dehoniane, quindicinale di informazione spirituale e vita consacrata, proprone per il numero 19 del 2012 pag. 20-22 una articolo di P. Davide Carbonaro su P. Ludovico Marracci traduttore del Corano e della Bibbia arabica. Lo scopo del suo impegno, in pieno XVII secolo, fu di offrire ai missionari un manuale insieme apostolico e apologetico, per la propagazione della fede tra i musulmani. Con lui l’orientalismo scientifico compie i suoi primi passi. 22 novembre 2012
pdf
Testimoni
Nel corso delle celebrazioni del quarto centenario della nascita di Ludovico Marracci, teologo e traduttore del Corano in lingua latina, nella Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli, il 16 novembre 2012, la Cappella Musicale Santa Maria in Campitelli e l'Ensemble La Cantoria, hanno eseguito un concerto, diretto da Roberto Gini, dedicato a due compositori del '600: Giovanni Felice Sances (Roma 1600 – Vienna 1679) e Michelangelo Falvetti (Reggio Calabria 1642 – Messina 1692). Due autori poco noti, espressione di due scuole assai diverse tra loro, romana per il primo e napoletana per il secondo. L'idea di avvicinare, non per contrapporre, ma per confrontare individuando ispirazioni comuni, deriva dalla stessa opera di Ludovico Marracci, entrato a 15 anni, nel 1627 a far parte dei Chierici Regolari della Madre di Dio, nel Collegio romano di S. Maria in Campitelli, il quale si dedicò alla traduzione dall'arabo al latino del Corano, contribuendo, appunto, alla conoscenza e al confronto, i quali sono alla base del rispetto e della pacifica coesistenza. La chiesa sita nel portico, nel cuore della Roma che si affaccia nel quartiere ebraico, ovvero dei romani più autentici perché da oltre due millenni residenti nel cuore della Città Eterna eppure gelosi custodi delle proprie origini. Un altro confronto, ma del quale non ci occupiamo in questa sede. Sances fu tra i primi, e possiamo ritenere, allo stato delle ricerche archivistiche attuali, il primo assoluto a comporre Cantate nel '600 romano, prima di recarsi alla corte asburgica a Vienna. Sicuramente ebbe modo di conoscere la monodia della seconda pratica monteverdiana e la la produzione vocale e strumentale di Girolamo Frescobaldi, probabilmente presente a Roma già dal 1607. Le Cantate per voce e basso continuo di Sances sono datate nel triennio 1633-36, perciò contemporanee ai Fiori Musicali del ferrarese; la circostanza testimonia l'assenza di un vero e proprio debito. Tutt'altra biografia per Michelangelo Falvetti, la cui vita si svolse quasi interamente tra Calabria e Sicilia, sotto l'influsso della scuola napoletana, che aveva assorbito, metabolizzato il contributo dei musicisti fiamminghi che a Napoli avevano operato lungo la seconda metà del XVI secolo, e aveva sperimentato nuovi linguaggi, in autonomia da Roma, con grandi personalità come Carlo Gesualdo da Venosa, Andrea Falconiero, Giovanni Maria Trabaci, Giovanni Maria Sabino, Pietro Giramo, e molti altri, ovvero una Scuola nell'accezione più propria. La dott.ssa Gaia Vazzoler, che ha introdotto la serata, ha voluto tracciare un parallelo tra l'attività di Marracci di studioso tra oriente e occidente, e il confronto tra due musicisti, in qualche misura influenzati da culture, se non proprio da fedi distanti tra loro. L'esecuzione musicale è stata affidata ad un complesso costituito da specialisti diretti da uno dei pionieri dell'interpretazione di musica antica in Italia: Roberto Gini, direttore, violoncellista e violista da gamba. L'Ensemble della Cantoria, diretta Vincenzo Di Betta, composto da Paola Rocchetti (S), Arianna Miceli (S), Antonello Dorigo (A), Andrés Montilla Acurero (T) e Giovanni Marucci (B). La Cappella Musicale è stata presente con Paolo Perrone (Violino I), Giulio Arrigo (Violino II), Emma Ascoli (Viola da braccio), Jasmina Capitanio (Violone da gamba), Luca Marconato (Tiorba), Angela Picco (Cembalo) e Gianmichele Costantin (Organo). La disposizione degli interpreti ha sfruttato a pieno sia la cantoria superiore che lo spazio anteriore della navata, alternativamente. Di Giovanni Felice Sances: Iste Confessor, Magnificemus in Cantico, Ave, Maris Stella, tutti à due soprani e due violini obligati e b.c. e lo Stabat Mater à voce sola, b.c. viola da gamba ò alto e Salve Regina à quattro voci: canto, alto, tenor, basso, b.c e parti di ripieno se piace. Di Michelangelo Falvetti, dall'oratorio Diluvio Universale Dialogo a Cinque Voci e strumenti: Ecco l'iride paciera, à due soprani e strumenti e Or tra sacre olive, à cinque voci concertate e strumenti. Roberto Gini è uno specialista di rango internazionale, il suo curriculum è costellato di concerti e registrazioni che hanno segnato la storia recente della musica antica; grazie alla reciproca stima che lega Gini a Vincenzo Di Betta, Maestro di Cappella di S.Maria in Campitelli e della Cantoria, è stato possibile dar vita ad un concerto che a lungo sarà ricordato dagli appassionati, che in tanti hanno affollato la chiesa. Gini ha scelto di mantenere continuità musicale assoluta lungo l'intera serata, per raggiungere tale scopo i continuisti hanno eseguito pagine strumentali coeve tra un brano e l'altro. Angela Picco , Gianmichele Costantin e Luca Marconato rispettivamente al cembalo, all'organo e alla tiorba, oltre ad avere realizzato il continuo dei brani, si sono prodotti nelle pagine musicali, che definire di collegamento sarebbe un'imperdonabile diminutio. Di buona qualità i cantori, tutti dotati di intonazione rigorosa, frutto di abitudine ad interpretare musica antica; in particolare Paola Ronchetti, Arianna Miceli e Antonello Dorigo hanno dimostrato padronanza di fraseggio e nelle diminuzioni. Intenso lo Stabat Mater di Sances, nella duttile interpretazione di Antonello Dorigo. Analoghe note di rilievo positivo meritano gli strumentisti, guidati da Gini, Paolo Perrone, Giulio Arrigo, Emma Ascoli e Jasmina Capitanio, per non riperci sui meriti dei già citati, hanno dato suono ad un barocco nitido ma vario negli andamenti e negli accenti, con vibrato ridottissimo, a vantaggio dell'intonazione e della intelligibilità contrappuntistica. A conclusione del concerto, in accoglienza dei calorossissimi applausi, la ripetizione del brano più vivave e coinvolgente, ovvero Or tra sacre olive, a 5 voci e strumenti, di Michelangelo Falvetti. 19 novembre 2012
Così ha affermato il Card. Tauran, che ha aggiunto:”Il dialogo interreligioso non è tra religioni, ma tra credenti” nella conclusione del Convegno Internazionale sulla figura e l’opera di Padre Ludovico Marracci primo traduttore del Corano nel 1698, organizzato dall’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio (OMD) il 15-16 novembre, nella Sala Baldini in Piazza Campitelli, 9. La sezione mattutina – presieduta da Miguel Angel Ayuso Guixot, Segretario del Pontificio Consiglio per il Dialogo Interreligioso – ha preso il via dalla relazione di Giovanni Pizzorusso, dell’Università “G. d’Annunzio” di Chieti-Pescara, che ha descritto la vivacità dell’ambiente orientalista romano del XVII secolo - nel quale Marracci era perfettamente inserito - specchio dell’interesse del Papato verso l’Oriente e l’Islam. “Il Corano non contraddice il Vangelo quando dice la verità”, ha affermato il relatore, ponendo l’accento sulla comprensione del testo da parte della Chiesa che spinse Papa Gregorio XVI, nel 1622, alla fondazione della Congregazione “de Propaganda Fide” e all’istituzione di numerosi centri di studio presso gli ordini religiosi. Le fonti usate da Marracci sono state al centro della riflessione di Roberto Tottoli dell’Orientale di Napoli, che si è soffermato sull’analisi dei manoscritti di provenienza andalusa e morisca presenti a Roma e riferiti direttamente al Corano. La relazione di Giovanni Rizzi dell’Università Urbaniana ha focalizzato l’attenzione del pubblico sulla traduzione di Marracci, della “Biblia sacra arabica”, definita espressione della ”lingua araba cristiana”. L’opera, come ha sottolineato il relatore, aveva il duplice intento di fornire un testo valido alle comunità cristiane di lingua araba e contemporaneamente favorire un accostamento anche da parte dei musulmani. La sezione mattutina si è conclusa con un dibattito che ha visto i relatori impegnati a rispondere alle numerose domande del pubblico, circa il mancato apprezzamento del mondo islamico nei riguardi di Marracci, sulla sua competenza nell’uso delle fonti anche ebraiche e la sua vocazione missionaria e filologica. Nel pomeriggio, il Cardinale Jean-Louis Tauran, Presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso, ha presieduto la sezione conclusiva del convegno. “Per noi cristiani la novità non è il libro, ma Cristo” ha affermato, marcando una differenza con la fede islamica ma altresì ricordando che non può esserci un vero dialogo interreligioso senza la disponibilità verso l’altro, proprio perché “la religione esprime l’uomo come apertura al trascendente”. Da parte sua Giovanni Maria Vian, Direttore de L’Osservatore Romano, ha ribadito l’importanza dei testi sacri, sottolineando il fatto che mentre “il Corano fino al X secolo è considerato intoccabile”, nel senso di intraducibile, le scritture per i cristiani sono“ispirate da Dio”, ma “non nella loro costituzione letteraria, o nella singola parola” ma in modo da permettere al cristiano “una certa distanza che lo protegga dal fondamentalismo”. P. Francesco Petrillo, Rettore Generale dell’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio, ha concluso ringraziando “abbiamo scoperto in questo convegno un carisma in più di S. Giovanni Leonardi, lo spirito missionario” L’evento si è concluso con un Concentus Commemorativo nella Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli: “Il '600 romano e il regno delle due Sicilie” eseguito dalla Cappella Musicale Santa Maria in Campitelli ed Ensemble La Cantoria, che ha proposto un programma con autori raramente eseguiti e di notevole interesse come i mottetti di Giovanni Felice Sanches ed il Dialogo a cinque voci e strumenti dal “Diluvio universale” di Michelangelo Falvetti. Il concerto è stato diretto dal M° Roberto Gini interprete di punta della musica antica internazionale. 17 novembre 2012
Al via i lavori del Convegno Internazionale che si sta svolgendo a Roma, nella Sala Baldini in Piazza Campitelli, 9: ”Corano e Bibbia. L’uso delle fonti in P. Ludovico Marracci”, organizzato dall’Ordine dei Chierici Regolari della Madre di Dio che siconcluderàdomani, 16 Novembre. Numerosi gli interventi, davanti ad un pubblico attento e competente, seguiti al saluto diP. Francesco Petrillo, Rettore Generale OMD, che ha aperto il convegno sottolineando l’importanza di Marracci come “grande rappresentante del suo tempo, pioniere della comprensione del Corano”, aggiungendo che “mettersi all’ascolto di Marracci significa entrare in dialogo con l’Islam”. A seguire, nella sua pregevole esposizioneGiovanni Maria Vian, Direttore dell’Osservatore Romano, ha percorso una panoramica sulla storia dell’orientalismo nella tradizione cristiana, lungo l’età tardo-antica fino a Marracci, concludendo che “l’orientalistica contemporanea si fonda su queste basi”. Da parte sua, ilProf. Gianluca D’Errico, dell’Alma Mater Studiorum, Università di Bologna, si è soffermato sul ruolo di Marracci nel Sant’uffizio. “Il suo lavoro in Curia è stato marcato dall’attenzione missionaria che ha imparato da San Giovanni Leonardi” ha ricordato, soffermandosi sul singolare permesso accordatogli di consultare libri a quel tempo proibiti. Ha concluso questa prima giornata del convegno,Paolo Aranha, del Warburg Institute (London), analizzando il ruolo di Marracci nella Congregazione di Propaganda Fide, mettendone in luce il profilo missionario profondamente legato al suo slancio evangelizzatore.
15 novembre 2012
Venerdì 16 novembre 2012, ore 20, 30 nella Chiesa di Santa Maria in Portico in Campitelli a Roma Concentus Commemorativo nel IV centenario della nascita di Ludovico Marracci OMD: “Il '600 romano e il regno delle due Sicilie” eseguito dalla Cappella Musicale Santa Maria in Campitelli ed Ensemble La Cantoria. Il concerto in programma sarà diretto dal M° Roberto Gini interprete di punta della musica antica internazionale. La Cappella Musicale propone un programma con autori raramente eseguiti ma di notevole interesse come i mottetti di Giovanni Felice Sanches ed il Dialogo a cinque voci e strumenti dal “Diluvio universale” di Michelangelo Falvetti, opera affascinante tra l'altro per la tensione ritmica che la attraversa nonché per le soluzioni che anticipano sorprendentemente la “musica a programma”. Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.13 novembre 2012
pdf
Programma Concerto